Un salto a tavola: le rane nella gastronomia italiana
Le rane, apprezzate in tutta l’italia del Nord, sono un prodotto che unisce cultura e cucina: ecco la loro origine nella nostra gastronomia.
Il rapporto tra ambiente e uomo nel corso della storia è sempre stato difficile e controverso, fatto di salite, bivi e grossi ostacoli, ma anche punti di incontro e di scambio. in passato nelle zone d'italia coltivate a riso, le rane erano fondamentali per il sostentamento A volte può accadere che determinate pratiche agricole possano consentire e incentivare la presenza di altre attività; la caccia alle rane è una di queste. In passato infatti nelle zone d’Italia dominate dalla coltivazione del riso e quindi dalla presenza dell’acqua, questi anfibi erano degli elementi fondamentali per il sostentamento delle famiglie povere. Così in regioni come il Piemonte o il Veneto, oltre alla risicoltura, il procacciamento e la cucina legati a questi straordinari ospiti delle risaie assumevano un ruolo fondamentale. Ma questo curioso sistema era tipico non solo delle regioni appena citate; anche in territori come quello bresciano o laziale, in presenza di ambienti acquitrinosi, il consumo di rane era indubbiamente una fonte importante di alimentazione. È proprio in questi casi che si realizzava la cosiddetta economia di integrazione, importantissima per il sostentamento di numerosissime famiglie, motore non solo dell’economia locale ma anche della cucina e conseguenza diretta della capacità dell’uomo di adattarsi alle avversità.
Un alimento che unisce
Non fu indubbiamente solo la necessità di riempire la pancia a spingere i nostri antenati a inserire le rane nella propria alimentazione. In un complesso meccanismo alimentare, culturale e religioso in cui l’alternanza di periodi di magro e di grasso, le nostre protagoniste erano indubbiamente per i ceti poveri dei validi sostituti ai pesci che erano consumati quando la carne era proibita; non solo, a incentivare tutto ciò occorre precisare che la loro caccia era concessa gratuitamente da nobili e signori. E i ricchi non le consumavano? Se pensassimo che fossero esclusivamente un alimento per poveri sbaglieremmo. Come accadde per molti altri generi alimentari, anche le rane erano presenti sulle tavole dei ricchi, chiaramente cucinate e presentate in modi assai diversi dai ceti poveri. Se infatti questi ultimi dopo un’accurata pulizia e asportazione della testa, della pelle e degli organi interni, le consumavano intere, presso i ceti più elevati venivano proposte quelle parti (le zampe posteriori) in cui era presente un maggior quantitativo di carne.
Anche il metodo di cottura faceva la differenza: in epoca pre-moderna in cui il grasso non era alla portata di tutti, friggere gli alimenti non era indubbiamente un metodo di cottura comune. Non è un caso se Bartolomeo Sacchi, umanista e gastronomo italiano, detto Platina, nel suo trattato di gastronomia De honesta voluptate et valetudine, stampato per la prima volta tra il 1473 e il 1475, inserisce la ricetta delle rane fritte.
Rane tra arte, letteratura e folclore
Una tradizione lombarda vuole che le rane siano catturate nei mesi con il nome che contenga la lettera R. Questo fa capire bene come credenze popolari e superstizione abbiano da sempre giocato un ruolo fondamentale sulle pratiche connesse alle nostre protagoniste. con la diffusione di pratiche magiche legate all'amore, le rane furono considerate afrodisiache Oltre infatti alle credenze positive in ambito religioso (opposte alle simbologie attribuite ai rospi), i significati a esse associati sono mutati nel corso dei secoli. Considerate inizialmente dei semplici corroboranti, furono poi molto ricercate con la diffusione delle pratiche magiche legate all’amore che le consideravano come dei potenti afrodisiaci. Indubbiamente l’arte ha documentato nel corso dei secoli la loro presenza non solo nel panorama ambientale e culinario italiano, ma soprattutto in quello sociale e culturale. Da ciò sono scaturite nature morte in cui la documentazione del vero attraverso la rappresentazione di differenti specie si mescola alle simbologie attribuitevi dalla religione e dalla tradizione.
