I migliori pani d’Italia: le regioni del Centro
Il patrimonio della panificazione italiana è ricco e variegato. Esploriamo i pani più rappresentativi delle regione del Centro Italia.
Nel precedente articolo sui pani d’Italia abbiamo esplorato la produzione tipica delle regioni del Nord. Ci spostiamo ora verso il Centro Italia dove il pane è caratterizzato dalla presenza quasi esclusiva della farina di grano tenero. Il pane di queste regioni assume spesso contorni più sfumati, divenendo supporto per salumi e formaggi. Vediamo i formati più rappresentativi.
Emilia Romagna
Coppia ferrarese IGP: tra i pani più noti la coppia è quello che più di ogni altro ha una sua forma caratteristica e inconfondibile. Realizzata partendo da un impasto di farina di grano tenero, acqua, lievito madre, strutto, olio extravergine, sale e lievito, appartiene alle cosiddette paste dure, ossia quei pani il cui contenuto di acqua è bassissimo, ai limiti della lavorabilità, caratterizzata da una mollica molto fine e morbida e dai giri della pasta molto evidenti. L’impasto ottenuto viene suddiviso in porzioni da 50 a 150 grammi circa e ciascuna viene ritorta su sé stessa a formare un paio di corna (la mezza coppia o panett); successivamente due mezze coppie vengono unite formando la coppia ferrarese: quattro cornetti piuttosto croccanti, uniti da un cuore morbido. È un pane storicamente molto apprezzato e antico e grazie alla sua bontà ha da tempo valicato i confini regionali diffondendosi anche in buona parte del resto d’Italia.
Toscana
Pane brutto di Camaiore. In quasi tutta la Toscana il pane è sciapo, sciocco, senza sale o quasi. Questa caratteristica del pane toscano pare risalga a una contesa tra fiorentini e Stato Pontificio in occasione di un aumento vertiginoso delle tasse sul sale (ma le versioni sono varie e comprendono anche il blocco del sale tra Pisa e Firenze e altre varianti). Il pane brutto di Camaiore è poco noto, non sciapo ma a ridotto contenuto di sale: si tratta di un pane tipico, dall’aspetto molto rustico, che si può trovare in diversi comuni della Versilia, ma principalmente nei comuni di Viareggio e Camaiore. L’impasto, moderatamente salato, viene eseguito in vari modi, secondo la tradizionale ricetta di ciascun fornaio, utilizzando farina bianca o parzialmente integrale, biga o pasta di riporto, ma ciò che davvero lo caratterizza è il procedimento di lievitazione e di formatura adottato. Dopo una breve lievitazione iniziale, l’impasto viene suddiviso in porzioni e ciascuna viene arrotolata; questi rotoli vengono appoggiati su assi abbondantemente infarinate con una miscela di farina, crusca, mais (ogni fornaio ha la proprio versione), affiancando e unendo più di un rotolo fino ad ottenere una sorta di lunghissimo filone. Questo filone viene cosparso con la stessa farina utilizzata per l’asse e lasciato raddoppiare di volume. Il fornaio taglia il filone ricavando dei pezzi irregolari di pasta, spesso triangolari, ciascuno da 500/800 g e li cuoce in forno moderatamente caldo spruzzando acqua all’infornata. Il risultato è un pane dalla crosta ruvida e spessa, con mollica piuttosto compatta e poco alveolata, si conserva molto bene e può durare oltre i quattro giorni. Potete trovarne un’ottima interpretazione al panificio Be’ Mi Tempi in via Puccini a Viareggio (LU).
Umbria
La crescia, detta anche torta al testo o torta sul panaro. Non un vero e proprio pane ma una schiacciata di farina, acqua, olio e sale, di facile preparazione: si procede a impastare gli ingredienti sino a ottenere un impasto morbido che viene poi spianato allo spessore di circa un centimetro, bucherellato con una forchetta e cotto sul testo o panaro, girandolo più volte sino a cottura ultimata. La tradizione locale riconduce la sua diffusione, soprattutto nelle campagne, alla sua facilità di preparazione ed economicità, vista la possibilità di realizzarla velocemente e senza la necessità di un forno. La piastra per la sua cottura era infatti collocata semplicemente sulle braci ardenti del camino e protetta con un coperchio per evitare che la fuliggine sporcare la crescia. Oggi è diffusissima soprattutto nella zona di Perugia e Gubbio ed è l’ideale veicolo per gli ottimi salumi e formaggi locali.
Marche
Il filone casereccio, nella versione a base di farina bianca, integrale o al farro, è il tipico pane marchigiano. Le migliori interpretazioni utilizzano ancora il lievito madre e una lavorazione a due impasti per ottenere un pane caratterizzato da una crosta croccante e dorata e da una mollica spugnosa, frutto della moderata idratazione. Tradizionalmente prodotto con farine macinate a pietra e cotto a legna, presso alcuni fornai è possibile trovarlo anche nelle varianti integrali con all’interno del farro spezzato, da non perdere.
Lazio
Il pane di Lariano è forse meno noto a livello nazionale del fratello IGP pane di Genzano, ma è ugualmente diffuso a Roma e in tutto il basso Lazio. Iscritto dal 1999 tra i prodotti tradizionali agroalimentari del Lazio viene ancora realizzato secondo tradizione. La sua lavorazione è caratterizzata dall’utilizzo di sola farina di grano tenero integrale e tipo 1, acqua, lievito madre e sale. Questo tipo di pane viene ancora oggi cotto tradizionalmente in forni alimentati con legna di castagno. Lo potete trovare in vendita in pagnotte da circa un chilo e mezzo, dalla crosta color grano piuttosto spessa e dalla mollica beige con un’alveolatura piuttosto regolare. Gustandolo è percepibile la nota acida data dalla lievitazione naturale che lo rende anche molto conservabile, fino a una settimana. Potete trovarlo, realizzato nel rispetto della tradizione, presso il forno a legna Petroni a Lariano (RM).
Abruzzo
Pane casereccio aquilano: essendo una zona di montagna e terre impervie, in Abruzzo come in Valle d’Aosta vi era la necessità di recarsi ai pochi forni esistenti il minor numero possibile di volte, evitando per quanto possibile lunghi e faticosi viaggi. La tradizione contadina ha quindi messo a punto, con gli ingredienti di zona, un pane di grossa dimensione con lievitazione basata sul lievito madre. Questa lavorazione restituisce un pane con eccezionali doti di conservabilità, permettendo quindi di ridurre fortemente il numero di cotture. Il pane casereccio aquilano è tipicamente a forma di filone, con crosta spessa e ben cotta, dal caratteristico sentore tostato, con mollica finemente e uniformemente alveolata, di colore beige, con un profumo leggermente acido e sapido al gusto.
Molise
Parrozzo molisano: il pane rozzo non va confuso con l’omonimo dolce di tradizione abruzzese nato nel 1920. Il pane rozzo molisano è un pane di origine contadina, di forma emisferica, caratterizzato da un mollica gialla e vagamente dolciastra dovuta alla farina di mais e alle patate impiegate nell’impasto; ha una crosta spessa e scura dovuta alla cottura in forni a legna con fiamma viva. Per ottenerlo si impasta farina di mais, farina di grano tenero, lievito naturale, patate lessate, acqua, sale fino a ottenere un impasto morbido che viene posto a lievitare in un recipiente di canne (fruscella). L’impasto ottenuto viene nuovamente lavorato una o due volte durante la lievitazione e rimesso nella fruscella fino a completarne la lievitazione; successivamente il parrozzo si cuoce in forno a legna a fiamma viva.
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