E voi la mangereste la Carbonara al Pomodoro del New York Times?
La ricetta della Smoky Tomato Carbonara ha fatto indignare molti italiani: leggendo la ricetta del New York Times, la mangereste comunque?
Che nel quartetto dei primi romani la carbonara rappresenti il feticcio più affascinante per i palati stranieri, è cosa ormai risaputa. Sarà l’uovo amalgamato a crudo, il colore caldo e pieno, il grasso del guanciale che risalta nei suoi pezzettoni. Fatto sta che, qualche giorno fa, la critica gastronomica del New York Times Kay Chun ha pubblicato con tanto di foto l’ennesima variante della carbonara, la Smoky Tomato Carbonara, che vanta tra gli ingredienti elementi peculiari quali:
- Parmesan al posto del Pecorino Romano
- bacon affumicato al posto del guanciale per dare quel tocco di affumicatura
- pomodoro concentrato e pomodorini ciliegini per aumentare la componente acida
Insomma, una sorta di amatriciana indecisa vestita di tuorli e con tempi di preparazione sballati – o semplicemente, come ha sintetizzato Carlo Verdone, “un gran casino”. Sebbene la Chaun avesse premesso di essere conscia del fatto che pomodoro e bacon nulla abbiano a che spartire con la carbonara classica, l’articolo del New York Times ha scatenato i fanatici di uovo & guanciale prima sulle piattaforme social e poi sui quotidiani sulle due sponde dell’Oceano. Polemiche non nuove, se consideriamo che alcune aberrazioni della carbonara erano già state proposte da Jamie Oliver e Gordon Ramsay, responsabili di piatti di carbonara con aglio, porcini secchi e Parmigiano Reggiano il primo, e di colate di uova gialle il secondo.
Pipero: un piatto giallorosso
Se è vero infatti che la carbonara è un piatto che compare a Roma dopo la guerra e mantiene ancora oggi dibattute le proprie origini, non è travisabile il fatto che alcuni ingredienti siano fondamentali per la riuscita del piatto. Oltre all’uovo, che a seconda delle ricette deve essere utilizzato solo con tuorlo o con l’aggiunta di albumi, il Pecorino Romano e il guanciale sono elementi determinanti sia per la tecnica di preparazione del piatto sia per il risultato in termini gustativi. Interpellato sull’articolo, Alessandro Pipero, considerato uno dei riferimenti assoluti in termini di carbonara, ha prima scherzato sui piatto giallorosso – i colori della Roma, squadra del cuore – per poi sottolineare come, in effetti, il piatto diventi altro dall’originale. Il che è ammissibile, fattibile e anche divertente – a patto di non confondere i lettori e i consumatori. Ovvero, non chiamarla carbonara.
Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, guanciale, sono tutti prodotti ben identificati e ad alto rischio di contraffazione, specialmente all’estero. Tutelare il patrimonio gastronomico nazionale, infatti, passa attraverso la cura e la promozione dei singoli ingredienti, ma anche attraverso la cura nella comunicazione di preparazioni e piatti: l’associazione del nome carbonara ad un piatto con bacon affumicato e pomodoro rischia di diventare la nuova pizza con l’ananas. Sarà anche buona, ma di made in Italy non ha nulla se non quell’Italian sounding nel nome.