10 validi motivi per lavorare in un buon ristorante (anche se asciughi posate)
Perché lavorare in un ristorante, anche se si svolgono mansioni come asciugare le posate, è una buona scuola di vita? Ecco 10 motivi.
Agrodolce Talent: riceviamo spesso proposte per cimentarsi nella scrittura da chi si affaccia per la prima volta al mondo dell’editoria gastronomica. In questa rubrica abbiamo deciso di pubblicare i migliori articoli di autori in erba.
Chi avrebbe mai pensato, solo qualche mese fa, che mi sarei ritrovata a lucidare posate fino a notte fonda in un locale di Roma? Io no, questo è certo. Non perché sono una snob con la puzza sotto il naso – sia chiaro – ma semplicemente perché non credevo che il mio interesse per il mondo enogastronomico potesse trovare grandi soddisfazioni anche così. Ma che cosa mi è successo esattamente? Alla perenne ricerca di posticini sfiziosi dove andare a mangiare, mi sono imbattuta in un’insegna particolarmente innovativa: Carnal, il locale aperto nel 2020 da Roy Caceres, Riccardo Paglia e Andrea Racobaldo. Il posto giusto per soddisfare la curiosità dei palati più esigenti e, soprattutto, annoiati, proprio come il mio. Dopo averlo provato ed esserne rimasta letteralmente folgorata sono passata, nel giro di pochissimi giorni, da cliente esigente a dipendente entusiasta. Alla fine della cena ho domandato, quasi per gioco, a uno dei proprietari del locale se avesse bisogno di un aiuto in sala e lui, come se non stesse aspettando altro, mi ha detto subito di sì. Senza nemmeno rendermene conto sono finita nel bel mezzo di questa rocambolesca avventura che mi sta insegnando molto più di quello che avrei mai sperato. Ecco allora 10 validi motivi per lavorare in un buon ristorante (nel caso in cui qualcuno di voi volesse seguire i miei passi):
- Spiare dal pass. Per chi è un appassionato di buon cibo, lavorare in un ristorante di alto livello non può che rivelarsi l’occasione giusta per approfittare dello stretto, anzi strettissimo, contatto con lo chef e i suoi collaboratori. Nei rari momenti di nullafacenza, in attesa dell’arrivo dei clienti, mi capita di appostarmi alla piccola finestra del pass che dà sulla cucina per rubare con gli occhi il più possibile e fare qualche domanda innocente. Un vero e proprio spionaggio alla 007, il mio, alla ricerca di informazioni preziose che mi permettano di replicare tra le mura domestiche una salsa mole perfetta.
- Incontrare personaggi famosi.Lavorare in un locale noto può favorire incontri interessanti. È possibile, fidatevi, arrivare a un tavolo per prendere l’ordinazione e sentirsi tremare le gambe nello scoprire di avere di fronte un famoso critico enogastronomico, un giornalista, un promettente o affermato chef. Anche alla persona meno ambiziosa questo dettaglio non può risultare indifferente. Siamo onesti, a tutti alletta l’idea di entrare in contatto con qualcuno di celebre, a maggior ragione se appartenente al mondo di cui anche noi vogliamo tanto fare parte. Di solito riuscire a parlare con un personaggio di spicco è difficile, se non impossibile, ma in questa circostanza diventa più semplice: dovrà per forza rimanere al tavolo per tutta la durata del pasto. Quale migliore occasione per provare a farsi fare un autografo e, perché no, scambiare due parole a fine serata, quando il vino ha fatto il suo effetto e l’atmosfera è diventata più distesa?
- Avvicinarsi all’antropologia. Avere a che fare con una clientela vasta ed eterogenea è, senza alcun dubbio, uno stimolo per imparare a conoscere a fondo le varie tipologie di esseri umani. Uno studio antropologico degno di tesi, se solo avessi tempo di prendere appunti durante il servizio. Famiglie con marmocchi pronti a sperimentare nuovi sapori, amici in cerca di divertimento e gusti entusiasmanti, coppie in vistoso imbarazzo perché alla prima uscita. E poi, papà che, obbligati dalle figlie, si sforzano a mandare giù bocconi troppo lontani dai loro palati e persone che, nonostante l’età avanzata, non vedono l’ora di abbandonare le solite polpette al sugo per assaporare pesce crudo marinato in deliziosi intingoli. Tutte persone diverse tra loro, per età, aspetto fisico, modo di parlare e muoversi, eppure, tutte accomunate dalla ricerca di una stessa esperienza gustativa.
