Borsch russo, polacco e rumeno: sai qual è la differenza per questa corroborante zuppa?
Il borsch è una zuppa tipica dei Paesi dell’Est europeo, contesa da varie nazioni e che presente alcune differenze nella preparazione.
Il Borsch è una zuppa tipica dei paesi dell’est e l’Ucraina ne rivendica fortemente le origini. Questa preparazione a base di carne e barbabietola è infatti oggetto di disputa soprattutto da parte di Ucraina e Russia, tanto che l’Ucraina ha annunciato nelle scorse settimane il lancio di un processo per riconoscere ufficialmente questo piatto patrimonio nazionale e iscriverlo nelle liste del Patrimonio Culturale dell’UNESCO. La zuppa di barbabietole è considerata piatto della cucina popolare di diverse nazioni dell’Europa orientale e la pretesa paternità rivendicata dall’Ucraina è già stata al centro di ripetute controversie. Come sempre accade un piatto tipico è conteso da diverse zone (tutte limitrofe), probabilmente la tradizione fa riferimento a tutte, dato che fanno parte della stessa area geografica.
Origini antiche
Tutta la controversia può essere spiegata dal fatto che il piatto – con questo nome – sia apparso anche prima che i confini di molte nazioni moderne si manifestassero nella forma attuale. la bevanda era aggiunta alla zuppa per conferire il sapore aspro Il borsch o borscht è molto antico: in origine era una pietanza diversa dall’attuale zuppa di brodo di manzo, maiale o pollo con barbabietole. Per esempio a metà del XVI secolo la parola borsch era utilizzata in un contesto totalmente diverso: il borschwitch ordinario o siberiano è infatti un piccolo arbusto, le cui foglie e steli possono essere salati. In Russia, Lituania e Polonia, questa pianta era utilizzata per preparare una bevanda, lo kvas, come testimoniato da libri di botanica medievale conservati in Germania e nei Paesi Bassi. Questa bevanda è stata aggiunta all’antica zuppa borsch, donandogli un sapore aspro, diventato poi molto tipico. Secondo alcuni storici questa pratica era diffusa sia in Russia che in Ucraina, dove era usato lo kvas di barbabietola.
È attestato anche il fatto che nel Medioevo questa zuppa non fosse rossa, perché ai tempi le barbabietole erano gialle o bianche: al colore sanguigno si è arrivati dopo un lungo processo di selezione. Infine il borsch moderno ha davvero molto poco in comune con la versione medievale: in ogni regione in cui questo piatto ha preso piede, si è evoluto in maniera diversa. Vediamo come.
- Borsch ucraino o russo. Rimane la contesa sull’origine di questo piatto tra le due nazioni. Sostanzialmente però le ricette russa e ucraina – con tutte le numerosissime varianti locali – sono molto simili tra loro. Gli ingredienti prevedono barbabietole, carne, pomodori, cipolle, prezzemolo, aneto, aglio, e un’aggiunta di panna acida o yogurt greco. A partire dall’epoca sovietica, apparvero borsch di Mosca e borsch delle zone costiere, con pepe rosso e carne affumicata. Ovviamente anche in Ucraina ci sono molte varianti di questo piatto: c’è ad esempio il Poltava borsch, con i fagioli. In Russia, oltre al borsch di Mosca c’è quello siberiano, il borsch di Rostov, il borsch di Taganrog, che di solito è fatto senza barbabietole, ma solo con pomodori.
- Borsch polacco. In Polonia il borsch è servito tradizionalmente la vigilia di Natale, e lo si utilizza anche come brodo per i ravioli. In questa versione non si usa carne ed è spesso e volentieri arricchita da funghi. Nel borsch polacco si mettono tutte le verdure, incluse le barbabietole, in una pentola capiente con abbondante acqua, si sala il tutto e si lascia bollire almeno un’ora.
- Borsch rumeno. Non è una vera e propria zuppa, ma è un prodotto molto particolare: un preparato fermentato utilizzato per aromatizzare la ciorba, tradizionale minestra rumena densa e acidula a base di carne e ortaggi. Il borsch è aggiunto a fine cottura: è proprio questo preparato infatti a conferire il classico sapore acidulo a questa minestra. Questa variante è tipica soprattutto della Moldavia e della Muntenia. Si prepara con crusca di frumento, farina di mais e pane raffermo (o lievito), rami di ciliegio e levistico (sedano di montagna). Il tutto è lasciato a fermentare per 5 giorni; il suo sapore è aspro e pungente, con retrogusto amaro.