7 regole per la sostenibilità del riso spiegate bene da Riso Gallo
Quali sono le regole che rendono la produzione del riso sostenibile? Lo abbiamo chiesto a Riso Gallo. Eccole qui.
Il riso – pianta annuale appartenente alla famiglia delle graminacee – è l’alimento principale per più di metà della popolazione mondiale ed è considerato il re dei cereali per i suoi straordinari valori nutrizionali. In Italia la coltivazione avviene principalmente nelle regioni del Nord tramite la tecnica della semina in acqua, fondamentale per difendere i semi e le giovani piante dalle rigide temperature notturne. Il chicco giunge a maturazione tra settembre e ottobre, periodo a cui segue la raccolta effettuata oggi con moderne macchine. Una volta, però, questo era il compito delle mondine, figure mitiche e simbolo della produzione del riso. Dalla trebbiatura si ottiene il risone, ovvero il riso non lavorato, che sarà poi essiccato per eliminare l’eccesso di umidità dal suo interno. Dopo la trebbiatura e l’essiccamento, c’è la pilatura, il riso grezzo viene cioè lavorato allo scopo di eliminare la pula, una parte dell’involucro che riveste il chicco.
Con 160 anni di storia imprenditoriale alle spalle, Riso Gallo è una tra le più antiche realtà italiane del settore: azienda familiare, giunta alla sesta generazione, fondata nel lontano 1856 a Genova con un primo stabilimento di produzione che lavorava risone importato. Dopo i primi successi, la decisione di concentrarsi sulle coltivazioni italiane e nel 1926 la decisione di trasferire lo stabilimento a Robbio Lomellina, nel cuore del Pavese, una tra le più rinomate zone risicole italiane. Il marchio del gallo nasce invece negli anni ’40: in Argentina – dove veniva esportata gran parte della produzione – l’analfabetismo era ancora molto diffuso, pertanto le diverse varietà di riso venivano identificate attraverso immagini di animali quali la giraffa, la tigre, l’aquila, l’elefante e il gallo. In breve tempo il gallo, che identificava la varietà migliore, divenne il simbolo dell’azienda stessa e il sinonimo dell’eccellenza dei suoi prodotti. Si inizia così il confezionamento in scatola per il consumo al dettaglio.
Oggi la mission dell’azienda si pone un nuovo scopo, quello di sviluppare – attraverso il progetto Coltiviamo il futuro avviato nel 2018 – un modello virtuoso di sostenibilità che ruota attorno a tre parole chiave: ambiente, persone e prodotto. Per raggiungere l’obiettivo Riso Gallo invita tutte le aziende agricole partner a sottoscrivere la Carta del Riso Gallo: si tratta di un insieme di pratiche relative alla sostenibilità agricola e non solo, fondate sul principio di reciproco scambio di conoscenza, sapere e processi, il tutto a vantaggio dell’ecosistema-risaia e delle comunità che lo abitano. Abbiamo fatto qualche domanda per capirne di più:
Spesso i prodotti da agricoltura sostenibile costano di più. Riso Gallo invece si trova sullo scaffale allo stesso prezzo di un riso convenzionale, come ci riuscite?
Oggi, ormai, se da una parte la quota di consumatori attenti ai temi legati alla sostenibilità è ormai prevalente, dall’altra lo shopper non è disposto a pagare un extracosto per finanziare quello che ritengono essere una sorta di dovere morale nei confronti dell’ambiente e delle persone, il cui costo si ritiene debba essere preso in carico dalle aziende, distributori e istituzioni. In questo senso, Riso Gallo, a testimonianza di un impegno nell’ambito della CSR di tipo concreto e coerente, ha deciso di mettere a disposizione del consumatore italiano prodotti – Carnaroli, Arborio, Roma, Basmati, Nero, Rosso, Integrale – provenienti da agricoltura sostenibile, allo stesso costo delle varietà convenzionali. Questo, chiaramente, comporta l’impegno a farsi carico degli extracosti derivanti dalla messa in atto delle pratiche di sostenibilità, a partire dalle attività propedeutiche di individuazione dei conferitori partner, e di formazione degli stessi all’applicazione dei protocolli individuati, alla attività di certificazione ed audit della loro effettiva applicazione, passando per la reale messa in campo quotidiana di azioni che comportano utilizzo in modo più consapevole di determinati agrofarmaci, il rispetto di determinati tempi, la messa al bando di pratiche più economiche, sì ma meno rispettose dell’ecosistema. L’impegno economico legato alla sostenibilità non viene dunque scaricato a valle sul consumatore, ma nemmeno a monte sui conferitori, cui al contrario Riso Gallo va incontro attraverso la messa a disposizione di strumenti di credito dinamico per la gestione dei pagamenti. Se però sostenibilità significa maggiore impegno, anche dal punto di vista economico, dall’altro dalla sua messa in atto derivano concetti legati alla condivisione delle buone pratiche, al far rete, all’accesso a materiali, processi e tecnologie all’avanguardia.
