10 cibi “italiani” che non avremmo senza migranti e conquistadores
• 10 Gennaio 2019 14:09
Alcuni cibi stanno sulle nostre tavole da talmente tanto tempo che non sappiamo che in realtà arrivano da Paesi lontani grazie a conquistadores e migranti.
La nostra dispensa è piena di cibi immigrati, ingredienti che prima di naturalizzarsi nei nostri ricettari, hanno compiuto un viaggio lunghissimo, di secoli e chilometri. Davanti a un gattò di patate si pensa di trovarsi davanti a un semplice piatto della cucina napoletana. Sbagliato: cosa sarebbe questo pasticcio senza le peruviane patate? Cosa sarebbe un tacchino ripieno senza l’americanissimo volatile? E, infine, cosa sarebbe la Parmigiana di melanzane senza l’asiatico ortaggio tanto amato? Ecco i cibi giunti fino a noi, ormai parte integrante della nostra storia culinaria.
- Melanzana. Per gli amanti della parmigiana di melanzane suonerà strano sapere che questo ortaggio non è affatto italiano. Infatti la melanzana è originaria dell'India. Sebbene esistano innumerevoli documenti che dimostrano la coltivazione della melanzana nell'area del Sudest asiatico sin dalla preistoria, il suo arrivo in Europa risale al Sedicesimo secolo. A portarla nell'area del Mediterraneo furono gli arabi agli inizi del Medioevo: infatti, non esistono nomi antichi latini e greci per questo ortaggio.
- Aglio. Coltivato un po' in tutto il mondo, vi sorprenderà sapere che le origini di questa pianta sono asiatiche. Le prime coltivazioni di questo condimento molto amato in tutto il mondo sono state rintracciate nella Siberia Sud-occidentale. Velocemente se ne è diffuso l'utilizzo anche nel bacino Mediterraneo, tanto che già nell'antico Egitto l'aglio - a volte usato anche come medicinale - era molto diffuso.
- Pomodori. In origine il pomodoro cresce allo stato selvatico sulle Ande, in Perù e in Cile. Tuttavia questo ortaggio non ha subito ispirato fiducia perché i Conquistadores lo portarono in Spagna, ma senza sapere come mangiarlo. Ci mette due secoli per essere coltivato come un ingrediente da cucina. Fino ad allora la sua appartenenza alle Solanacee - come la petunia, il tabacco o la patata, ma anche la belladonna - è considerata velenoso, come la mandragora a cui assomiglia. È coltivato a lungo come pianta ornamentale. Come osserva Evelyne Bloch-Dano nel suo libro La favolosa storia delle verdure, (Add Editore) il nome italiano pomo d'oro testimonia la prima diffusione del datterino giallo, e non rosso come lo conosciamo oggi. All'inizio del Diciassettesimo secolo qualche audace li mangia crudi in insalata, ma sarà la cucina italiana ad abilitare completamente i pomodori: l'ortaggio infatti compare nelle ricette napoletane nel 1692. Tornato a casa intorno al 1780, conquista gli Stati Uniti nel Diciannovesimo secolo quando i coloni creano il ketchup.
- Mais. Pensate alla polenta, un cibo che in molte regioni del Nord Italia significa festa e condivisione. Senza il mais, scoperto dai colonizzatori in America, non ci sarebbe questo piatto ormai consolidato nella tradizione italiana. Al tempo della scoperta dell'America conquistò i favori dei militari che però iniziarono a farne un uso smodato, tanto da provocare la diffusione della pellagra, una malattia provocata dalla carenza di vitamine: provocava dermatiti, diarrea e demenza. Alla fine dell'Ottocento, solo in Veneto si contarono diecimila morti. Oggi il mais non significa solo polenta, ma anche pop corn: qui non ci siamo inventati niente, ci siamo limitati a copiare questo cibo da intrattenimento, oggi per molti sinonimo di cinema o tv.
