Torino: la rivincita della bistronomia in 5 indirizzi
I neo-bistrot non sono passati di moda a Torino: menu compatti e la selezione di vini naturali sono il punto forte di questi 5 indirizzi che vi suggeriamo.
Signori, c’è fermento a Torino. Altro che crisi, la bistronomia sotto la Mole gode di ottima salute e vive un autunno caldo. Da una parte l’arrivo di Antonino Cannavacciuolo, la bistronomia gode di ottima salute a torino, con arredi minimal, menu compatti e vini naturali annunciato per la primavera del 2017, regala una nuova sterzata mediatica alla realtà gastronomica sabauda, dall’altra si consolidano i neo-bistrot storici – su tutti Consorzio – e si affermano quelli più giovani ma già strutturati, come Gaudenzio. Un panorama interessante ed effervescente, per rispolverare una fraseologia che fa subito eighties, complice anche l’interessante (e spesso coltissima) virata verso i vini naturali e biodinamici Il paradigma vincente? Ambienti piccoli dagli arredi minimal, menu compatti e alta cucina a prezzi sostenibili. Con un’attenzione particolare alla carta dei vini, sempre curata e con una proposta trasversale che conquista tutti, dai millennials dai portafogli risicati ai gourmand più intransigenti. Ecco 5 indirizzi imperdibili secondo Agrodolce.
Consorzio
Ci sono i ristoratori che restano a ruota e quelli che tirano la volata. Da pasionari delle cose buone, Andrea Gherra e Pietro Vergano con Consorzio (via Monte di Pietà, 23) hanno scalato il borsino delle guide e si sono imposti nella gastronomia torinese con le loro scelte di campo. Così sono stati tra i primi in Italia a spingere l’acceleratore sui vini naturali, cui continuano a dedicare un’attenzione e una ricerca particolare. “Non per moda, ma perché per noi rappresenta l’ambiente più vivo e dinamico nell’attuale mondo del vino”, aggiungono spiegando come la loro cantina sia nata dall’incontro con i produttori, tra viaggi e bevute. Ogni etichetta, un colpo di fulmine. Pochi soliti noti, molta ricerca e selezione – che tocca il Piemonte e non solo – con un rapporto diretto con i vignaioli per proporre il meglio dei vari territori. Quanto al menu (per quello degustazione si spendono 34 €), le contaminazioni sono le benvenute e la valorizzazione delle frattaglie resta un caposaldo, assieme all’utilizzo delle erbe dell’orto e alle materie prime iconiche del Piemonte, dalla Fassona al cardo gobbo di Nizza Monferrato. C’è tanta regionalità, i tajarin alle verdure e bagna caoda sono assoluti, tanti presidi Slow Food e una cura speciale per il quinto quarto, cavallo di battaglia del ristorante. Uno spazio va lasciato per i formaggi: la selezione è curatissima e varia a seconda delle stagioni, così ogni volta si scoprono selezioni diverse.
Banco vini e alimenti
Nato come spin-off del ristorante Consorzio (i proprietari sono gli stessi), Banco Vini e Alimenti (via dei Mercanti, 13/f) si è imposto come covo di buongustai. Un bar à vins per tutti i gusti: ci si va per un pranzo veloce, con un menu espresso con tante proposte che ti fanno venire voglia di tornarci – anche per i prezzi, davvero light – per un calice con gli amici o per provare etichette e produttori sconosciuti a molti ma super interessanti. Qui la premiata ditta Gherra&Vergano spinge ancora di più sui vini naturali, un mondo per molti tutto da scoprire, che invece i gestori maneggiano con curiosità e attenzione. Per questo viene facile affidarsi al loro giro delle cantine e dei produttori, che spazia dall’azienda agricola Ajola (tra Bolsena a Orvieto) ai grandi naturali di Borgogna passando per quelli in grande ascesa della Tenuta Macchiarola di Lizzano, in Puglia. E non mancano le chicche assolute, sempre nel terreno di biologico in vigna e naturale in cantina, come lo Zibibbo Integer di Marco de Bartoli, e ancora una bella proposta di birre artigianali.