La vostra filosofia green vuole andare oltre le solite definizioni, voi infatti non parlate di riso sostenibile ma di riso che sostiene, cosa significa esattamente?
Nell’ambito di questo percorso di sostenibilità la volontà è quella di impegnare sempre di più anche negli ambiti della vicinanza al territorio e alle comunità locali. Passare da una prospettiva di riso sostenibile a una di riso che sostiene, significa, andare anche oltre l’ambito agricolo, allargando lo sguardo a monte, ossia alla selezione delle materie prime e al benessere dei lavoratori della filiera, e a valle, cioè alla valorizzazione delle terre del riso, delle comunità che ci vivono, della loro tradizione, un sistema interconnesso visto come patrimonio ambientale, culturale e umano del nostro Paese che l’Azienda ha scelto di salvaguardare e valorizzare, per un riso che da coltura diventa anche cultura. Il riso è un patrimonio ambientale, ma anche culturale e umano del nostro Paese. In tal senso, Riso Gallo vi contribuisce sostenendo lo sviluppo dell’economia e del capitale umano locale, valorizzando la tradizione di un intero territorio e partecipando ai bisogni delle famiglie dei propri collaboratori, i quali arrivano proprio dalle terre del riso. Costante la valorizzazione delle tradizioni locali legate alla cultura risiera. Riso Gallo sta iniziando la transizione ecologica del territorio (la stessa azienda si è dotata per gli spostamenti interni di auto elettriche), e sostiene la cultura della Lomellina, specie tramite la valorizzazione del paesaggio rurale e dei beni locali, oltre che con il sostegno della scuola e dell’Istruzione. Riso Gallo è da sempre in prima linea, e lo è stata anche durante la recente crisi pandemica, nel campo delle iniziative solidali finalizzate a fronteggiare le emergenze alimentari, attraverso elargizioni, donazioni di pasti e collaborazione con il Banco Alimentare ed altre organizzazioni. Sebbene si tratti di azioni che da sempre Riso Gallo sceglie di fare lontano dai riflettori, ciò che conta è sapere che scegliere Riso Gallo vuol dire anche dare energia a un sistema locale, tutto italiano: un sistema virtuoso che si fonda sulla consapevolezza che siamo tutti collegati. Quello che ci interessa è dare un senso più ampio e completo al termine, non solo limitandoci agli aspetti ambientali oggi di maggiore effetto, ma anche di temi umani e territoriali, capaci di esprimere anche il ruolo sociale dell’azione imprenditoriale. Sono questi i temi che abbiamo riassunto nel nostro Manifesto Riso Gallo Il riso è sostenibile quando sostiene, un documento programmatico che parte dalla consapevolezza che la sostenibilità è un ecosistema di valori, in grado di impattare positivamente e in maniera rilevante su tutto ciò che riguarda la filiera, le persone e il territorio.
Quali sono le varietà di riso più adatte a una agricoltura sostenibile?
Occorre fare una premessa: a ciascuna varietà di riso lavorato che troviamo in commercio sotto i nomi di Carnaroli, Arborio, Roma, ecc. corrispondono numerose varietà di risone e di relative sementi, ciascuna delle quali – all’interno del medesimo gruppo varietale – si contraddistingue per specifiche peculiarità proprie. Ora, le varietà più adatte all’agricoltura sostenibile sono quelle che riducono al minimo l’impatto ambientale misurato, come impronta di carbonio, metano, ecc, che la coltivazione di quella specifica semente lascia nell’ambiente. Per stabilire ciò, Riso Gallo ha messo in atto per più anni – collaborando con l’Università di Milano – degli studi di Life Cycle Assessment (LCA), monitoraggi volti a identificare le caratteristiche di alcune delle varietà più rappresentative, capaci di minimizzare l’impatto sull’ambiente della propria coltivazione. Insieme a questo processo, corredato da mesi di rilevazioni, analisi e report di natura scientifica, sono stati studiati gli effetti di specifiche azioni da mettere in atto durante la coltivazione per minimizzare ulteriormente la carbon footprint, creando un corpus di buone pratiche agricole che Riso Gallo promuove e suggerisce e cui chiede ai propri conferitori di aderire, attraverso la sottoscrizione della Carta del Riso Gallo.
Cosa sono e perché non è consentito l’uso dei fanghi nelle risaie?
