Alla scoperta dei sapori: come funziona il gusto umami
L’umami è il quinto gusto, scoperto relativamente di recente in Giappone, e presente in tantissimi cibi che apprezziamo.
L’umami è il gusto scoperto più di recente. Non perché sia una novità: la percezione dell’umami, come quella del dolce, dell’aspro, del salato e dell’amaro, si è sviluppata nel corso di milioni di anni, di pari passo con l’evoluzione umana. Ma, come nei migliori gialli, l’umami era nascosto in bella vista.
La scoperta dell’umami
Il sapore dell’umami corrisponde infatti a ciò che definiamo come saporito: fra i migliori esempi di ricette ricche di umami c’è la pasta con pomodoro e parmigiano. Il nome esotico del gusto dipende semplicemente dal luogo in cui, per la prima volta, è stato identificato: nel 1908, fu infatti il chimico giapponese Kikunae Ikeda a riconoscere e descrivere per primo il quinto gusto. L’umami venne ufficialmente riconosciuto come gusto dalla comunità scientifica nel 1997, in occasione dell’International Symposium on Olfaction and Taste di San Diego – ma le cucine tradizionali ne sfruttavano le proprietà già da migliaia di anni. Ricche di umami sono infatti molti antichi alimenti fermentati, come il garum dell’antica Roma, il murri della cucina araba, le alghe e il pesce essiccato delle ricette tradizionali giapponesi.
Come percepiamo l’umami
Le sostanze che provocano la sensazione di umami sono poche e sono state individuate con precisione: di tratta del glutammato monosodico, derivato dell’acido glutammico, e di due nucleotidi, guanosina e inosina. Si tratta di sostanze prodotte naturalmente dall’organismo umano e da molti vegetali e animali. Ciascuno di questi elementi, da solo, è in grado di produrre una lieve sensazione di umani – ma è quando sono presenti contemporaneamente che l’umami risulta davvero amplificato. Uno degli alimenti in cui ciò avviene è anche il primo in genere assaggiato da qualsiasi essere umano: il latte materno – non è difficile capire perché l’umami sia apprezzato praticamente da tutti!
Quali sono i cibi più ricchi di umami
Altri alimenti in cui l’umami è avvertito chiaramente sono il parmigiano, la salsa di soia, le alghe e il tè verde, il pomodoro e l’aglio, il tonno e le sardine (fresche o conservate), la carne e i funghi, in particolare se essiccati. Utile è sapere che, secondo alcuni esperimenti, la presenza di ingredienti umami consente di ridurre quella di sale, senza che per questo la ricetta perda di gusto. Anzi, l’umami sembra essere in grado di stimolare l’appetito nell’immediato e la sensazione di sazietà nel medio periodo, esaltando il potere saziante dei cibi.
La leggenda della sindrome del ristorante cinese
Eppure l’umami, e in particolare il glutammato, è stato a lungo vittima di cattiva fama. Negli anni Sessanta si ipotizzò infatti l’esistenza della sindrome del ristorante cinese: i piatti ricchi di glutammato vennero accusati di provocare mal di testa e disturbi di vario genere. L’esistenza della sindrome venne in seguito smentita, ma il glutammato viene ancora ingiustamente guardato con sospetto. Ma più che alla sostanza, bisognerebbe fare attenzione a ciò che la circonda: il glutammato è infatti spesso utilizzato per insaporire alimenti di scarsa qualità, dai piatti pronti agli snack confezionati. L’unica colpa del glutammato e dell’umami sembra essere quella di rendere gustoso davvero qualsiasi alimento.