Ma la raffigurazione delle rane può essere anche un mezzo di contestazione sociale, una critica della società o del bigottismo presente in essa che si manifesta, quasi inevitabilmente, anche nei modi di alimentarsi e nelle vuote ritualità connesse al cibo. Un esempio significativo di quanto esposto lo possiamo trovare nel quadro di Enrico Robusti, Mangiatore di rane del 2002, conservato a Fontanellato presso la collezione Franco Maria Ricci. In un contesto più ampio anche la fotografia può documentare alcuni aspetti legati a questi prodotti, un esempio è riportato nella fotografia proposta di inizio degli anni Trenta avente come soggetto un venditore di rane. Questa testimonianza documenta bene non solo la diffusione e diversificazione dei venditori ambulanti, tipici del Bel Paese e consolidati nel tessuto sociale di ogni città, ma anche come attività umili e molto faticose come la cattura delle rane, fossero però dei mezzi fondamentali per arrotondare le magre finanze delle famiglie povere.
In ultimo, è doveroso considerare come esse possano essere oggi, in un qualche modo, dei veicoli per far vivere un passato in fondo non così tanto distante da noi come potremmo immaginare. In questa riflessione i media, in particolar modo la televisione, ci possono aiutare molto, documentando tradizioni, riti alimentari, rurali e culturali presenti in modo significativo fino a pochi decenni fa. Un esempio ci è fornito da un episodio che avvenne nel prezioso documento televisivo Viaggio lungo il Po del 1957. Qui Mario Soldati e Gianni Brera incontrarono una signora avente uno scolapasta colmo di rane, pronte per essere pulite e cucinate; un pezzo di storia che sta sparendo.
Dalla cultura alla cucina
Di questo grande dono della natura in Italia sono presenti due specie adatte al consumo: la rana verde (Rana esculenta) e quella comune (Rana temporaria). La seconda appartiene alle cosiddette rane rosse. la loro carne delicata deve essere valorizzata da cotture e condimenti che non ne sovrastino il gusto Oggi si trovano già spellate ed eviscerate e generalmente solo le cosce. La loro caratteristica è di possedere carni molto delicate che quindi devono essere valorizzate al meglio da metodi di cottura e da abbinamenti che non ne sovrastino il gusto. Una tecnica molto utilizzata e consigliata anche dai manuali di cucina fino a pochi decenni fa ma poi persa a causa della presenza, sempre più imperante, di prodotti già pronti e surgelati, è quella di tenerle immerse in acqua fredda per alcune ore, avendo cura di cambiarla ogni tanto. Questo metodo ha due vantaggi fondamentali: permette uno sbiancamento delle carni e le rende più sode.
Meritano una menzione anche le numerosissime ricette a base di rane, diverse in ogni territorio. In molte zone, in particolare nel vercellese e nel novarese, sono fritte; sempre in Piemonte è preparata anche la famosa frittata di rane, una vera squisitezza che coniuga i prodotti degli animali da cortile con quelli che la natura offre. In Lombardia e in altre zone sono cotte in umido (con o senza pomodoro); a Brescia e in diverse località venete è anche cucinato il risotto con le rane, che è anche tra le proposte della cucina emiliana, patria di origine di questa squisitezza, come è stato decretato dall’Accademia Italiana della Cucina Delegazione di Bologna con la deposizione della ricetta nel 2007 attraverso atto notarile presso la Camera di Commercio di Bologna. Infine spostandosi verso il Centro come non ricordare la zuppa di rane tipica della zona di Nettuno in provincia di Roma.
Un prodotto unico insomma la rana, che unisce cultura, gusto, capacità di adattamento da parte dell’uomo e storia, che si concentrano in una porzione croccante e sfiziosa, morbida e golosa, o in una forchettata fumante di un ottimo risotto; spetta a voi decidere, così scoprirete un pezzo di territorio italiano.
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