Con il termine generico di fanghi si intendono i residui che derivano dal processo di depurazione delle acque reflue urbane. Il riutilizzo in agricoltura rappresenta una tra le soluzioni disponibili per il loro smaltimento in ragione del fatto che rappresentano una fonte di sostanza organi e elementi nutritivi tale da sostituirsi in parte alla concimazione di origine minerale. L’utilizzo di questo prodotto potrebbe però portare delle problematiche dovuta alla possibile presenza di sostanze nocive quali: metalli pesanti (come Cadmio, Arsenico, Piombo, Mercurio), sostanze inquinanti persistenti (derivanti ad esempi da sostanze chimiche industriale), antibiotici e sostanza farmaceutiche, idrocarburi; che a lungo andare possono accumularsi nel terreno con danni inevitabili verso l’ambiente. Inoltre la legislazione sia comunitaria che nazionale, che regolamenta questa tematica, risulta datata e richiede un adeguamento con norme più restrittive. Per tali ragioni, Riso Gallo ha deciso di vietarne il loro utilizzo diretto sui terreni coltivati a riso. Risultano invece autorizzati dalla Carta del Riso i biodigestati derivanti da matrici vegetali (come ad esempio il mais utilizzato nei biodigestori) o i compost di origine vegetale, in virtù del loro elevato apporto di sostanza organica al suolo.
Come si riesce a preservare la fertilità del suolo?
Attraverso la messa in pratica di una serie di buone pratiche agronomiche che consentano un adeguato mantenimento dei naturali livelli di fertilità dei terreni vocati alla risicoltura. Tra queste si promuove:
- il ricorso alla semina di colture da sovescio nel periodo invernale che oltre a proteggere il terreno dai fenomeni di erosione, apportano sostanza organica utile al suolo e alla coltivazione del riso;
- l’interramento delle paglie e dei residui colturali;
- l’utilizzo di fertilizzanti a matrice organica in pre-semina e quelli minerali nelle fasi di maggiore richiesta da parte della coltura;
- il ricorso, quando la natura del terreno lo consente, a pratiche meno impattanti sulla struttura del suolo come la minima lavorazione o la semina diretta su sodo.
L’Italia vanta una lunga tradizione del riso: quanto è importante proteggere e valorizzare i piccoli risicoltori della filiera corta?
Talmente importante che Riso Gallo – anche in questo caso con approccio da vero leader di pensiero, oltre che di mercato – ha messo in atto il processo di creazione di una Comunità di Aziende Agricole dedite alla sostenibilità, che oggi, al terzo anno dalla nascita, raggruppa oltre 120 aziende agricole, della cui valorizzazione Riso Gallo si fa primo attore. Alla community infatti offriamo assistenza per le attività di aggiornamento e procedurali, per le certificazioni, per il miglioramento dei processi, e lo fa diffondendo pratiche innovative, facendo network tra i diversi attori della filiera, mettendo a disposizione professionalità specifiche – nella forma di agronomi professionisti che si affiancano agli agricoltori nelle fasi pratiche e non solo – al fine della diffusione delle pratiche di sostenibilità. Da questo processo saprà favorire l’evoluzione di tutta la filiera del riso in Italia, al fine di garantirne la competitività nel contesto della risicoltura internazionale.
I vostri macchinari sono di ultima generazione: può la moderna tecnologia sostenere anche l’artigianalità dell’antico sapere artigianale (la lavorazione delle varietà Riso Gallo Premium, ad esempio, avviene ancora attraverso la pilatura tradizionale a pietra)
La convivenza tra tradizione ed innovazione è connaturata all’essenza stessa della risicoltura, che è fatta di un insieme lavorazioni tradizionali e di continua innovazione tecnologica. Questo è perfettamente rispecchiato nell’esperienza di Riso Gallo che – per così dire – dell’innovazione ha fatto una propria tradizione: basti pensare a come sia stata proprio Gallo ad introdurre in Italia le pratiche e le tecnologie che hanno permesso la diffusione, ad esempio, del riso confezionato in astucci di cartoncino, del riso parboiled, dei risotti disidratati, dei risi sterilizzati in busta e ora dei risi sostenibili. Ma, andando ancora più indietro nel tempo, alla fine dell’800, Riso Gallo è stata tra le prime aziende risiere in Italia ad utilizzare la tecnica della pilatura a pietra con macchine Amburgo, strumenti meccanici che riprendevano quella che è una delle antiche pratiche legate alla lavorazione tradizionale del riso. Ma, al tempo stesso, alle macchine sbiancatrici più tradizionali, nello storico stabilimento di Robbio Lomellina, si fanno complemento attrezzature volte a garantire la massima qualità del prodotto finale, come le selezionatrici ottiche per colore, che utilizzano tecnologia laser. Il tutto volto a garantire la massima qualità possibile per il consumatore finale, che si ritroverà in dispensa un prodotto lavorato in maniera del tutto tradizionale, ma verificato con le tecnologie più avanzate. Qui sta il valore aggiunto di una impresa che affonda le proprie radici proprio nell’artigianalità e nella conoscenza profonda delle pratiche della lavorazione della materia prima: siamo gente di riso da sempre, e cerchiamo di riflettere tutto ciò in ogni singolo chicco.