10 dolci del Trentino che puoi preparare anche a casa
I dolci della tradizione trentina sono da provare tanto quanto i celebri salumi e formaggi: qui la nostra top 10 da provare almeno una volta nella vita.
Formaggi, salumi, piatti ricchi di sapore, prevalentemente a base di carne: per chi conosce un po’ la cucina del Trentino sa che questi sono i cavalli di battaglia da provare almeno una volta nella vita. Tra i molti lati positivi della tradizione culinaria trentina – oltre alla sinfonia di sapori e aromi – c’è anche la facilità di preparazione, tanto che molte ricette si prestano perfettamente alla schiscetta da ufficio. Ma tra i cibi essenziali da provare una volta in Trentino ci sono anche i dolci. Punto di partenza per imparare ad apprezzare la tradizione dolciaria trentina è la consapevolezza che i dolci non erano solo un cibo fatto per festeggiare, ma anche un modo dinon sprecare gli alimenti,come per esempio la ricetta dello strudel di mele, figlia della cultura del riuso.
Oggi chef e giovani cuochi sfoderano le proprie armi creative per innovare la tradizione. Il risultato è nei piatti delle diverse valli, nei buffet delle colazioni da hotel o nei dolci che panifici come Cose Buone da Paolo a Cavalese propongono ogni giorno alla propria clientela. La dimensione umana e l'aria di montagna si riversano nei dolci trentini rendendoli uniciSimone Baldassarra, erede del famoso Paolo che ha dato lustro al suo talento nella panificazione e nella pasticceria locale, ha aperto le porte del suo piccolo laboratorio, svelando quanto la dimensione umana, fatta di viaggi, passeggiate in montagna e un carico di lavoro a misura d’uomo, possa passare attraverso mani e impasti fino a dolci come la Torta alla Birra di Fiemme. Grazie a lui e ad altri chef delle valli trentine, insieme a Dora Tavernaro, coordinatrice del progetto Strada dei formaggi delle Dolomiti, abbiamo ricostruito una top 10 dei migliori dolci da provare almeno una volta nella vita in Trentino (e da rifare a casa grazie alle ricette degli esperti).
- Strudel. Il re dei dolci trentini è senza dubbio lo strudel. O forse faremmo meglio a dire gli strudel, visto che ve ne sono diverse varianti, comprese quelle salate tanto amate da Baldassarra. Il minimo comun denominatore per la versione dolce è una generosa dose di mele del Trentino – preferibilmente Renette o Golden. Il trucco? Gustarlo tiepido. Quello di Simone Baldassarra si discosta dalla ricetta tradizionale per la scelta della pasta sfoglia al posto della pasta matta. Questa scelta rende lo strudel non solo più gustoso grazie alle note di burro nell’impasto, ma anche più compatto e più bello da vedere. All’interno di questo scrigno: uvetta, pinoli, cannella, pan grattato (che serve per assorbire il succo rilasciato in cottura dalle mele). Oltre a poterlo preparare a casa, lo strudel di Simone Baldassarra, premiato anche dal Circolo degli estimatori dello Strudel del Trentino, si può ordinare anche online.
- Torta di grano saraceno con confettura di mirtilli rossi. Frutto della tradizione agricola che in passato vedeva il grano saraceno come una delle coltivazioni principali nelle valli, questo dolce celebra il ritorno del grano saraceno nel granaio della regione. Tutto merito di alcune piccole aziende agricole che hanno investito nuovamente sulla biodiversità delle colture, tra cui Fiores e Agritur Dalaip dei Pape. Presso la Baita Checco sul Ciampedie si realizza una versione gluten free di questa torta. La ricetta: procuratevi farina di grano saraceno, sei uova, mandorle tritate, burro, nocciole, lievito, zucchero e scorza di limone. Il pastry chef Matthias Trottner aggiunge una mela grattuggiata che dà maggiore morbidezza all’impasto. Una volta cotta la torta, la si taglia a metà e la si guarnisce con la confettura di mirtilli rossi e una spolverata di zucchero a velo.
