Sapore d’autunno: i più amati funghi italiani
I funghi in cucina hanno un ruolo d’eccezione: se siete appassionati, ecco una breve guida ai principali funghi commestibili in giro per l’Italia.
Il fungo è un organismo vegetale privo di clorofilla, che matura da parassita o da saprofita, normalmente composto da cappello, gambo e piede. Con questa freddissima definizione non abbiamo detto nulla dell’aroma spesso intenso e accattivante, dell’aspetto fascinoso e del sapore che può raggiungere vette eccelse. in cucina i funghi hanno un ruolo d'eccezione e, sfruttati degnamente, hanno bisogno di poche aggiunte I funghi, secondo proverbio, spuntano dappertutto: sono numerosissimi e di solito molto adattabili; tuttavia, possono essere letali, tossici, velenosi o, quantomeno, in grado di assorbire tutto l’inquinamento dell’ambiente circostante. Bisogna fare molta attenzione e imparare a riconoscerli, oppure fidarsi esclusivamente dei prodotti commercializzati, che devono subire un severissimo processo di selezione prima di finire nei nostri carrelli. In cucina, i funghi hanno un ruolo d’eccezione; sfruttati degnamente hanno bisogno di pochissime aggiunte: nei casi migliori è sufficiente aglio, olio e sale in padella. Per pulirli, si tende a non usare l’acqua, per strofinare invece con una spugna o un panno umido. In Italia i funghi si usano in tutte le portate ed entrano in tutte le categorie di ricette, dalle paste alle frittate, dalle salse agli arrosti, dalle insalate ai pesci. Per sapere dove crescono, bisogna studiare bene i loro habitat e far riferimento alle famiglie di appartenenza. Non fatevi spaventare dai nomi alla Harry Potter, spesso si tratta di comunissimi funghi con cui ci siamo abbuffati a tutte le sagre estive. Ecco una lista dei principali funghi commestibili da cercare in giro per l’Italia.
- Agaricus Campestris. È quello che normalmente chiamiamo Prataiolo, glorificato da Orazio come optima fungis, il migliore tra i funghi. Ha gambo cilindrico e liscio, che si apre in un cappello ampio e globuloso; il caratteristico colore biancastro con zone rosate o giallastre lo rende riconoscibile, anche se bisogna fare molta attenzione a non confonderlo con una amanita mortale. Si tratta di un fungo carnoso, dall’aroma lievemente mandorlato, che risulta all’assaggio saporito e vagamente piccante. Sostanzialmente privo di grassi, il prataiolo è un apportatore di proteine e aminoacidi, presenti soprattutto negli esemplari più giovani. In Italia si può trovare praticamente dappertutto: cresce in colonie al di sotto dei duemila metri di altitudine, lontano dagli alberi e soprattutto vicino a terreni concimati.
- Amanita. Sono i Borgia del mondo dei funghi: compaiono in questa stirpe pericolosi avvelenatori; i peggiori sono phalloides (letale), phanterina e muscaria (rischiosi); le specie commestibili sono invece molto apprezzate, come Amanita Caesarea, Amanita Fulva e Amanita Vaginata. La prima è nota come ovulo buono, per gli antichi romani costituiva il cibo degli dei. Si tratta di una delle poche specie di funghi che prediligono clima secco, per questo si raccoglie in zone che non superino i 900 metri d’altezza; il Sud Italia, con le estati calde e poco umide, ne risulta la culla principale. Ha carne bianca, molto tenera, che si può gustare sia cruda che cotta. Il gambo è giallognolo, di forma cilindrica, mentre il cappello si accende di arancione, una volta emerso dal caratteristico velo bianco a forma di uovo. Per l’Amanita Fulva, l’etimologia rimanda al colore rossastro del cappello, un cono che può raggiungere dai 4 ai 10 centimetri. Il gambo è assottigliato e fibroso, mentre la carne appare bianca e liscia; è piuttosto fragile, dal sapore tenue e piacevole. È un fungo poco diffuso, che si trova soprattutto nei terreni acidi e vicino a boschi di latifoglie. Il nome comune dell’Amanita Vaginata, decisamente più poetico, è Alba. Si tratta di un fungo dal cappello campanulato, striato, con gambo assottigliato; peculiare, il colore argenteo. La carne è bianca, molto tenera, va consumata rapidamente perché molto deperibile. In Italia si raccoglie soprattutto in boschi di latifoglie, ma anche su prati e brughiere. Va necessariamente cotto prima del consumo.
