Vengo anch’io, no tu no: 10 ospiti indesiderati a cena
Quando si organizza una cena o si esce per andare al ristorante ci sono 10 tipologie di persone che non dovreste mai invitare: ecco quali sono e perché.
Magari hai soltanto scongelato l’arrosto e condito l’insalata, ma se finalmente decidi di organizzare una cena ti senti immediatamente il re dei salotti e casa tua è la corte di Versailles. aspetti vicino alle noccioline che gli invitati comincino ad arrivare: prega che non sia uno di questi Dopo aver spolverato fino all’inverosimile ed elemosinato per casa e dai vicini un numero di sedie appropriato, come la signora Dalloway hai anche comprato i fiori. Senti una febbrile eccitazione e provi davanti allo specchio le battute migliori, quelle che faranno ridere e sospirare i tuoi invitati. Hai messo il vino al fresco e sciacquato di corsa il vecchio servizio della lista di nozze. Anche tu, sei elegante ma sobrio, con l’austera raffinatezza dei migliori padroni di casa; aspetti vicino alle noccioline, tentatissimo, che gli invitati comincino ad arrivare. Poi qualcuno suona: prega che non sia uno di questi. Ecco 10 tipologie di persone che nessuno dovrebbe mai invitare a cena.
- La schifiltosa. Capelli tirati, espressione mestamente sofferente, ha trent’anni e ne dimostra sessanta; siede sul bordo della sedia, magari dopo averci passato l’amuchina. Osserva tutto come dalla stazione di controllo: quante volte cambi le posate, dove hai preso i tovaglioli, se da piccolo hai fatto tutti i vaccini; quando finge di andare in bagno, corre in cucina a controllare le scadenze nel tuo frigo, il modo in cui surgeli, la pulizia del forno, tipo Alessandro Borghese in Quattro Ristoranti. Mentre spizzica come un timido passerino le pietanze che proponi, dice quietamente che sono buone, ma la sua bocca si arriccia e la fronte è contratta. Per lei, il momento peggiore arriva quando tutti pescano l’insalata dalla medesima ciotola: avrebbe voglia di tirare fuori il Cif superfici brillanti e mettersi a pulire, ma non può; sorride ancora, dice grazie. Prima del dessert ha già chiamato la Asl per un controllo; dopo il dessert gira per casa col vaporizzatore.
- Il puntiglioso. La versione maschile della schifiltosa aggiunge all’ospite indesiderato una verve che nessuno in natura è in grado di tollerare. La schifiltosa maschio è il puntiglioso: baffetti, capello lucido, occhiali e occhiali di scorta, ombrello dovesse piovere. Nei primi 3 minuti, la sua petulanza è mascherata dal brio, poi appare in tutta la sua crudele insopportabilità. “Lo spinacio non è di stagione, sicuro di averlo comprato al mercato questo asparago, la tovaglia ha una macchiolina laggiù in quel punto, ho sentito che la porta cigolava, non usi le teglie in pirex, la cuffietta con quei capelli così lunghi, i guanti quando compri le mele al supermercato…” e giù statistiche, malattie, aneddoti. I paragoni con le sue proverbiali capacità in tutto sono così insistenti che ti chiedi: “Allora perché non mi inviti a casa tua, se sei così bravo?” Poi ti ricordi che l’ha fatto mille volte e hai sempre rifiutato proprio perché lui è così. Ti metti i guanti in lattice che ti ha consigliato e cerchi il suo numero sulla rubrica e lo cancelli per sempre.
- Il tirchio. Apri la porta e lui sorride, sorride… Ha le guance rubiconde, l’espressione gioviale; tende le mani per un abbraccio e poi, a tradimento, ti porge qualcosa. Sembra quasi vino, ma è un avanzo di discount non ancora diventato aceto, comprato a 36 centesimi al litro. E va bene, in fondo devi sturare il lavandino. Ma no: il tirchio pretende di far credere a tutti di aver scoperto una vera prelibatezza: “Dovete assaggiarlo, è buonissimo!” La tua cena è così sepolta dall’acidità struggente di un alcolico che sembra benzina; tutti bevono e piangono. Pensi: “Ci rifaremo col dolce!” E invece no, l’ha portato lui, il tirchio: è una torta gelato, gusto croccantino, già cominciata.
- L’intollerante immaginario. Ma quella è polvere? Quella è muffa? Quello è un cactus? Nel brodo c’è il sedano (si può davvero essere allergici al sedano?)? Nei funghi c’è l’aglio? Nella macedonia il melone? Massimo rispetto per chi le intolleranze le ha e ogni sera a cena si sacrifica col digiuno. Per tutti gli altri, aver rimesso una sola volta nel ’76, non aver digerito nel ’91, o aver avuto un mal di testa a casa di vostra suocera tre natali fa, non significa essere intolleranti. Il fatto che le intolleranze vadano di moda non deve sedurvi: tenete sotto controllo le vostre reali allergie e lasciateci in pace sul resto.