- Torta alla Birra di Fiemme. Qui siamo sul riuso spinto. Se per i canederli sfruttiamo pane secco e latte, questa torta povera è tutta a base di pane raffermo, ammorbidito con la birra. Nel forno di Simone Baldassarra si usa la Birra di Fiemme, una vera chicca local da gustare anche accanto a salumi e formaggi. Il pane raffermo di segale viene ammorbidito con la birra e arricchito con cumino e finocchio, responsabili della grande carica aromatica di questo dolce. Poi si aggiungono uova, zucchero, mandorle tritate o farina di mandorle, si mescola e si fa cuocere in forno per 45 minuti a 180° C. Una volta sfornata la torta va condita con una confettura di mirtilli rossi – detti anche garnète – e una spolverata di zucchero a velo.
- Peta de pomi o Peta de casa (torta di mele e pane raffermo). Ancora un dessert anti-spreco. Per questa torta di pane si usa quello bianco, presente in quasi tutte le cucine. La peta – che in dialetto significa proprio torta – si presta a versioni dolce e salate a seconda dell’ingrediente che gli si abbina nell’impasto. La ricetta: prendete del pane raffermo e bagnatelo col latte, lasciate assorbire il liquido almeno per un’ora. Intanto fate rinvenire l’uva sultanina in acqua tiepida, a cui potrete aggiungere un po’ di marsala. Sbucciate le mele e tagliatele a tocchetti, aggiungete l’uvetta ben strizzata e due cucchiai di zucchero, infine una grattata di buccia di limone. Montate due uova intere con lo zucchero. Mescolate il pane imbevuto di latte (potete usare anche le mani in modo da amalgamare meglio), unite le mele con l’uvetta e le uova sbattute mescolando delicatamente. Versate tutto il composto nella tortiera precedentemente imburrata ed infornate a 180° C per circa 45 minuti. Quando si sarà raffreddata spolverizzate con un po’ di zucchero a velo. Per questa ricetta non ci sono delle dosi specifiche perché mira a sfruttare ciò che c’è in casa. Per dirla come lo chef Baldassarra: “Il segreto è aggiungere il latte un po’ alla volta, senza aver timore che sia troppo poco, perché diverso è l’assorbimento anche in base al tipo di pane che su utilizza”.
- Torta dei Frati ‘mbriaghi. Tra le eccellenze del Trentino non si possono dimenticare le bevande alcoliche, in particolare la grappa, protagonista della Torta dei Frati ‘mbriaghi. Tipico dolce di Carnevale, nasce come un modo per rendere più saporito il pane raffermo. In passato si prendevano due fette di pane raffermo e le si passavano nel burro. Una volta dorate le si immergeva nel vino rosso – creando i Macagnani – o nella grappa – dando origine ai Frati ‘mbriaghi – il tutto accompagnato da una marmellata di mirtillo rosso. L’impasto è a base di pane grattugiato, mandorle, burro, uova, zucchero e ovviamente grappa trentina. Baldassarra lo propone anche in versione finger cake. La ricetta: macinate finemente 100 grammi di mandorle e unite 200 grammi di zucchero, 150 grammi di pane grattugiato, 6 uova, 50 grammi di burro fuso, lievito, vaniglia. Amalgamate bene, formando un impasto molto morbido, mettetelo in una tortiera unta e cuocete in forno a 180° C per 35/40 minuti. Una volta cotta e raffreddata, tagliate a metà e bagnate abbondantemente con la grappa i 2 lati interni della torta, coprite il lato sotto, su cui avrete spalmato la marmellata, unite i 2 lati e spolverate con zucchero a velo, lasciando pulito un cerchio centrale che verrà coperto con altra marmellata.
- Smorum (frittata dolce con uvetta e mele). Smòrum (o Smòr, dal tedesco Schmaren) altro non è che una specie di frittata dolce, sminuzzata, la cui pastella piuttosto liquida, viene realizzata con uova, farina e latte, poi fritta nel burro, tagliata a pezzi con la paletta e rivoltata perché prenda un colore dorato. C’è chi preferisce aggiungere qualche pezzettino di mela e uvetta per arricchire il sapore. Secondo il dizionario Primierotto di Livio Tisot questa frittata dolce sarebbe nata nel Medioevo ad opera dei minatori austriaci. Gianna Tavernaro del Camin che Fuma serve lo Smorum a colazione nel suo vecchio maso di 4 stanze. La ricetta: sbattete tre uova con un cucchiaino di zucchero e poi aggiungete sale e farina. Aggiungete latte freddo finché l’impasto non sarà morbido. Scaldate il burro in una padella antiaderente e versatevi il composto. Spezzettate e mescolate durante la cottura. Infine servite lo Smorum con zucchero a veo o confettura di ribes rosso.
