Come gli antichi: produrre il vino in anfora
Un’azienda vinicola di Frascati sta promuovendo la riscoperta della vinificazione in anfora: vi raccontiamo la storia della Cantina Imperatori.
Non solo acciaio e legno: il rinnovato interesse nei confronti della vinificazione in anfora è crescente. Che sia per la fermentazione o l’affinamento, l’utilizzo della terracotta è una pratica ancestrale, un tempo comune in tutto il bacino del Mediterraneo, che trova ancora larghissima diffusione soprattutto in Georgia. A Frascati, alle porte di Roma, Cantina Imperatori è una realtà giovane e dall’approccio scevro da preconcetti, una realtà giovane a frascati sta riscoprendo la vinificazione in anfora in grado di coniugare la vocazione produttiva del territorio con la voglia di guardare oltre. Da una parte si punta alla riscoperta di vitigni autoctoni, dall’altra ci si concede la libertà di dedicarsi anche a varietà internazionali. In questo contesto, sospeso tra sperimentazioni e rispetto della tradizione, si inserisce il Progetto anfore, il primo nel Lazio. A sei mesi dalla vendemmia, la nostra visita in azienda è coincisa con il momento della svinatura delle tre anfore della cantina. Dopo questa operazione sono seguiti un paio di giorni utili alla decantazione, al fine di rendere il vino pronto per essere imbottigliato. L’enologo Angelo Giovannini, ci ha svelato i dettagli di questo interessante progetto.
Le uve utilizzate
Sebbene la vinificazione in anfora riguardi soprattutto i vini rossi, si è scelto produrre un bianco partendo da un’uva non aromatica come il Trebbiano Verde.
Le anfore
Le anfore, dal punto di vista della capienza e del materiale, possono essere di diversi tipi a seconda di quello che si vuole ottenere. Quelle utilizzate da Imperatori sono prodotte, in collaborazione con l’università di Udine, da una fornace specializzata nella realizzazione di stufe in ceramica. Internamente non sono smaltate o ricoperte da cera d’api come si fa di solito ma, grazie a un impasto speciale, si evita la fuoriuscita del vino senza rinunciare a un’ossigenazione misurata.
L’utilizzo delle bucce
Al fine di esaltare le peculiarità del frutto, le bucce sono state lasciate a contatto con il liquido per tutto il periodo di 6 mesi. Una macerazione prolungata grazie alla quale è stato possibile estrarre tutti i sentori tipici del vitigno.
La fermentazione
La fermentazione è avvenuta, senza l’aggiunta di lieviti selezionati, completamente nelle anfore da 300 litri tenute in un’antica galleria romana, dove godono di una temperatura stabile. Finita la fermentazione tumultuosa le anfore sono state richiuse. L’anidride carbonica endogena prodotta è rimasta dunque all’interno fungendo da vero antisettico naturale.
Idee per il futuro
A detta dell’enologo Angelo Giovannini, non è esclusa la possibilità di provare a ripetere l’operazione con il Cesanese, altro tipo di uva che presenta potenzialità interessanti rispetto all’ipotesi di vinificare in anfora, con macerazione prolungata delle bucce.