Fondamentali: come si riconosce una buona pizza?
La qualità media della pizza si è alzata, ma come si fa a riconoscere una buona pizza a una prima occhiata? Ecco una piccola guida utile.
C’è stato indubbiamente un innalzamento generale della qualità media della pizza da qualche anno a questa parte, un fattore che dipende anche da una maggior consapevolezza della clientela che legge e si informa in rete, levando le prime impressioni, bisogna cercare sempre una certa oggettività e riesce quantomeno a farsi alcune idee su cosa renda una pizza di qualità. La rete, stesso luogo bizzarro dove convivono recensori eterni insoddisfatti o entusiasti cronici, emette comunque dei verdetti e giudizi che vanno sempre distillati per ottenere dati oggettivi. La soggettività in fase di giudizio è sempre da prendere con le pinze, soprattutto se non si hanno basi tecniche per ponderare le proprie opinioni. Ognuno può giustamente dire la sua sulla pizza, soprattutto quando la paga e non si ritiene soddisfatto. Levando però le prime impressioni, spesso influenzate dai proprietari dei locali con abili affabulazioni costellate da termini che inneggiano salute e benessere senza spesso neanche sapere cosa significhino, bisogna cercare sempre un po’ di oggettività. Vediamo quindi come riconoscere una buona pizza nel momento in cui ci si accomoda in tavola.
- L’aspetto in generale. Una pizza che arriva al tavolo deve essere prima di tutto invitante, ovviamente ancora fumante, con i condimenti disposti con cura e non buttati sopra a casaccio. La quantità di condimento deve essere giusta, non eccessiva e neanche misera: trovare due dita di formaggio o salumi sopra la pizza non è indice di generosità estrema ma di approssimazione nel lavorare; viceversa un'eccessiva austerità nel topping è da considerare negativamente.
- Forma. Spesso si passa sopra alla forma della pizza che deve essere tondeggiante senza voler pretendere un stesura fatta con il compasso. Forme allungate o troppo irregolari sono il risultato di una cattiva stesura o anche di un attaccamento morboso verso la pala da pizza, con l’impasto che si estende eccessivamente al momento dell’infornata e sposta selvaggiamente i condimenti. Il risultato è quello di una pizza portata a casa in scooter da un ubriaco. Un bravo pizzaiolo non manda in sala pizze deformi e brutte: questa è una regola aurea.
- Cottura. Il nostro esame passa alla verifica della giusta cottura: si solleva il fondo della pizza e si verifica che non sia bianco e umidiccio, risultato di cotture frettolose e con temperatura della platea del forno troppo bassa. Il fondo della pizza non deve neanche essere bruciato eccessivamente a causa della troppa farina utilizzata in stesura che, a contatto con il suolo del forno, carbonizza. Il cornicione, grosso o ridotto che sia, deve beneficiare di una giusta esposizione alla fiamma. L’interno del cornicione nel caso delle pizze in stile napoletano deve presentare un’alveolatura leggera e non ammassi di pasta, presagio di lievitazioni non corrette. Al bando pizze anemiche o con parti carbonizzate.
- Consistenza. Prestiamo attenzione alle consistenze già dal primo morso: un impasto correttamente maturato è scioglievole e leggero in bocca. Ribadisco: correttamente maturato che non significa legato per forza a lunghissime lievitazioni ormai sbandierate ovunque. La masticazione non deve essere eccessiva e la pasta si deve sciogliere sotto ai denti con facilità. Un impasto non maturo diventa pesante da subito e spesso non permette di terminare la pizza in tavola. A seconda dello stile di pizza possiamo apprezzare una leggera friabilità e croccantezza, da non confondere con l’effetto biscotto che rappresenta un difetto bello e buono. Nel caso della pizza napoletana si ricerca esclusivamente la morbidezza al morso, come se addentassimo una brioche. Partiamo dal presupposto di aver riconosciuto di già una pizza cotta male e averla rimandata indietro, ma se ci fossimo passati sopra per distrazione noteremmo che una giusta cottura presenta l’impasto asciutto e non la gommosità tipica dell’amido non gelatinizzato in un impasto ancora umido.
- Pomodoro e sale. Un pomodoro di qualità ha un’acidità bilanciata. In alcune pizzerie si cerca di mascherare la bassa qualità del pomodoro mitigando l’acidità con aggiunta di zucchero: se notate quindi un sugo troppo dolce, in maniera quasi innaturale, avete trovato l’inghippo. Fate attenzione al sale: non deve sentirsi in eccesso nella salsa, altrimenti preparatevi a una notte insonne e fate scorta di acqua sul comodino.
- Mozzarella. La mozzarella si deve presentare squagliata in modo omogeneo: quando sembra di plastica o più simile a una sottiletta, state certi che vi troverete di fronte a una pasta filata di bassa qualità con un sapore inesistente che ve lo confermerà.
- Condimenti e abbinamenti. I condimenti devono essere in equilibrio fra loro senza elementi troppo predominanti. Fate caso anche agli abbinamenti scelti: non deve esserci un’accozzaglia di sapori e consistenze, ogni materia prima deve percepirsi distintamente.
Bonus: riconoscere una buona pizzeria
Mettete in moto il vostro spirito di osservazione quando metterete di nuovo piede in una pizzeria. È capitato a tutti di incantarsi davanti a un pizzaiolo al lavoro, con quei gesti coreografici e i ritmi precisi dettati dalle tante pizze che prendono forma ed escono fumanti dal forno. Ora fate caso ad alcuni dettagli: il forno (ipotizziamo a legna) deve essere pulito frequentemente ogni tot d’infornate, perché la patina scura e carbonizzata che si può formare sul pavimento è dovuta a residui di farina bruciati e non è il massimo della salubrità.
La fiamma accesa brandisce i dischi di pasta, ma se il forno non tira in modo adeguato si può notare una coltre di combustione, nebulosa e troppo bassa, che va a contatto con le pizze: questo non deve accadere. I pizzaioli lavorano in maniera concitata ma ogni pizza deve essere curata e non lanciata nel forno senza attenzione. Fare il pizzaiolo è un mestiere serio che non s’improvvisa: diventare dei clienti attenti ed esigenti può servire a migliorare l’offerta.
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