- Boletus. La famiglia dei Boleti è la grande famiglia dei Porcini, i funghi per eccellenza. Quello comune (Boletus Edulis) è usatissimo in gastronomia: per la sua versatilità è buono panato, trifolato, fritto, farcito, frullato, grigliato, unito a paste, risotti, carni, zuppe. I suoi habitat sono i boschi di conifere: si trova facilmente sulle Alpi e su tutta la dorsale appenninica. Il Boletus Aereus è il più rinomato tra i Porcini, quindi, in qualche modo, è il re dei re nel mondo dei funghi. Noto come Porcino Nero è robusto, dalla pelle bruna (il nome rimanda al bronzo), con cappello convesso e gambo ingrossato. La carne è soda, compatta, emana aroma persistente e intensamente aromatico. Al gusto risulta saporitissimo. Per nostra sfortuna, non si trova ovunque: in Italia è più diffuso al Centro e al Sud che non in Settentrione, in boschi di latifoglie e soprattutto vicino a pungitopo e erica. Nei misti, si utilizza spesso il Boletus regius, buono come i porcini comuni, ma dalla carne più compatta e coriacea e, per questo, meno digeribile; poco digeribili risultano anche le varietà impollitus e granulatus. Saporiti e sfiziosi sono i cosiddetti Laricini (si colgono soprattutto sotto i larici, nelle Alpi e nell’Appennino settentrionale), il cui nome scientifico è Boletus elegans; devono essere colti giovani e consumati rapidamente per evitare una certa spugnosità. Il più profumato dei porcini è il Boletus reticulatus, mentre il cosiddetto Porcino bovino sarebbe il preferito delle mucche. Dal Nord Italia fino alla Campania si può trovare il Boletus scaber, significativamente rinominato porcinello, gradevole ma non saporitissimo. Il porcino d’estate è il Boletus aestivalis: si raccoglie in quasi tutta Italia, da maggio a settembre, preferibilmente in boschi di querce, castagni e faggi. La colorazione è particolare: alterna il bianco e il marrone-brunastro, in virtù delle caratteristiche screpolature sulla pelle del cappello. L’unico porcino velenoso ha un nome che vi terrà immediatamente a distanza: Boletus satanas. Una strategia tradizionalissima per preservare i porcini (si usa nelle aree montane di tutta Italia) è la conserva sott’olio; bisogna pulire bene i funghi, tagliarli a pezzetti, sbollentarli in acqua, sale e aceto, asciugarli e infine disporli in barattoli di vetro con olio, lamelle d’aglio e le erbe aromatiche preferite.
- Cantharellus cibarius. La sfilza di nome che gli si attribuisce avrebbe fatto invidia a Gianni Rodari: finferlo, orecchina, cresta di gallo, margherita, addenazzo, gialletto, galletto, galluccio, gallinaccio; immediatamente riconoscibile per il cappello irregolare e ondulato, il gambo corto o cortissimo e il colore dorato uniforme. Una volta cotto sprigiona aroma intenso, mentre la carne soda e liscia diventa particolarmente gustosa. Usatissimo in cucina, si può friggere o cuocere con aglio, olio e prezzemolo; costituisce la base per salse e sughi, si conserva in maniera eccellente. Il suo habitat è ravvisabile in terreni muschiosi, dove il Cantharellus cibarius cresce in circoli; in Italia si trova sostanzialmente in ogni regione, in zone che non superino i duemila metri d’altezza.
- Macrolepiota procera. Detta anche puppola o bubbola maggiore, altre denominazioni finiscono per descriverla: ombrellone, parasole, mazza di tamburo. Se da cruda risulta tossica, una volta cotta diventa gustosissima. Il suo aspetto è inequivocabile: gambo alto e sottile, fibroso, con cappello prima sferico e poi convesso. Quanto al colore, appare bianco con scaglie brune. L’aroma di nocciola è apprezzabile anche nell’assaggio, con un retrogusto dolce e delicato. Si usano i cappelli, essiccando i gambi per poi sfruttarli in polvere come insaporitori. Presente in America e in tutta Europa, si trova in Italia in molti boschi di latifoglie e di conifere, ma anche sui bordi delle strade, a partire dall’inizio dell’estate e fino all’autunno.
- Russula. Il genere Russula comprende oltre 750 specie di funghi; tra tutte queste varietà, le più utilizzate a livello gastronomico sono virescens, cyanoxantha, aurata, vesca, che potrete riconoscere come Colombina verde (o Verdone), maggiore, dorata, rossa (o Rossella). Il fungo è bianco con sferzate rosseggianti, richiamate dal nome latino e il cromatismo tipico evocato dalle singole denominazioni. Il cappello ha forma globosa e può raggiungere anche i venti centimetri di diametro. Quanto al sapore, è fondamentale saper riconoscere le specie tranquillamente commestibili, per non incontrare eccessi di amaro e piccante, che vanno fino al tossico. La Russula virescens cresce accanto a betulle e faggi (in terreni asciutti e caldi), la cyanoxantha predilige faggi e castagni, la aurata i boschi di pianura, mentre la Russula vesca potrete raccoglierla già dalla tarda primavera nei terreni acidi e tra conifere montane.
