Lattume: cos’è e come mangiarlo
Il lattume, tipico della cucina siciliana e sarda, si ottiene dalla lavorazione della sacca del liquido seminale dei maschi del tonno e della ricciola.
Vi considerate autentici e temerari esploratori del gusto? Bene. Allora è arrivato il momento di alzare l’asticella. Di uscire definitivamente dalla propria zona di comfort e andare oltre ogni pregiudizio. È giunto il momento di comprendere che l’intimità del pesce – definiamola così – può dare grandi soddisfazioni. In questa sede, dunque, ci dedicheremo al lattume e al milt.
Il primo, prelibatezza tipica della cucina siciliana e sarda, si ottiene dalla lavorazione della sacca del liquido seminale dei maschi del tonno e della ricciola, più di rado dello sgombro; il milt si basa sulla stessa materia prima, riconducibile però principalmente al merluzzo, al pesce palla, alla rana pescatrice, al salmone ed è una specialità della cucina giapponese.
Il lattume, un prodotto di alta gastronomia
Il lattume può essere considerato l’equivalente maschile della bottarga. Del resto, se mangiamo le uova di pesce, perché non dobbiamo apprezzare anche lo sperma? Certo, al di fuori della Sicilia e dalla Sardegna l’idea può risultare alquanto discutibile, però credeteci: il lattume è una delizia. Ha un sapore delicato, un seducente colore rosa, una consistenza tutta da godere. Si ottiene dalle gonadi ed è necessario catturare i pesci maschi durante il periodo della riproduzione. Occorre, cioè, che le sacche del liquido seminale siano il più possibile piene; si prelevano, si puliscono, si fanno bollire in acqua e sale e quindi raffreddare. A questo punto il lattume è sgocciolato e conservato in vasetti di vetro con olio di oliva. In alternativa si consuma subito dopo la bollitura con un condimento di olio di oliva, aceto, sale, prezzemolo e limone. Terza opzione: si ricopre di sale ed erbe aromatiche e si mette a essiccare.
Altri modi di mangiare il lattume
Ma non finisce qua. In Sicilia il lattume (che è di tonno rosso) si usa per condire la pasta. Si prepara cioè un soffritto di aglio, olio e peperoncino, si unisce il lattume fatto a cubetti e si sfuma il tutto con del vino bianco. si usa per condire la pasta oppure si può impanare e friggere Infine la pasta si ripassa in padella e, se si aggiunge qualche pomodorino, è ancora meglio. Un’altra ricetta siciliana è il lattume alla veneziana (non fatevi ingannare dal nome): si fa soffriggere un po’ di cipolla nell’olio di oliva e poi si unisce il lattume tagliato sempre a cubetti, concludendo con sale, pepe nero e succo di limone. In Sardegna, invece, il lattume è bollito, passato nel pangrattato e poi fritto. Dalle parti di Cagliari lo lasciano macerare nell’olio di oliva e poi lo cuociono alla griglia. Una curiosità: il lattume di tonno è detto anche figatiello e proprio con tale denominazione è stato inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Milt, il fratello orientale del lattume
E passiamo al milt, versione orientale del lattume. Anche in questo caso, la regola fondamentale è che i pesci siano pescati quando hanno le sacche seminali di spermatozoi. Le sacche si prelevano, si puliscono e si scottano in acqua bollente. Nella maggior parte dei casi, il milt viene poi fritto in tempura oppure cotto al vapore; spesso è anche il protagonista di zuppe calde o si serve semplicemente con una generosa dose di salsa ponzu. Quest’ultima è l’ingrediente perfetto per esaltare il sapore delicato del milt. Molti, d’altra parte, amano la sua cremosità: pare vellutato.
Sappiate anche che alcuni ristoranti giapponesi propongono il milt sistemato a mo’ di palla su un letto di riso. Tant’è. I giapponesi assicurano che il milt non è soltanto buono ma fa anche bene: rallenta l’invecchiamento e contiene tante proteine nonché vitamine del gruppo B. Da quelle parti, lo mangiano soprattutto a dicembre e gennaio; è considerato, insomma, un piatto invernale. Una curiosità: il milt di merluzzo è chiamato shirako.
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