Pane fatto in casa: gli errori più comuni
La panificazione casalinga è una delle attività che sta appassionando di più gli italiani. Ecco 8 errori da non commettere.
Non sempre quando si tenta di panificare in casa ci si riesce con facilità. Se state cercando trucchi per il pane fatto in casa non fate questi errori.
Pane fatto in casa: errori
Sia che apparteniate alla schiera degli aspiranti panettieri alle prime armi, sia che siate dei preparatissimi appassionati di lungo corso, in grado di mettere in difficoltà, con le vostre domande, i migliori esperti del settore, ci sono alcuni errori che bisogna cercare di evitare se si vuole ottenere un buon pane fatto in casa. Cercheremo di illustrarvi i più comuni, come abbiamo fatto con la pizza, quelli su cui davvero bisogna concentrarsi quando si sceglie di produrre pane in casa propria.
Errata scelta della farina
La farina è il primo ingrediente del pane, il più importante. Senza una farina adatta alla panificazione i vostri risultati saranno destinati a raggiungere ben presto un plateau difficile da superare. I più preparati tra voi, acquistando un libro di impronta professionale, si saranno già imbattuti nelle sigle “W” e “P/L”, indicatori di alcuni dei parametri fondamentali di una farina. scegliere la farina adatta è il primo passo per realizzare un ottimo pane fatto in casaTra voi ci sarà chi già ha battuto i cataloghi dei principali mulini e acquistato svariate tipologie di farine per avere quella perfetta per la preparazione del momento accorgendosi già dell’importanza fondamentale di questo primo ingrediente. Ci rivolgiamo a tutti gli altri, consigliandoli di cercare farine nei supermercati più forniti, specifiche per panificazione o per pizza. Queste sono normalmente dotate di un maggior contenuto di glutine, la vera e propria struttura portante dell’impasto, oltre a un giusto equilibrio tra estensibilità e tenacia, tale da permettere ottimi risultati. La differenza con farine non specifiche può essere moltissima e spesso, cambiando questo semplice ma determinante parametro, migliorerete radicalmente i vostri risultati. Crescendo l’esperienza e la qualità dei risultati, imparerete a scegliere la giusta farina anche per gli impieghi più esigenti come i grandi lievitati.
Lavorazione insufficiente dell’impasto
Avete comprato una farina da panificazione ma ancora sfornate dei pani con la consistenza e il peso specifico del proverbiale mattone? Il primo indizio in ambito casalingo è non aver lavorato l’impastato a sufficienza. Il glutine, sempre lui, ha bisogno di energia e tempo per svilupparsi, distendersi e poi intrecciarsi fino a divenire quella rete continua, impermeabile ai gas di lievitazione, responsabile della capacità del pane di levitare e gonfiarsi diventando leggero. quando il pane risulta duro è sintomo di poca lavorazione dell'impastoL’energia viene fornita lavorando l’impasto e se il tempo impiegato non è sufficiente, la rete impermeabile non si forma, i gas di lievitazione fuoriescono e il pane resta denso e pesante. A mano, con una tecnica corretta, sono necessari circa 15 minuti di lavoro ma le prime volte potrebbe volerci anche il doppio del tempo. Un buon metodo per capire se si è impastato abbastanza è questo: inumidirsi le dita, prendere un pezzetto di impasto e pian piano allargarlo in tutte le direzioni, dovrà formarsi una sorta di velo semitrasparente.
Troppa acqua
È la moda degli appassionati casalinghi: più acqua metti è più bravo sei. Il troppo però stroppia e non è un caso se in ambito professionale le idratazioni sono normalmente molto più contenute. Troppa acqua non permette una corretta lavorazione dell’impasto e, a meno che non siate molto bravi o dotati di ottime impastatrici, restituisce impasti fiacchi, difficili da formare, le forme conseguenti sono basse e larghe e si appiattiscono, le incisioni non si aprono, la mollica resta umida. Morale: riducete l’acqua e solo dopo aver ottenuto un pane esente da difetti, se vi piace, provare a rialzarla pian piano. Lavorando a casa e impastando a mano un quantitativo di acqua di facile gestione è intorno a 600 g di acqua per 1000 g di farina (idratazione al 60%).
Fermentazione insufficiente
Sfornare un buon pane è una lunga sequenza di operazioni concatenate. Finito l’impasto inizia la fase di fermentazione durante la quale i lieviti producono l’anidride carbonica che gonfia l’impasto: la lievitazione. Il pane viene normalmente formato, a sfera o a filone o con qualunque altra foggia, e questa forma deve resistere al processo di fermentazione e di lievitazione fino al momento della cottura che provvederà a fissarla e a renderla stabile. Affinché la forma del pane resti quella impressa dalle vostre mani l’impasto deve possedere un suo equilibrio viscoelastico tra estensibilità e tenacità. Questo equilibrio è dato dalla farina, dal tempo impiegato per sviluppare l’impasto, dalla fermentazione e dall’energia che utilizzerete per dare forma al pane. Abbiamo parlato della farina e dell’impasto, concentriamo l’attenzione anche sulla fermentazione. Durante questa fase l’impasto prende forza e diviene in grado di trattenere meglio i gas di lievitazione e di mantenere meglio la forma data. Una lavorazione corretta è quindi la seguente: impasto, riposo di tutta la massa ottenuta per un certo tempo (la fermentazione in massa, detta puntata), suddivisione dei vari pezzi, formatura e lievitazione finale delle forme. Lavorando con gli strumenti di casa si ottiene un buon equilibrio con un tempo di puntata che permetta almeno il raddoppio della massa iniziale, è una fase cruciale e a meno che non siate già esperti e stiate realizzando una specifica ricetta vi consigliamo di seguire questa semplice regola.