- Cioccolato. Il cacao era considerato dalle antiche popolazioni azteche il cibo degli dei. Si pronunciava kakaw ed era miscelato con aromi di varia natura come il chili. I Maya sono stati i primi a coltivare la pianta del cacao nelle terre tra la penisola dello Yucatán, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala. Per gli Indios i semi erano così preziosi da essere utilizzati come monete. Il primo europeo a conoscere il sapore del cacao fu Cristoforo Colombo, una volta giunto sull'isola di Gunaja, al largo della costa dell'Honduras. Nella seconda metà del Sedicesimo secolo si scoprì che gli aztechi consumavano una bevanda per metà cacao (cacahuati) e metà pochotl: questa mistura si chiamava chocolatl, che sostituì kakaw a causa della sua assonanza scatologica. Il primo carico documentato di cioccolato verso l'Europa a scopo commerciale viaggiò su una nave da Veracruz a Siviglia nel 1585. Una volta giunto nel Vecchio Continente, al cacao furono aggiunti zucchero e vaniglia per correggerne la naturale amarezza. Arrivò in Toscana nel Seicento, diffondendosi a Firenze, presso la corte dei Medici. Il cacao oggi è alla base di infinite ricette di pasticceria, torte, gelati e anche qualche piatto salato. Ma dietro una semplice barretta di cioccolato c'è un viaggio davvero avventuroso.
- Patate. Originaria delle Ande, la patata fu coltivata nella regione del lago Titicaca e divenne uno degli alimenti principali degli Inca, che ne svilupparono un gran numero di varietà per adattarla ai diversi ambienti delle regioni da loro abitate. I Conquistadores spagnoli ne documentarono l'esistenza nel 1537 e giunse in Europa intorno alla metà del Sedicesimo secolo. A lungo fu considerata un cibo per animali, ma nel Diciottesimo secolo con l'aumento esponenziale della popolazione, si rese necessario coltivare altri alimenti ad alto rendimento, come patate e mais. Il suo alto contenuto calorico e la sua velocità di maturazione fecero il resto.
- Tacchino. Simbolo del Giorno del Ringraziamento, il tacchino è un uccello originario del Nord America, introdotto dagli europei nella cucina continentale intorno al XVI secolo. L’eccellente qualità delle sue carni ha convinto gli europei a introdurre questo uccello domestico nella loro dieta, specie perché al tempo dei Conquistadores in Centro America la carne scarseggiava. Oggi il tacchino ha il suo posto d'onore nella tradizione culinaria italiana, con tanto di razze autoctone. Infatti ora nel nostro Paese è allevato il tacchino Brianzolo, il Castano Precoce, il Bronzato comune e il Bronzato dei Colli Euganei.
- Gambero rosso della Louisiana. Sicuramente tutti ricordiamo la Buba Gump Gamberi, l'impresa fondata da Forrest Gump in onore del suo amico morto durante la guerra del Vietnam. Attorno al 1990 il gambero rosso della Louisiana è stato importato per scopi commerciali anche in Italia. Oggi è ampiamente diffuso in molte regioni, dove però costituisce un pericolo per le uova e gli avannotti della fauna d’acqua dolce nostrana.
- Zucche e zucchine. Charles Naudin è il primo botanico, assistente del Muséum d'Histoire Naturelle, a classificare le varie specie di Cucurbita nel 1860. Fu così che finalmente si riuscì a distinguere scientificamente cetriolo e melone, anguria e cetriolino, zucchine e zucca, quest'ultima chiamata Cucurbita Maxima. Conosciuta sin dall'antichità, è citata anche da Plinio. Originarie dell'Africa e diffuse molto presto anche in Asia e America, le piante più coltivate risalgono a 13.000 anni a.C.. Quelle che consumiamo attualmente arrivano dall'America. Si diffuse talmente bene da arrivare ad essere addirittura snobbate nel Settecento, considerate buone solo per creare zuppe con il latte.
- Arachidi. Note anche con il nome di noccioline americane o spagnolette, oggi le arachidi sono apprezzate da gran parte degli abitanti della terra. Importate in seguito alla scoperta dell'America, questo frutto è però coltivato per lo più in Cina e India, che forniscono il 50% della produzione mondiale. Si ritiene che le arachidi abbiano avuto origine in Sudamerica. Una delle prime testimonianze dell'amore umano verso l'arachide è un vaso precolombiano rinvenuto in Perù, che ne riproduce forma e decorazioni. A scoprirne l'alto valore nutritivo furono alcuni esploratori spagnoli, che elevarono l'arachide a risorsa alimentare per i loro viaggi. Più avanti ne importarono un po’ in Europa, dove i chicchi furono usati anche al posto di quelli per il caffè.