- Il logorroico. Lo senti già mentre parcheggia in fondo alla via, quando accalappia un povero passante indifeso e comincia a rodare l’aneddoto della settimana, perché ogni settimana il logorroico ha un cavallo di battaglia. Poi lo ripete sulle scale e poi uno stillicidio: di nuovo, con le stesse parole e la medesima generosità di dettagli, a ogni ospite ch arriva. Se ci sono parecchi invitati, rischi di sorbirti la storia del suo intervento dal dentista ventisette volte in una sera, rimpiangendo, nell’ordine, di esserti perso Ballando con le stelle, di aver voluto a tutti i costi mantenere rapporti d’amicizia, di aver scelto la vita sociale e non la ricerca di sé per boschi.
- Il respiriano. Al di là della filosofia di chi vive d’aria, prenderemo qui in prestito la definizione per parlare di chi non mangia. Forse perché a una cena non si aspettava di dover anche cenare, il respiriano si siede all’angolo, con la camicia sbottonata e guarda fisso di fronte a sé. Il pasto si svolge in questo modo: “Un antipastino?” “No”. “Un bicchiere di vino?” “No”. “Un raviolo?” “No”. “Una fetta di tofu? (che a quel punto le provi proprio tutte)" “No”. “Una mela” “No”. “Ciao.” “Ciao”. Mentre ancora fingi di sorridere, chiudi la porta, rinserri tutti i chiavistelli e a mai più rivederci.
- Il critico. Esistono uomini critici, di mezza età, col gilet, che mentre assaggiano col cucchiaio, sommessamente chiedono: “E come mai la scelta del cerfoglio?”. E tu come puoi giustificarti, che da quando sei nato butti a caso le spezie nelle pentole e mescoli sperando che qualcosa esca fuori? Ma l’archetipo del critico si incarna soprattutto nella donna di 65 anni, ex professoressa o dirigente delle poste, che nel momento del giudizio toglie gli occhiali, fa una pausa e: “La pasta era scotta, il pesce insipido, il dolce… arido”. Asciuttissima, senza pietà. Quella valutazione non ha nulla a che fare coi piatti, perché adesso sei tu a sentirti scotta, insipida, arida e vuoi solo morire.
- Il sonnolento. Già al lavoro vedi che sbadiglia sempre, ma non l’hai mai visto fuori dall’ufficio. Provi a invitarlo: in fondo, sembra simpatico, è spesso gentile. All’antipasto già vedi che la testa gli frana spesso, cerca di sollecitarlo con le battute che hai provato davanti allo specchio, ma ti perdi nelle sue occhiaie. Dopo un assaggio di spaghetti al pesto, ronfa sul divano, con la testa piegata e le chiazze d’unto che colano sulla camicia a quadri. Aveva detto: “Mi appoggio giusto un minuto”; lo ritrovi lì il giorno dopo, quando si sveglia per andare a dormire alla cena di qualcun altro.
- Quello a dieta. Da quando ha cominciato la dieta, Giovanni, l’amico di sempre, non è nemmeno più una persona. Chi s’imbarca nel lungo percorso di una dieta assurda letta su Silhouette Donna non ha più un’identità, è solo quello a dieta. Quello a dieta compie ognuna di queste azioni distruggendo qualunque serata: per prima cosa sospira su tutti i salami lagnandosi di quanto gli manchino, poi afferma che non ricorda più certi sapori (il burro e tutti i grassi), poi comincia a sottolineare quanto sta meglio da quando ha cominciato la dieta, poi fa un’apologia delle spezie che lo aiutano a insaporire i piatti, rinuncia al bis di qualunque portata, non mangia nemmeno l’insalata (che tu non avevi condito per lui), attraversa almeno due deliri e ogni volta che si allontana per andare in bagno si pesa sulla tua bilancia. Tu non lo sai, ma in cucina ha rovistato nel secchio per leggere le calorie dei cibi. Due ore di strazio e quando arriva il dolce si scatena il Far West: quello a dieta si risveglia, perde ogni inibizione e mangia così tanto tiramisù da far scomparire il caffè nel mondo; poi ti mangia la crostata, i cioccolatini che tieni nel vassoio dal 2000 e pure le fette biscottate della colazione. Dieta riuscita.
- Il nostalgico. “Ah, le nostre cene di vent’anni fa”. Il nostalgico comincia a pontificare già prima di sedersi. “Ah, quando prendevamo le chitarre…” (che nessuno di voi ha mai saputo suonare). “Ah… quante cose preparavamo…” (Sempre panini con la mortadella già incartati dal salumiere). Il nostalgico quasi lacrima, sospira, tiene banco riportando un’infinità di aneddoti; sulla giovinezza, la verde età spensierata. Che tu cominci a farti due conti e dici “Ma davvero lo conoscevo questo vent’anni fa?” e anche “Come può essere stata felice una giovinezza con lui?”. Ma intanto lui brinda, sviscera ricordi, beve ancora. Diventa tutto rosso, snocciola rosari di nomi che non hai mai sentito. Si ubriaca, rimette tutto quello che ha mangiato in un anno. In due vi prostarte a asciugarlo e cambiarlo. Lo stendi sul divano e lì, con la faccia contratta e il pigiama di tua moglie, te lo ricordi, a vent’anni, quando lo asciugavi e lo cambiavi. Che nostalgia… le nostre gite, le cene. Quando prendevamo le chitarre… Quante cose preparavamo…