Epic Fail: 7 cose da non fare MAI quando si mangia il sushi
Il sushi è ormai entrato a far parte anche delle preferenze gastronomiche italiane, ma ci sono degli epic fail da evitare assolutamente: ecco quali sono.
Molti di noi sarebbero oggi schifosamente ricchi se sulla loro strada non avessero incontrato la cucina giapponese. Il salmone freddo che si frange sui denti, il tonno che emerge all’improvviso dal riso condito; il pesce volante che va a guarnire succosi spaghettoni di grano tenero, il silenzio che precede il morso ai gamberoni in tempura. sul male che spesso apportiamo a quei luoghi beati, ecco una discettazione Sulla meraviglia, siamo tutti d’accordo; sul male che spesso apportiamo a quei luoghi beati, ecco una piccola discettazione. Nell’antologia Figuracce, lo scrittore Niccolò Ammaniti confessa di essersi bevuto, al ristorante giapponese, l’acqua della scodella che serviva per lavare le mani; io posso dire di aver fatto altrettanto e di averla comunque trovata più saporita di tanti aperitivi annacquati per apericena. Per la sintesi suprema non ci si può non rivolgere a Paolo Villaggio, con una lunga sequenza di Fantozzi diventata icona del cinema: il ragioniere si ustiona prima col sake poi coi piatti roventi, si aspetta che gli cucinino il pesce alla livornese, viene minacciato, fa cucinare il cane della signorina Silvani e, finale obbligato, tenta il suicidio nella vasca delle triglie. Se questa scena la conosciamo tutti a memoria è perché in ognuno di noi c’è un po’ di Fantozzi. Ecco 7 cose da evitare quando mangiamo il sushi.
- Usare il giapponese come antipasto e finire la cena al fast food. È un classico inconveniente da principianti. Sebbene ormai anche nelle frazioni di Porretta Terme la cucina giapponese sia nota e riconoscibile, esistono ancora persone che l’hanno sperimentata poco e male; per loro, che non sanno ordinare con strategia, una cena si può ridurre a pochi bocconcini di seppia, un’unica polpettina di riso con uova di salmone, mezzo gambero cotto e tre stecche di surimi. In questo caso la fame è tanta e si cerca di dimenticare tutto con un Crispy McBacon. Comprensibile, ma inaccettabile. Per non esagerare col prezzo bisogna imparare a alternare piatti che ci sazino con piatti che rallegrano l’anima per sempre.
- Mostrare troppa disinvoltura col wasabi. Un tempo per farsi notare dal gruppo magari si correva in strada con la macchina e senza fari, oggi la nuova frontiera degli smargiassi è il wasabi. Far vedere che si riesce a ingurgitarne una quintalata senza piangere dovrebbe dar lustro al baldanzoso avventore. Molta pietà merita invece la categoria più incline a cadere vittima del wasabi: le zie ignare. Tanto hanno fatto per staccarsi dal ragù e provare le culture del mondo, ma il wasabi non possono proprio riconoscerlo: nella migliore delle ipotesi per loro è guacamole. Lo spalmano col coltello come fosse maionese e le emozioni che provano nell’infausto momento dell’assaggio le raccontano ancora alla cena di Natale di 6 anni dopo.
- Non considerare il numero di pezzi per porzione. Maki, osomaki, futomaki, oshizushi come le olive ascolane sono piatti che in ogni ristorante prevedono un determinato numero di pezzi per porzione. Non siamo mai stati forti in matematica, ma è ora di ragionare: se per esempio col codice 2A i Giapponesi intendono hosomaki di granchio e per ogni porzione ve ne preparano 8 e voi ordinate 4 porzioni per averne 4 pezzi (ricordate, i Giapponesi non sono come Annibale della rosticceria, non vi dicono: “Signo’, intende quattro porzioni o quattro di numero?”), vi arrivano al tavolo 32 rotolini di granchio. E’ il problema algebrico che ha sostituito il buon vecchio: “La mamma va al mercato e compra tre pere…”.
- Ordinare i noodles e aspettarsi la carbonara della Sora Lella. Questo aspetto è puramente antropologico e si compone di due sottocategorie. La prima: quelli che “Sì, però la carbonara…”; con loro non c’è soluzione: invitateli solo in trattoria e chi s’è visto s’è visto. La seconda è quasi più perniciosa: quelli che, siccome hanno ordinato spaghetti con frutti di mare, si aspettano, pretendono e credono davvero di mangiare gli spaghetti alle vongole come li faceva mamma buon’anima. Spiegate loro che una cultura diversa ha cibi diversi, che quei cibi possono piacere o no ma hanno la loro dignità, e poi, con la stessa disinvoltura, dite loro che esistono persone simpatiche e persone antipatiche, che loro fanno parte della seconda categoria e che nessuno, nessuno, deve permettersi di incrinare quel sacro momento in cui voi, cucchiaio alla mano, vi confrontate con i noodles. Nessuno.
- Usare le bacchette come fossero Excalibur. Già quando avvistiamo le bacchette da lontano ci sentiamo tutti Harry Potter e siamo pronti a scatenare l’Avada Kedavra contro chiunque; invece non ci avviciniamo nemmeno al Mago Silvan. L’uso più diretto e meno competente che si può fare della bacchetta è infilzarla nel maki come la spada nella roccia: ne emerge uno spiedinone che nulla ha a che fare col giapponese. Se non vi siete portati la forchetta da casa, meglio le mani.
- Strozzarsi. È vero che in quasi tutte le commedie romantiche la persona che si strozza è poi salvata dal partner della vita, ma nella realtà è sempre tutto molto diverso. Ogni rotolino di sushi è pensato per essere ingoiato intero e vissuto nella sua assolutezza, ma se non siete campioni regionali di amatriciana mangiata senza mani, a volte diventa difficile. Lo scopo sarebbe sentire assieme tutti i sapori, l’effetto è più spesso: mi manca il respiro, non ricordo il mio nome, sento il riso nel cervello, soffoco. Non azzardate: se nella vostra bocca c’è spazio solo per le baggianate che dite, anche se è immorale concedetevi piccoli morsi.
- Fidarsi troppo. Con la nostra proverbiale mancanza d’equilibrio nel giudizio, siamo passati da un’epoca in cui nei ristoranti orientali ti facevano mangiare i gatti a un’epoca in cui il sushi lo trovi pure nell’angolo frigo del supermercato, vicino al culatello. Adesso, molti di noi sognano un mondo fatto solo di sushi, con salmone e tonno al posto dei tetti e alghe alle finestre, però stiamo pur sempre parlando di pesce e di pesce servito per lo più crudo. Magari evitare quei locali interrati senza finestre aperti sotto una fabbrica di materassi, o quelle rosticcerie in cui i topi sono considerati animali domestici, o ancora i ristoranti che nel retro vendono prodotti contro i pidocchi, può essere prudente. La voglia di Giapponese non ha limiti, ma qualcuno piccolino dovremmo metterglielo.