Estate in Giappone: 13 cose da mangiare a Okinawa
La cucina dell’isola di Okinawa è diversa da quella nipponica tradizionale: se avete in programma un viaggio in Giappone, ecco cosa assaggiare.
La cucina dell’isola di Okinawa è diversa da quella che si trova sulle altre isole nipponiche. La prefettura più meridionale del Giappone, infatti, ha una sua cultura gastronomica particolare, frutto della sua storia, ma anche delle differenti condizioni climatiche e culturali. Okinawa, infatti, faceva parte di uno stato indipendente, il regno Ryukyu, che governò dal XV fino al XIX secolo. Era un importante punto commerciale, che collegava la Cina, il Giappone, la Corea e il Sud-Est asiatico. Tutte le influenze di questi luoghi hanno contribuito a formare la cucina che ancora oggi vive a Okinawa, dai sapori intriganti e particolari. Ecco, allora, alcuni piatti che si possono trovare e provare.
- Goya chanpuru. Chanpuru significa qualcosa di misto ed è un piatto racconta la storia del patrimonio culinario della regione. La sua versione più popolare include il goya, un cetriolo dal sapore decisamente amaro, insieme al tofu, al maiale e alle uova. Il goya è arrivato a Okinawa dal Sud-Est asiatico ed è diventato rapidamente una delle verdure più apprezzate: la gente del posto lo prepara fritto in tempura, condito in insalata a strisce sottili o sottaceto come contorno.
- Rafute. È un piatto di pezzi di pancetta di maiale, cotti lentamente in umido nella salsa di soia e glassati con zucchero di canna. Nato in Cina, ma declinato alla maniera di Okinawa, è dolce e salato e si scioglie in bocca. Di solito si mangia da solo o come condimento per la soba.
- Nakami Jiru. È una zuppa di maiale e intestino tenue, servita in occasioni speciali. Tradizionalmente veniva preparata dalle donne della casa in un enorme vaso chiamato shinmēnābī. L’intestino è lavato ripetutamente con sale e farina per eliminare l’odore e la viscosità, quindi cotto nel katsuo dashi insieme a funghi shiitake e konnyaku. Si serve con lo zenzero.
- Okinawa soba. Sono spaghettini di grano tenero, diversi dalla soba giapponese di grano saraceno. Sono immersi in un brodo di carne di maiale, fiocchi di pesce e alghe kombu e risultano leggermente gommosi. Di solito vengono conditi con le soki, le costolette a cottura lenta, brasate nella salsa di soia, zucchero e awamori, il liquore distillato a Okinawa, finché la carne non si stacca dall’osso. Il piatto è poi guarnito con zenzero sottaceto e scalogno e, a piacimento, con ancora qualche goccia di awamori al peperoncino.
- Awamori. Gli abitanti di Okinawa devono l’invenzione della loro bevanda locale ai thailandesi, i quali insegnarono loro i segreti della distillazione nel XV secolo. Utilizza riso a grani lunghi thailandese e per la fermentazione il fungo nero kōji specifico di Okinawa. Con il 30% circa di alcool, di solito si consuma allungato con acqua e ghiaccio. I bevitori audaci potrebbero voler provare l’habushu (liquore di serpente), ma è più probabile trovarlo in un negozio di souvenir che in un ristorante di Okinawa.
- Riso Taco. Una ciotola di carne macinata speziata, formaggio e salsa, serviti sul riso bianco. Ed è la risposta di Okinawa all’insalata di taco messicana. Talvolta è servito con pomodori e cetrioli e con una tortilla. È un piatto molto comune, scelto spesso come secondo nelle mense delle scuole, ma è stato anche introdotto nei ristoranti ed è particolarmente conosciuto anche al di fuori dell’isola.
- Umi-budō. Letteralmente uva di mare, questi gruppi di alghe della caulerpa lentillifera ricordano grappoli di uva in miniatura. Sono serviti con una salsa piccante a base di ponzu e le piccole palline scoppiano in bocca come fa il caviale.
- Sukugarasu. È una specie di cubo di tofu solido, sormontato da piccoli pesci salati e sott’aceto. Nel dialetto di Okinawa, suku si riferisce al pesce spinoso screziato (noto come aigo in Giappone), e garasu significa marinare sotto sale. Di solito è accompagnato al sake o al liquore awamori. Ogni pezzo dovrebbe essere mangiato in un solo boccone: l’intenso sapore salato del pesce contrasta in equilibrio con la dolcezza del tofu.
- Tempura. Il fritto giapponese è stato adottato dall’isola e rivisitato utilizzando gli ingredienti locali, come le patate dolci viola o il goya. Tra i prodotti da provare assolutamente c’è la tempura sunui, fatta con le alghe marroni chiamate mozuku.
- Tofuyo. Piccoli cubetti di tofu fermentato sono serviti da mangiare con un piccolo stuzzicadenti. Meno pungenti della versione di Taiwan e più cremosi, sono un alimento speciale apprezzato dall’imperatore durante il regno Ryukyu. Sono preparati facendo fermentare e marinando lo shima-dofu, il tofu dell’isola, in kouji rosso e awamori.
- Jimami Dofu. Più simile a un budino di arachidi, somiglia alla vista e alla consistenza (setosa) al tofu. Dopo aver macinato le arachidi e spremuto il loro succo, questo è mescolato con l’amido di patata dolce e fatto bollire. Quando è completamente solidificato e raffreddato, è servito con sciroppo dolce a base di salsa di soia. Il miglior tipo di Djamachi dofu è quello fatto in casa venduto nei negozi di alimentari locali.
- Sata andagi. Sono dei semplici dolci di pastella fritti, composti mischiando farina, zucchero e uova. Nella lingua di Okinawa sata vuol dire infatti zucchero, mentre andaagi deriva da fritto nell’olio. Nella maggior parte dei ristoranti si trovano serviti con frutta fresca o una pallina di gelato di patate dolci, ma alcuni posti li abbinano anche a verdure saporite.
- Zenzai. Prende le mosse dallo zenzai giapponese, il dolce tradizionale a base di acqua di cottura dell’anko, la marmellata di fagioli rossi. A Okinawa, però, questo dessert è servito soprattutto d’estate: i fagioli rossi e gli gnocchi di farina di riso, che sono stati fatti bollire lentamente nello zucchero di canna marrone, sono infatti sormontati da una bella manciata di ghiaccio tritato.