Valentino Longo è il bartender più creativo del mondo
Valentino Longo, giovane bartender originario di Roma, è stato eletto come Most Imaginative Bartender for 2020 nel contest di Bombay Sapphire Gin.
Come si traduce imaginative in italiano? A chiederselo è Valentino Longo, romano classe 1988, professione bartender. L’inglese in realtà lo parla bene, d’altronde vive e lavora a Miami, valentino è il vincitore del concorso 2020 indetto da bombay sapphire gin ma la lingua l’ha imparata a Londra, quando la classica esperienza di qualche mese si trasformò in un soggiorno ben più lungo. La risposta alla sua domanda in effetti non è scontata. Letteralmente sarebbe immaginativo, ma potremmo dire pure fantasioso oppure creativo. Fate voi, ma scegliete la traduzione che più si adatta a Most Imaginative Bartender For 2020. È questo il titolo conquistato da Valentino (per il Nord America), nell’annuale concorso organizzato da Bombay Sapphire Gin, in collaborazione con la Tales of the Cocktail Foundation. Se pensate sia uno dei tanti campionati di settore siete fuori strada: si tratta di una gara complessa, per un premio davvero prestigioso. E allora non ci resta che gonfiare il petto d’orgoglio, come alle Olimpiadi per ogni medaglia vinta dai nostri connazionali, e celebrare questa vittoria.
Dagli esordi a Miami
Valentino nasce come commis all’Hotel de Russie, con Massimo D’addezio, ma si ritrova spesso dietro al bancone. Scatta in lui una scintilla, che lo porta per 3 anni in Inghilterra, con l’obiettivo di crescere professionalmente. “Quando mia moglie, che fa il mio stesso lavoro, ha ricevuto una proposta da Co.So al Pigneto, ho deciso di rientrare anch’io a Roma e mi sono trovato a lavorare in un locale che si chiamava La Moderna. Ho cominciato a organizzare eventi con altri bartender ospiti, ma anche serate musicali a base di swing. Nel momento in cui hanno aperto una seconda sede a Miami, mi hanno mandato in Florida. Per un anno ho gestito entrambi i locali facendo avanti e indietro. Adesso sto al Four Seasons Hotel at The Surf Club, al cui interno c’è il ristorante Le Sirenuse che è collegato al boutique hotel omonimo di Positano”, racconta.
La competizione
A ciascun bartender è stato chiesto quale fosse la più grande passione nell’ambito della creatività (al di là della mixology) e di ispirarsi in qualche modo a essa. “Ho scelto la fotografia. Scatto da sempre perché mio padre era un fotografo professionista e mi ha inculcato un certo interesse per quest’arte” La competizione è durata nel complesso nove mesi, durante i quali Valentino si è misurato con colleghi provenienti da tutto il Nord America. “Ho superato i quarti di finale in casa a Miami, poi le semifinali a Nashville in Texas dove eravamo in 24 e in 12 ci siamo qualificati per la finale di Chicago“.
La finalissima
Nella Windy City si sono tenute le tre prove finali. La prima consisteva nel creare un drink partendo da una serie di ingredienti prestabiliti. Nella seconda i concorrenti hanno presentato, di fronte a una giuria di imprenditori, un progetto da realizzare con il premio in denaro messo in palio. “L’idea che ho portato al cospetto dei giurati è quella di creare un members club per soli bartender: una sorta di scuola privata con libreria, caffetteria e sale per fare training”. Infine c’è stata la terza sfida, quella più importante: la creazione di un cocktail nuovo, a base di Gin Bombay Sapphire, ispirato al tema prescelto.
“Scattare una buona foto significa bilanciare quattro elementi: la luce, le ombre, il soggetto e il contrasto. Per ciascuno di essi ho fatto corrispondere un ingrediente del mio cocktail. Nel caso della luce ho pensato a qualcosa che avesse una relazione col sole e pertanto ho scelto un liquore al bergamotto. Lo Sherry invece è un prodotto che ha bisogno di buio per sviluppare le sue tipiche sensazioni aromatiche. Il soggetto ovviamente era il gin, mentre la parte del contrasto l’ho cercata nella decorazione: una goccia di olio di oliva infuso al cocco e una di aceto balsamico al caffè. L’ho chiamato The decisive moment (il momento decisivo) che è anche il titolo di un libro del grande fotografo Cartier Bresson, in questo caso è l’attimo in cui si crea la connessione tra cliente e bartender”, racconta Valentino.