Fermentato è bello: 12 cibi fermentati dal mondo da assaggiare
La fermentazione è un metodo per conservare il cibo e renderlo più digeribile: ecco 12 specialità fermentate dal mondo che dovreste provare.
La fermentazione è uno dei più antichi metodi di conservazione del cibo, nonché un modo naturale per rendere molti alimenti più digeribili; nonostante il nome possa far pensare a qualcosa di elaborato e esotico, la fermentazione fa parte della cucina da sempre e si incontra spesso in tecniche intuitive e rimedi casalinghi. bisogna ricordare che pane, yogurt, vino, birra e alcune varietà di formaggi sono alimenti fermentati Prima di pensare a piatti inusuali, conviene infatti ricordarsi di pane, yogurt, vino, birra e tante varietà di formaggi. Servono dei lieviti, dei batteri o delle muffe per innescare nei cibi processi di trasformazione che mutano le loro caratteristiche organolettiche e, ovviamente, il sapore. Oltre all’acidità del gusto, tali preparazioni possono essere apprezzate come antiossidanti e per la ricca presenza di fermenti lattici e vitamine dei gruppi B e C. In Italia, con questi processi di lievitazione si dà vita a glorie gastronomiche come la colatura di alici. Se diamo uno sguardo al di fuori delle nostre cucine, possiamo comporre con i cibi fermentati interi menu, che spaziano dalle bevande, ai condimenti, alle portate vere e proprie. Ecco 12 piatti fermentati dal mondo da provare subito.
- Crauti. Piatto con cui di solito identifichiamo l’intera gastronomia tedesca, è diffuso anche in varie regioni del nord Italia e altri stati dell’Europa centrale. A fermentare in questo caso sono i cavoli, nella varietà cappuccio bianco. Gli ortaggi si tagliano in strisce e si stratificano con sale, attivando così la produzione di acidi. Una volta pronti, i crauti si possono condire secondo i gusti, spesso anche con un’aggiunta di vino. Il primo abbinamento che ci viene in mente è, ovviamente, con i wurstel.
- Kimchi. Se il solo cavolo non vi basta, provate a mescolare anche cetrioli e rape; una volta disposti in strati e ricoperti di sale, si insaporiscono con pasta di gamberi, aglio, zenzero e, eventualmente, frutta. Si ottiene così questo tipicissimo piatto coreano, il cui ingrediente principale non è ancora stato nominato: tantissimo peperoncino.
- Miso. Il miso si utilizza nelle cucine orientali per insaporire salse e zuppe e per guarnire o marinare carni e pesci, ma anche per dare una sferzata di sapore a alghe e verdure, o addirittura per irrobustire dolci e torte. L’alimento da far fermentare in questo caso è la soia, quello che innesca il processo è l’Aspergillus Oryzae, un fungo. I semi devono essere cotti e uniti a riso e orzo, poi salati; la fase di vera e propria fermentazione può durare dai 12 ai 24 mesi, con un lungo riposo in acqua salata.
- Natto. Piatto estremamente calorico, usato in Giappone soprattutto come colazione energetica, si prepara con i semi di soia gialla, particolarmente ricchi di proteine e vitamine del gruppo B. Se volete mangiarlo da veri giapponesi, unitelo a riso bollito e senape.
- Kefir. Facendo fermentare il latte (che sia di capra, vacca o pecora) con il lievito, nel Caucaso e in Asia centrale si ottiene da secoli una bevanda spumosa e frizzante. Il kefir deve riposare prima di essere consumato e risulta efficacissimo per ripristinare la flora batterica, oltre a costituire una bevanda povera di lattosio e dal gusto sfizioso.
- Kumis. Diffusissimo in tutta l’Asia, dove prende anche altre denominazioni, come Ximis, rappresenta una variante del kefir, più dolce e corposa. Il latte utilizzato è esclusivamente quello di giumenta, mentre i lieviti devono essere liquidi.
- Pombe. Se anche avete assaggiato le birre più bizzarre, forse non vi siete mai imbattuti nella birra di banana; invece esiste e a molti piace. Si tratta di una ricetta africana che, a livello alcolico, può raggiungere i 5 gradi; la banana deve essere lasciata in fermentazione e poi mescolata più volte con vari tipi di miele.
- Surstromming. Stiamo parlando di una prelibatezza svedese; letteralmente il nome significa aringa acida. Molti testimoni dichiarano che il suo odore si percepisce da distanze insospettabili. In questo caso infatti il pesce (aringa del Baltico) è lasciato in contenitori di latta carichi di salamoia per alcuni mesi e, spesso, anche per un anno intero.
- Funazushi. I Giapponesi, al solito, sono ancora più estremi. Il pesce carassio deve essere conservato in barile, con l’immancabile riso e un’aggiunta di sale, per alcuni anni; a essiccazione avvenuta, il pesce si sala nuovamente e passa altri quattro canonici anni in barile.
- Shiokara. Quando in Giappone si fanno fermentare i frutti di mare, si dà vita a particolarissime variazioni sul tema; con l’aggiunta di tonno si chiama Katsuo no shiokara, coi gamberi Ami no shiokara; col salmone prende il nome di Ganzuke.
- Nuoc mam. In Vietnam si usa praticamente dappertutto; si tratta di un salsa ricchissima di peperoncino, i cui altri ingredienti sono pesci di mare e di lago coi propri visceri e crostacei. Il composto va lasciato a riposo per vari mesi in acqua e sale, utilizzando spesse casse di legno.
- Gentelman’s Relish. Fin dagli inizi dell’Ottocento in Inghilterra si mescolano pesci fermentati (soprattutto acciughe), con burro e spezie (immancabili, basilico, menta, salvia, rosmarino, origano). Questo raffinato paté, conosciuto anche come Patum peperium, si usa soprattutto su panini tostati, all’ora del tè, ma si sfrutta anche per irrobustire vinaigrette e salse in genere.
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