- Esercitare la pazienza. Far fronte a tutte le richieste dei clienti non è scontato. Servendo ai tavoli, ci si rende conto della pazienza necessaria per interagire con le persone nel momento critico dei pasti, quando la fame fa da padrona ed emerge il lato irrazionale presente in ognuno di noi. C’è chi vuole l’acqua a temperatura ambiente, chi fredda da frigorifero, chi chiede una cottura più omogenea della carne e chi vuole cambiare tavolo perché infastidito dalla famosa corrente d’aria fredda o non gradisce la vista. Per non mettersi a elencare le necessità più bizzarre e insensate a cui sono andata incontro nelle ultime settimane e che mi hanno messo a dura prova. Quello che sto imparando è l’importanza di accontentare le esigenze di tutti i clienti, anche quelli più pretenziosi. Nonostante la stanchezza, saper trovare una soluzione per mettere tutti d’accordo dà una grande soddisfazione e aiuta ad affrontare con un altro spirito anche i piccoli problemi della vita quotidiana.
- Essere in forma senza l’abbonamento in palestra. Sollevare tavoli e sedie per allestire la pedana esterna, passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento, rimanere in piedi per ore, per non parlare dei passi – altro che 10.000 come quelli consigliati dalle app – fatti durante il servizio, sono un allenamento più che sufficiente per mantenere il peso forma. Lo sforzo fisico richiesto a chi lavora in un ristorante, insomma, autorizza l’assenza dell’abbonamento in palestra nel nostro portafoglio. Credetemi, già dopo pochi giorni di lavoro il vostro corpo vi mostrerà qualche piccolo cambiamento. I polpacci più tonici e i bicipiti scolpiti non tarderanno ad arrivare e, con vostra grande sorpresa, scoprirete di avere muscoli di cui non immaginavate l’esistenza.
- Scoprire ingredienti sconosciuti. Olluco, kikuna, tacu tacu. Scommetto che molti di voi si stanno domandando che cosa siano. La prima volta che ho sentito uscire queste parole dalla bocca della mia collega ho pensato che mi stesse prendendo in giro. Invece, ho scoperto, dopo qualche battuta scherzosa, che sono specialità della cucina sudamericana. Il fatto di poter conoscere ingredienti e preparazioni a me del tutto sconosciute, lontane dalla mia cultura e dalle mie tradizioni, è uno dei motivi più importanti per cui vale la pena lavorare in un ristorante, a maggior ragione se etnico. Grazie a Carnal ho scoperto l’esistenza di prodotti mai sentiti ma perfetti per fare colpo sui miei amici, quando li invito cena. E da qui mi viene in mente il prossimo motivo, forse il più valido in questo momento storico.
- Viaggiare senza prendere l’aereo. Mi è bastato strappare con le mani un’empanada, immergerla nella salsa chipotle e assaporarla, chiudendo gli occhi, per sentirmi immediatamente trasportata nel Nuovo Mondo. Con un gesto così semplice sono riuscita a evitare la tormentosa ricerca della migliore offerta per il biglietto aereo sfuggendo anche allo stress della valigia. Devo ammettere che, dopo i mesi di dure restrizioni, adesso basta poco per soddisfare quell’impellente esigenza di uscire dai confini italiani e dirigersi verso nuove mete. Avvicinarsi alle ricette di un luogo lontano può essere una momentanea ed efficace strategia per illudersi che questo maledetto virus non esista.
- Conquistare i colleghi. Entrare a far parte di un team di lavoro già collaudato non è mai facile. Ci si sente l’ultima arrivata, la meno esperta, quella che non sa dove sono spugne e detersivi e non conosce regole e ritmi della nuova mansione. Per quanto i colleghi possano essere accoglienti ci si dovrà sempre conquistare la loro fiducia, poco alla volta. È importante, quindi, essere consapevoli delle proprie capacità ed essere disponibili ad accettare critiche e consigli che ci possano far crescere e migliorare. Bisogna stare al passo, essere attenti a ogni minimo dettaglio e non farsi sfuggire niente (compresi i minuscoli granelli di zucchero dei churros che si infilano ovunque). Solo concentrazione e impegno porteranno a un ottimo risultato di cui la clientela e i colleghi si accorgeranno sicuramente.
- Imparare ad aprire, come si deve, una bottiglia di vino. Quante volte vi è capitato di dover aprire una bottiglia di vino davanti ai vostri ospiti e fare una pessima figura? A me veramente tante. Sbaglio sempre qualcosa e finisco per chiedere aiuto alla persona seduta più vicina a me. Da quando lavoro come cameriera, grazie a lezioni di teoria e molta pratica, sono diventata un’esperta e questa per me è una grande vittoria. Apro bottiglie di vino quasi a occhi chiusi e ho imparato, lo dico con un po’ di vanto, a preparare la glacette per tenere fresco il vino, una vera sciccheria.
- Conoscere Roma di notte. Terminare il servizio nel cuore della notte non è solo stancante ma anche sorprendente. Basta attraversare la strada e vedere nel Tevere il riflesso di un antico monumento. Innamorarsi di Roma di giorno è facile, lo sanno fare tutti. La luce del sole fa risplendere tutte le sue meraviglie, anche quelle più nascoste. Ma è di notte che si riesce a scorgere la vera magia di una delle città più affascinanti al mondo.