Home TV e media 6ª puntata di Unti e Bisunti 2 in esclusiva: la fine del pollo

6ª puntata di Unti e Bisunti 2 in esclusiva: la fine del pollo

di Silvia Fratini • Pubblicato 27 Maggio 2014 Aggiornato 24 Novembre 2014 11:44

Sesta tappa delle avventure di Chef Rubio alla ricerca di nuovi piatti da assaggiare. Stavolta tappa a Milano, obiettivo cucina sudamericana.

Siamo alla sesta puntata di Unti e Bisunti 2, il format televisivo peggiore per chi è a dieta. Anche stavolta, tra i grattacieli di Milano, Rubio ha lo sguardo in bilico tra l’affamato e l’incazzoso: sospettiamo che prima di ogni nuova tappa lo tengano a insalata e yogurt per tre giorni. Si parte dai Navigli: ignoriamo la movida, il cocktail dell’aperitivo e il buffet no limits. Lo chef punta diretto al mercato di Porta Genova, un piccolo pot pourri di profumi e colori incastrato tra i tram di piazza XXIV Maggio. Quelli che sgranocchia distrattamente sono chifles, ovvero platanos e banana fatti a fette e soffritti fino a diventare snack croccanti da passeggio. MI pare già chiaro quale sarà il focus della puntata: la cucina sudamericana.

Chef Rubbio

Dalla parte opposta di Milano, infatti, Rubio si ritrova in un angolo di Perù. Musica a palla e colori in movimento sembrano i tratti distintivi del La Pena de Pocho, e proprio Pocho, il proprietario del locale, si preoccupa di sfamare il nostro eroe. rubio si ritrova in un angolo di perù e assaggia tamal e ceviche Si comincia con il tamal, un piatto mesoamericano che affonda le proprie origini tra il nono e il sesto secolo a.C.: si tratta di un tortino di mais ripieno di carne di maiale, olive e spezie varie che si può conservare a lungo, tanto da essere spesso cibo da guerrieri. Una sorta di pan di via sudamericano. Poi passiamo al ceviche, pesce crudo a pezzetti marinato con lime o limone, coriandolo, ajì o chili e cipolla servito con patate; seguono poi le varie salse, che sembrano infinite: c’è quella con ajì panca, uno dei peperoncini più diffusi in Perù, dal sapore dolce e leggermente affumicato; c’è quella al rocoto, il peperone peruviano piccante e vendicativo, da servire in accompagnamento; per finire ecco quella a base di ajì amarillo nota come huancaina, con un peperoncino giallo che va dal piccante al molto piccante.

Chef Rubbio

Dato che la bocca è andata a fuoco con le salse, il nostro chef tatuato va in cerca di qualcosa più delicato e zuccheroso come il mais. Meglio optare per il choclo, la pannocchia dai chicchi molto grandi, dalla consistenza più gommosa e meno dolce della nostra e ricchissima di amido, che si mangia servita sulla sua foglia e cosparsa di altre salse colorate: poi dicono che gli americani sono quelli fissati con le salse. In caso di allappamento il nostro eroe butta giù qualche sorso di chica morada, una bevanda a base di mais bollito, scorza di ananas, mela cotogna, cannella, zucchero e limone. Una bevanda adatta a sgrassare la bocca, insomma.

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Anche se già in shock glicemico, Rubio trova il secondo possibile sfidante, Cesar e la sua mamita (mammina) de ristorante El Hornero, che impiattano un tris da impallidire: pollo a la brasa, anticucho, molleja e rachi. da el hornero rubio assaggia i piatti di cesar e della sua mamita: pollo alla brasa, anticucho, molleja e rachi Qui ci vuole una laurea in gastronomia peruviana, andiamo con ordine: il pollo alla brasa è cotto sulla brace ed è stato inventato a Lima negli anni ’50, marinato con diverse spezie e ha una consistenza fantastica. Gli anticuchos, che fanno parte del DNA di ciascun peruviano, sono spiedini composti in genere da pezzi di cuore di bue marinati con cumino, ajì panca, aglio e pepe e sono cucinati a ogni angolo di strada. Le mollejitas sono ventrigli di pollo cucinati alla griglia e diffusi anche in Argentina, Messico e Uruguay, mentre il rachi è una preparazione che comprende, oltre alla carne di manzo o di pollo, una buona razione di trippa. Ne sentivamo giusto la mancanza.

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Visto che non di solo Perù è fatta la cucina sudamericana, Rubio incappa anche nella cucina de Il solito posto, un ristorante ecuadoriano. Qui assaggia l’encebollada che – indovinate un po’ – prevede la cipolla tra gli ingredienti principali, rubio assaggia anche la cucina ecuadoriana: encebollada ed empanadas vertes e le empanadas vertes de platanos, calzoni fritti la cui pasta esterna è fatta con la polpa dei platanos e il ripieno può spaziare tra carne di manzo, cipolla, uova, uva passa e zafferano. Si mescola poi il mondo peruviano con quello cinese grazie a Felipe e Wang. I piatti che i due cuochi preparano sembrano un inno alle contaminazioni di stile: il tallarin saltado prevede un insieme di pasta, tranci di carne tenera, salsa di soia e spezie il cui segreto sta nel combinare “poca grasa, mucho fuego e poco tiempo“. Il caldo di mote, invece, è una zuppa di trippa e altre parti grasse della mucca bollite assieme al mote, il mais d’altra quota tipico del Perù; il leche de tigre è una sorta di mangia-e-bevi fatto con il succo risultante dal ceviche, arricchito da pesce e peperoncino, e che vanta poteri afrodisiaci.

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Anche stavolta la scelta del piatto da replicare non pare facile, ma data l’abbondanza di interiora era facile prevedere che la scelta cadesse sul combinado especial di Cesar e della sua mamita. La vestizione di Rubio e i piccoli segreti di preparazione sono una chicca a cui non viene dato abbastanza risalto, ma non facciamo in tempo a goderci la mattanza che arriva la giuria piroettando e anche stavolta è facile prevedere il verdetto: penitenza per il nostro. A Rubio tocca smettere i panni di chef e vestire quelli di un pollo gigante per pagare il pegno della sfida. Ma noi ti vogliamo bene anche da polletto, Gabriè: daje.