- Stràboi. Noti anche col nome tedesco strauben, lo stràboi è una ricetta mutuata dalla tradizione tirolese. Molto diffuso in Trentino – nello specifico, nella Val di Cembra – lo stràboi non è altro che una frittella creata con ghirigori di impasto fritti nell’olio bollente e conditi con marmellata di ribes. Gli ingredienti necessari per preparare gli stràboi sono: 200 g di farina, 250 ml di latte, 20 g di burro fuso, 3 uova, 20 ml di grappa, un pizzico di sale. Mischiando tutti gli ingredienti si ottiene una pastella, che è consigliabile preparare il giorno prima, in modo da rendere il risultato più croccante. Una volta preparato, è consigliabile mangiare lo stràboi caldo, guarnito con zucchero a velo e un cucchiaio di marmellata.
- Zelten. Tra le ricette delle feste al primo posto c’è sicuramente lo Zelten, dolce di cui tutte le massaie trentine per secoli hanno custodito la propria, personalissima ricetta. Per la sua preparazione ci si riuniva con tutta la famiglia e, tra un pettegolezzo e l’altro, si sbucciava e si tagliuzzava la frutta secca e candita, entrambi ingredienti di lusso che si utilizzavano solo nelle occasioni speciali. Anche oggi la preparazione di questo dolce resta un rito e un momento per stare tutti insieme nei lunghi pomeriggi che precedono il Natale. Così come per lo strudel non esiste una sola ricetta, ma gli ingredienti indispensabili restano sempre farina, uova, burro, zucchero e una buona dose di frutta secca e candita. Chi conserva le antiche ricette le custodisce gelosamente perché è nel giusto mix degli ingredienti che si fa la differenza. Tra i migliori in commercio ci sono quelli de L Malgher di Pozza di Fassa, dove Josef, Linda e le loro figlie producono Zelten di ogni dimensione, per i più o meno golosi. Una curiosità? Questo dolce si conserva bene per diversi giorni, anche settimane, tenendolo coperto in modo che non prenda aria, ma è ottimo anche una volta secco, tagliato a fette e inzuppato nel latte.
- Brazedèl (Capodanno). Il brazedèl è una grossa e soffice ciambella ricoperta di zucchero che le donne, tornando dal mercato, portavano con disinvoltura infilandola nel braccio – in dialetto, el braz – quasi fosse un braccialetto. L’ultimo dell’anno il padrino regalava questo dolce al figlioccio in segno di augurio per un nuovo buon inizio. Veniva usato anche in altre occasioni di festa religiose come battesimi, comunioni e cresime. A seconda delle varie zone del Trentino, ci sono diversi nomi e metodi di preparazione, che cambiano sia per i tempi di lievitazione sia per la cottura, sia per la quantità e l’utilizzo di alcuni ingredienti, tra cui l’aggiunta di uvetta e di grappa o liquore.
- Grafòns o Cròfeni (Carnevale e altre festività). La sera del Martedì Grasso in Val di Fassa si era soliti bruciare il Carnevale. Durante il giorno, un giovane, reso incapace di muoversi da un’enorme imbottitura di paglia, veniva trascinato per le strade del paese. La sera veniva portato su un colle, slegato e liberato dalla paglia, che veniva bruciata su un gran fuoco, visibile dal fondovalle. In questa occasione erano consumati i grafòns, dei ravioli fritti ripieni: con questo gesto si poneva fine ai festeggiamenti. La pastella tradizionale è fatta con farina, acqua, uova e latte, a cui si aggiunge un bicchierino di grappa trentina, spesso usato nelle fritture. Al Passo San Pellegrino al Miralago, presso il Ristorante La Stua de Zach, la signora Carmen li prepara sostituendo grappa e latte con del vino bianco e una noce di burro. Il ripieno è fatto con la confettura di mirtilli o di albicocche, oppure sono usati i fichi secchi.