Magazzino 52
In un mondo, quello della ristorazione, in cui in molti si improvvisano combinando grossi danni, Graziano Cipriano e i fratelli Dario e Diego Rista hanno messo assieme la loro esperienza ventennale e in poco più di un anno si sono imposti come indirizzo culto con Magazzino 52 (via Giovanni Giolitti, 52/a). La classica enoteca con cucina diventa una perfetta e accogliente osteria 2.0, dove ci si sente subito a casa: sarà per via dell’ambiente caldo, il legno fa la differenza, o per via dell’offerta davvero centrata e concorrenziale, che si smarca dalle altre vinerie. Per la formula con due piatti più la degustazione di formaggi si spendono 32 euro e sulle bottiglie importanti i prezzi si fanno davvero competitivi. Ricarichi intelligenti, che hanno fatto scattare il passaparola tra gli appassionati di vini e ampliato la scelta in città. “Ci piacciono i vini buoni, se sono naturali meglio ancora ma non è il nostro filone portante. Siamo attenti soprattutto comprare da piccoli produttori, dove c’è attenzione e cura per il prodotto, scegliendo persone che ci piacciono”, spiega ad Agrodolce Diego Rista. Una scelta di un centinaio di vini davvero interessante, che va dai Baroli ai Riesling tedeschi. Si va per bere un Grand Cru di Borbogna, ci si tiene lontani dagli infestanti apertivi e ci si ferma per cena. “Non abbiamo una carta fissa e dunque non c’è il piatto icona, ma molti vengono da noi per la pasta, fatta in maniera sempre diversa. Una delle più riuscite? I tagliolini con animelle, gambero rosso, zenzero e lime”.
Gaudenzio
Gaudenzio (via Gaudenzio Ferrari, 2/h) ha inaugurato meno di un anno fa, lo scorso dicembre, ma il giovanissimo Stefano Petrillo ha conquistato tutti con la sua formula non convenzionale. A partire dal menu, che cambia ogni settimana, ideato in collaborazione con lo chef Ivan Milani (di Piano 35, sul grattacielo Intesa) mescolando ingredienti e abbinamenti inconsueti: chi ha avuto il piacere di assaggiarlo, ricorda ancora uno strepitoso Risotto con aringa affumicata e polvere di capperi (riso Acquerello della Colombara, per essere precisi). Il locale? Parenti spoglie, pochi coperti, atmosfera rarefatta e cucina a vista, in pieno stile neo-bistrot. Interessante il lavoro sui vini, per sfuggire dalla logica del “mi porti una bolla?”, come spiega Petrillo ad Agrodolce. “Non c’è curiosità e la piazza torinese ha una clientela particolare, a tratti statica. Per questo ho pensato ad un assaggio al calice con la bottiglia bendata: insospettabilmente si bevono vini che sulla carta non sceglierebbero. All’inizio in pochi hanno accettato la sfida, ora che siamo più conosciuti voglio giocare e si fidano”. Per i vini dunque non c’è una carta ma le proposte del giorno: così si spendono 4/6 euro a calice, salendo di prezzo per le proposte più strutturata. Petrillo osa e punta molto sul bere naturale, dai vini georgiani – “mi piacciono le macerazioni lunghe” – al Pinot nero naturale di Borgogna a quelli del Priorat. “Provo a fare un lavoro di ricerca, punto sulle uve meno aggressive e più digeribili, cercando di bilanciare sperimentazione e gusto dei clienti”.
Contesto Alimentare
Quando la trattoria urbana si fa confidenziale, ci si sente subito a casa. Non capita spesso, ma Contesto Alimentare (via Accademia Albertina, 21/e) è una piacevole certezza torinese. Stuzzicante il menu, che gioca con le parole senza intaccare la granitica solidità dei piatti. Così nascono proposte come il Dancing cheek to cheek, guancia di vitello con agresto e insalata mista o ancora il Vocabolario suino, succoso filetto di maiale affumicato abbinato alle pesche bruciate. Per gli appassionati delle paste fresche, un tuffo tra i primi è inevitabile: tra le proposte cult, è davvero imperdibile Polenta concia, i plin al mais ripieni di ricotta di bufala. La ricerca delle materie prime è quasi ossessiva e tutti i produttori sono esplicitati, dalla macelleria di Silvio Brarda a Cavour a Fishbox (che punta sul consumo consapevole del pesce), fino alla Coffeel per le varietà più nobili del caffè. “Durante la stagione alterniamo prodotti provenienti dal Piemonte e non solo, come gli asparagi viola di Albenga dall’azienda Montanaro, la bottarga di Favignana dall’antica Tonnara dell’isola, lo zafferano di Giovanni Inconis dalla Sardegna, o ancora i formaggi inglesi selezionati da Neal’s yard dairy”, spiega Matteo Fabbri, regista di questo locale ormai punto fisso per gli amanti della cucina comme il faut. Lo ascolti e ti affidi completamente a lui per gli abbinamenti, fatti pescando in un’accuratissima carta dei vini, un viaggio senza fine fuori e dentro l’Italia dove abbondano i vini naturali, scelti con cura e precisione massima. Il conto? Leggero, intorno ai 30/35 €.