Formatura mal eseguita
Questo è l’aspetto più ostico insieme a un impasto ben fatto. È molto difficile comprendere come formare con efficacia i vari pani perché non si ha in mente alcun parametro. Sul web sono disponibili centinaia di video di formatura, alcuni molto ben fatti, ma in quanto tali stimolano solo l’udito e la vista. Il tatto è invece il senso determinante per comprendere appieno cosa fare, sentire la pasta sotto le mani, sensibilità è la parola chiave unita ad esperienza. Vi consigliamo di frequentare un apposito corso o di affiancare qualche amico che è già in grado di sfornare buoni prodotti per cercare di rubargli il mestiere. Fare da soli è possibile ma richiede molto più tempo, rischiando di ripetere gli stessi errori all’infinito. Il miglior consiglio che possiamo dare agli autodidatti è: formate i vostri pani cercando di dare la massima tensione possibile alla loro superficie, evitando assolutamente di eccedere strappandola, sigillate bene il bordo di chiusura e alle prime esperienze fate lievitare le forme con questa sigillatura contro la spianatoia infarinata (o la teglia) in modo che non tenda ad aprirsi.
Scelta errata del momento di infornare
Abbiamo impastato, abbiamo fatto fermentare la massa, abbiamo dato forma al pane, ora manca la lievitazione finale. Il motivo è sempre l’equilibrio. A un corso una docente fece una bella descrizione dell’importanza della scelta del giusto momento per infornare. Raccontò di immaginare le bolle di aria all’interno del pane, dentro ciascuna bolla vi sono i lieviti che spingono per allargare le bolle e far crescere il pane. se si inforna il pane al momento sbagliato non crescerà e rimarrà molto denso Dopo la formature, l’impasto – o meglio la maglia glutinica – è molto tenace ed elastico e i lieviti all’interno delle bolle faticano ad allargarle ulteriormente. Se inforniamo in questa fase di lievitazione insufficiente, i lieviti in forno non riusciranno ad allargare i buchi e il pane non crescerà rimanendo denso. Viceversa se aspetteremo troppo e la lievitazione sarà eccessiva, le pareti delle bolle di aria saranno talmente sottili che i lieviti spingendo le bucheranno, il pane collasserà e anche in questo caso sforneremo il solito mattone. Questa fase, come la fermentazione, vi consigliamo di farla fino al raddoppio in volume delle forme, al limite un poco prima ma non oltre, con l’esperienza imparerete da voi a scegliere con maggiore precisione questo momento cruciale.
Cottura: sviluppo, vapore e umidità residua
Ultimo tassello: la cottura del pane, ça va sans dire, è fondamentale. La più grande differenza rispetto ai forni professionali è data da due elementi: il vapore e la pietra refrattaria. Nei forni professionali il pane viene normalmente infornato a contatto con un suolo rovente in pietra o cotto o cemento. Questo suolo refrattario immagazzina molto calore durante la fase di riscaldamento dei forni e non si raffredda a contatto con il pane. Il pane ricevendo questa grande quantità di calore dal basso gonfia molto meglio risultando più leggero e alveolato. Il vapore, l’altra grossa differenza, ha una funzione fondamentale: ritarda la formazione della crosta permettendo al pane di svilupparsi al massimo prima che la crosta stessa, fissandosi, ne impedisca l’aumento di volume. In casa per il primo problema sono disponibili le pietre refrattarie da collocare in forno durante in riscaldamento, se decidete di acquistarne una sceglietela alta da 2 a 3 centimetri. in mancanza di una pietra refrattaria da forno, è possibile usare una leccarda rovente capovolta sul quale poggiare il paneIn mancanza della pietra potete infornare sulla leccarda del forno (rovente) inserita capovolta; se proprio infornate su teglia e non avete altre possibilità abbiate l’accortezza di contenere le dimensione delle forme di pane a massimo 300 g. Il problema vapore può essere risolto in vari modi ma il più immediato ed economico è dotarsi di uno spruzzino con il quale vaporizzare la camera di cottura subito dopo aver infornato il pane, una decina di spruzzate sulle pareti del forno sono di norma sufficienti. Un’altra tecnica prevede l’uso di una pentola in ghisa con coperchio, entrambi arroventati in forno, dentro il quale deporre il pane. Il coperchio fa si che il vapore naturalmente rilasciato dal pane che cuoce saturi la pentola. Trascorsi circa 20 minuti si estrae il pane dalla pentola e si completa la cottura sulla griglia del forno. Se decidete di utilizzare quest’ultimo metodo fate molta attenzione alle scottature! Il capitolo cottura si chiude con uno dei problemi maggiormente diffusi: la crosta molliccia e non croccante. Le cause sono due: cottura insufficiente e troppa umidità residua nel pane. La soluzione al primo problema è cuocere bene il pane fino a che provando a comprimerlo lateralmente non lo si senta duro e battendo con le nocche sul fondo non suoni vuoto. L’umidità residua la si sconfigge invece completando la cottura del pane con il forno lasciato socchiuso di un paio di centimetri (in fessura) durante gli ultimi 5-10 minuti e per le forme più grandi lasciandole poi nel forno spento e aperto per altri 5-10 minuti prima di estrarle e lasciarle raffreddare.
Il Raffreddamento
Ultimo ma non ultimo. Sfornato il pane abbiate poi l’accortezza di metterlo a raffreddare su una griglia per dolci oppure appoggiato in diagonale a una parete pulita della cucina, l’obiettivo è far circolare più aria possibile intorno al pane in modo che il vapore che fuoriesca non ristagni rammollendo la crosta.