Bollito misto alla piemontese: tutto ruota intorno al numero 7
Il bollito misto alla piemontese è uno dei piatti più ricchi e di complessa realizzazione della cucina italiana: ne abbiamo ripercorso la storia.
Torino, Piemonte, capitale della Savoia e d’Italia sino al 1865, un luogo avvolto da un alone di magia. Qualcosa di misterioso, di esoterico avvolge come una nebbia la capitale sabauda. Strane storie e leggende hanno a che fare con i miti e la magia, bianca e nera. torino è una città ricca di arte, di storie e leggende, buon bere e buon cibo C’è un’ottima scuola di scrittura, una bella università, un centro Rai, un museo Reale di arte moderna e un bel festival del cinema: una notevole presenza di arti. Ci sono stato diverse volte per lavoro ed è uno dei luoghi per me più legato al buon bere e al buon mangiare. È sufficiente passeggiare nel mercato di Porta Palazzo per rendere perfetta una giornata, trovando uno degli ultimi baluardi della civiltà contadina. Ci sono delle eccezionali caffetterie e cioccolaterie, io ad esempio faccio sosta spesso a piazza Castello al Caffè Baratti & Milano. Nei dintorni c’è un discreto mercato di libri: qui ho trovato diverse occasioni, tra cui una copia a ristampa del Il cuoco piemontese, pubblicato a Torino nel 1776 da un autore anonimo.
Parto da una riflessione: nel Medioevo la cucina si era mescolata tra arabi e normanni nelle Due Sicilie, arrivando alla Toscana. La Reine Noire (Caterina de’ Medici) aveva imposto ai francesi di corte di imparare a cucinare. Nel 1700 Carême e poi Escoffier avevano segnato il punto: era iniziato il percorso di alleggerimento delle pietanze e dei condimenti, cioè si relegava il dolce a fine pasto e si riducevano i condimenti e le cotture diverse. Il cuoco piemontese formatosi a Parigi, ridisegna in Savoia (quindi in Italia) le ricette francesi e le ingentilisce alla moda italiana, aggiungendovi la pasta, i risotti, i brodi e le minestre. Con questo libro in mano affronto i vicoli meno battuti, entrando così al Tre Galline che è un’antica, se non la più antica, osteria di Torino, datata secondo alcune leggende al tardo 1500, come detta l’insegna appesa a Porta Pilla. L’osteria viene chiusa nel 1985 dopo 500 anni di onorata carriera, ma nel 1991 è riaperta da un gruppo di focosi cuochi tradizionalisti. Si mangia bene anche se non troppo economico.
Una sera ritorno al Tre Galline e trovo un cartello: chiuso per festa privata. Si sa che il fato aiuta gli audaci, non mollo e mi autoinvito: mi sono trovo così ospite di una festa a tema dove per l’occasione è stato realizzato il bollito misto. il numero 7 ricorre spesso nel bollito: 7 tagli di carne, 7 aggiunte, 7 salse, 7 verdure La portata è unica quanto infinita: in un vassoio al caldo sono servite tutte le carni da affettare e condire con le salse. La carne che è stata cotta direttamente nel brodo bollente ha mantenuto i sapori intatti. Sento che continuando a riempirmi presto raggiungerò i miei avi lassù nei Campi Elisi, ma insisto ad assaggiare tutto, ne vale la pena. Detto in questo modo parrebbe una sciocchezza, ma è uno dei piatti più ricchi e complessi da realizzare della cucina italiana. È un piatto magico dove si ripete il 7, il numero perfetto del Gran Buiì, il bollito misto. 7 devono sono i tagli di vitellone: punta di petto, fiocco, costata grassa e costata magra, coscia, spalla, noce. 7 le guarnizioni o gli estranei: coda, lingua di bue, testina e zampetto di vitello, gallina o cappone, cotechino, polpettone. 7 le verdure cotte per il contorno: carote, patate, rape, foglie di cavolo tutte lessate, oltre che cipolline, zucchine e finocchi passati al burro. Il bollito deve essere accompagnato da 7 salse tra cui: Cognà, Bagnet verd, bagnet ross, salsa verde, al miele, alla senape, e la mostarda di Cremona.
Riporto ciò che insegna la Confraternita del Bollito Misto Piemontese: “Il commensale si presenti ben vuoto, riposato e ben disposto, non faccia calcoli di tempo e men che meno di calorie (…) Sul tavolo pane, grosse grisse e pane di Re Carlo Alberto con le noci, olio e pepe, ciotole di sale grosso da spargere sulla carne togliendolo poi col coltello al momento di fare il boccone, piattino di burro da schiacciare con le patate bollenti, ampolle di olio extravergine per condire le patate, per allungare i bagnetti e le salse, ampolle di aceto di vino rosso per correggere e ritoccare i bagnetti e le salse. Utilizzi un coltello affilatissimo e due piatti, 1 per le sole carni e 1 per i bagnetti e contorni di verdura (…) Non si mischino i bagnetti, non si beva acqua specie in principio, si morda piccolo nel pane e grosso nella carne, è un mangiare da signori!”
Un’annotazione a parte va alla carne piemontese: è una mutazione naturale avvenuta in un bovino a Guarene d’Alba nel 1886, che sta alla base del carattere groppa doppia, con sviluppo delle masse muscolari nettamente superiore rispetto ai soggetti in cui la mutazione è assente. Nel 1900 un esemplare venne premiato a Milano e gli fu riconosciuta la caratteristica di qualità. Da allora la razza piemontese è riconosciuta per la sua carne dalla buona caratteristica alimentare, sia per essere tagliata a punta di coltello, sia utilizzata per stufato o bollito. Quando il pascolo è in alpeggio, dal latte vaccino di questa razza si ricavano alcuni formaggi straordinari come il Raschena, il Castelmagno e il Bra.
Naturalmente non potevo non darvi la ricetta del bollito misto. In una pentola piuttosto grande versate 5 litri di acqua, salatela, aggiungete sedano, cipolla, carota, e portate a ebollizione. Immergetevi la lombata di manzo e riducete la fiamma in modo da far sobbollire il liquido. i vini per accompagnare al meglio il bollito devono essere piemontesi, al massimo valdostani Dopo un’ora aggiungete la punta di vitello, la gallina, la lingua (già cotta e spellata a parte) e cuocete per circa 2 ore. Contemporaneamente, in un’altra pentola colma di acqua fredda, immergete il cotechino dopo averne punzecchiata la pelle con un coltello e lasciatelo bollire 2 ore. Riunite le carni su un grande piatto da portata, servite con le salse e verdure lessate e passate al burro. I vini in abbinamento dovranno essere ovviamente piemontesi, al massimo valdostani: Bianco Arneis o Erbaluce, Rosso dal Barbera giovane e vivace, Barbera fermo e forte di 2 o 3 anni per tutto il pasto, Roero, Ghemme, Nebbiolo, Barolo e Barbaresco, Dogliani. Al momento del dessert Malvasia o Moscato fermo. A conclusione del pasto potete servire una piccola tazza di brodo ristretto con un cucchiaio di Barbera oppure con formaggio grattugiato. Come dessert opterei per uno zabaione caldo al Barbera, pere Madernassa al vino, crema al sambuco o alla lavanda, caffè, grappe, barolo chinato. Se non morite felici, potete poi affrontare il digiuno per 40 giorni.
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