- Lycoperdon. Il nome comune è Vescia, quello ufficiale Lycoperdon perlatum. Un cappello globoso e bianco, ricoperto di aculei staccabili, sembra quasi avvolgere il gambo liscio e compatto. La carne risulta bianca quando il fungo è giovane, per virare man mano verso una colorazione nero-brunastra. L’odore è delicato quando il frutto è intero, può sprigionare forti note di fenolo se viene manipolato; il sapore è invece dolce e tenue, più apprezzabile nei funghi di maggiori dimensioni. Non essendo considerato tra le varietà più pregevoli, in cucina si sopperisce generalmente con panature o fritture. Si trova in gruppi, spesso molto numerosi, nei boschi; in Italia non è raro vederlo crescere anche su legni in decomposizione. Si può raccogliere anche il Lycoperdon Umbrinum, la cosiddetta Vescia minore, ancor più ricco di aculei brunastri sulla superficie; si può consumare quando la gleba è bianca.
- Lactarius. Il nome da classificazione rimanda alla secrezione che questo genere di funghi generalmente rilascia al taglio; di norma, quando questo lattice è bianco, il fungo è tossico; se invece è aranciato o rossastro, il fungo è commestibile. Le due specie più utilizzate sono deliciosus e sanguifluus. Il primo ha carne rossastra, soda, dall’odore fruttato e sapore lievemente acre; bisogna cercarlo soprattutto nei boschi di pino e, meglio ancora, accanto a cespugli di ginepro. Il secondo è noto come sanguinello, per il colore rosso-aranciato del cappello; si raccoglie sotto i pini, ha carne soda e dura, ma aromatica e gradevole al gusto.
- Coprinus Comatus. Se morite dalla voglia di gustare un fungo del genere Coprinus dovete cercare il Comatus, uno dei pochi della famiglia a essere commestibile. Quanto a riconoscibilità, è abbastanza inequivocabile: ha un gambo liscio che va man mano assottigliandosi verso il cappello; il cappello è una sorta di lungo cono poco carnoso con margini tondeggianti. Lo si trova facilmente negli orti e nei terreni di riporto, poiché ama legno in decomposizione e segatura. Se molto giovane, appare completamente bianco e si può mangiare tranquillamente; va cotto subito dopo averlo raccolto: l’ideale è in padella con burro e spezie. Quando invecchia, il Coprinus comatus rilascia un liquido nerastro, ragione per cui è spesso chiamato Fungo dell’inchiostro.
- Craterellus cornucopioides. Il nome comune è di quelli indimenticabili: Trombetta dei morti. Si trova soprattutto nell’Appennino centro-settentrionale e nelle Alpi (a bassa quota), dove è apprezzatissimo. Tanto all’assaggio che nell’aroma, il Cratherellus cornucopioides richiama il tartufo, qualità che l’ha fatto ribattezzare tartufo dei poveri; per il resto, l’odore è intenso, ha un retrogusto dolce e può essere efficacemente essiccato. L’aspetto è davvero caratteristico: gambo cavo, che culmina in un cappello arrotolato di colore marrone-bruno, da cui il riferimento alla trombetta.
- Polyporus pes caprae. Già la nomenclatura scientifica ha messo in risalto il peculiare aspetto: un gambo eccentrico che si collega a cappelli irregolari e ricoperti di squame, che si inarcano fino a ricordare le zampe di una capra. Se l’odore è blandissimo, all’assaggio rivela un delicato sapore di nocciola. Per fruttificare ha bisogno di zone molto umide, preferibilmente boschi di latifoglie, dove si può raccogliere solo dalla tarda estate e fino all’autunno.
- Armillaria mellea. Di solito, impara a riconoscerli anche chi non si intende di funghi: sono i chiodini. Hanno cappello conico e carnoso con orlo arrotolato, che può colorarsi di giallo, rossastro, verde, mentre i gambi sono cilindrici e ingrossati. Il sapore si rivela sfizioso, grazie alle note acidule che fanno da contrappunto alla complessiva dolcezza; in Europa è tra i fungi più consumati in assoluto. Cresce da parassita sui tronchi d’albero e deve obbligatoriamente essere cotto.
- Calocybe Gambosa. Tradizione vuole che maturi il 23 aprile, per questo è detto Fungo di San Giorgio, ma comunemente si identifica anche come Prugnolo, Maggiolino, Fungo della Saetta. Ha gambo compatto e cappello emisferico. L’odore risulta particolarmente gradevole, con rimandi alla farina lievitata; all’assaggio il prugnolo è sodo e saporito. In alcune regioni d’Italia è particolarmente apprezzato, come in Liguria (dove si chiama Masin), in Emilia (a Parma è l’Assone Bianco), in Veneto (a Vicenza li identificano come Giorgetti), a Potenza (in Basilicata prendono il nome di Musciaroni). Si raccoglie in primavera, vicino a biancospino, ginepro e prugnolo (da cui uno dei nomi).
- Agrocybe aegerita. Aromatico, di sapore gradevolisismo, con odore che rimanda al lievito e al formaggio, il Pioppino o Piopparello è tra i funghi più amati. In Italia si raccoglie fin dalla primavera e per tutto l’autunno, cercandolo tra i tronchi marcescenti, soprattutto vicino a pioppi, olmi, salici, sambuchi. Il gambo è flessuoso, il cappello è bruno, di forma semisferica. Sono commercializzati anche i pioppini provenienti da coltivazioni artificiali.
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