Piatto Ricco: com’è il nuovo programma di Alessandro Borghese?
Dal 1° Settembre, su TV8, è partito il nuovo programma di Alessandro Borghese con Gennaro Esposito, qui le nostre prime impressioni.
“Quando uno è il peggiore lo deve riconoscere”. Alessandro Borghese presenta così, nel promo, il suo nuovo programma in onda dal 1 settembre su Tv8. Piatto Ricco, Nuovo format su TV8 per Alessandro Borghese, sempre in coppia con Gennaro Esposito i cui casting si erano aperti ad agosto, ha tre concorrenti, due sfide e un giudice d’eccezione: chef Gennaro Esposito de La Torre del Saracino. Nuovo format, produzione originale di Banijay Italia, il programma va in onda dal lunedì al venerdì alle 19.30. I 3 cuochi amatoriali competono per un montepremi di mille euro in gettoni d’oro. In una prima manche preparano il proprio cavallo di battaglia, portando da casa gli ingredienti già quasi pronti per la ricetta, da ultimare in soli 15 minuti. Al termine, poi, tutti – giudici compresi – assaggiano i piatti di tutti. Elogiandone qualche pregio certamente. Ma, soprattutto, criticandone apertamente i difetti.
Come funziona il programma?
Lo scopo è uno, autoeliminarsi. O meglio, far ammettere agli altri di essere stati i peggiori e dunque far premere loro il pulsantone rosso sotto al tavolo, per salutare con dignità e lasciare lo studio. L’ammissione di colpa ha i suoi vantaggi, visto che viene corrisposta una parte di montepremi. In caso nessuno si senta in difetto, il giudizio insindacabile spetta proprio a Gennaro Esposito. Che non ha assistito alla preparazione e che, dopo l’assaggio, infila il nome del suo peggiore in una busta. Mandandolo a casa, in questo caso, a mani vuote. Il secondo round è un testa a testa. La ricetta da realizzare è scelta dai giudici e deve essere pronta in mezz’ora di tempo. E la preparazione viene resa un po’ più frizzante da qualche imprevisto. A cadenza, infatti, il pass si alza e si abbassa alle spalle dei concorrenti, che sono costretti a decidere velocemente quali ingredienti utilizzare tra quelli proposti. Al termine, anche qui la possibilità è la stessa: quella di autodenunciarsi come peggiori, portandosi comunque a casa un ristoro economico. In caso contrario, spetta ancora a chef Esposito il compito di stabilire quale sia il piatto migliore e, di conseguenza, il peggiore, decretando il vincitore ufficiale della puntata.
Prime impressioni
A raccontarlo, il programma sembra anche piuttosto avvincente. Perché non prevede soltanto bravura ai fornelli, ma strategia nel cercare di mandare via il concorrente più temibile. O il più facile, a seconda di chi resta in gara. A guardarlo, invece – e ci siamo presi più di una settimana – rischia di risultare un po’ noioso. Due round, il primo in cui i concorrenti portano una ricetta da casa, nel secondo invece preparano un piatto scelto da Borghese e Esposito Se infatti è buono lo spunto iniziale, in cui i concorrenti presentano i propri cavalli di battaglia (questo è il momento buono per prendere qualche appunto), per il resto la fruizione scorre piuttosto piatta. Borghese coinvolge i suoi cuochi, cercando di far raccontare loro aneddoti e storie, soprattutto relative al soprannome di battaglia con cui entrano in cucina. Chiama qui e là in causa anche chef Esposito, andando a parlottare con lui durante la prima e la seconda manche e tornando poi in studio a conclusione dei piatti. Ma salta all’occhio, anzi, all’orecchio, la voce costantemente impostata del cuoco-conduttore, quel tono canzonatorio e teatrale che abbiamo imparato a conoscere su altri programmi. Lo stesso con cui voltandosi verso la camera alle sue spalle, in una specie di miniconfessionale, su 4 ristoranti commentava quel pregio o quel difetto del piatto o della sala. Che qui va avanti per tutta la puntata, scomparendo soltanto in alcuni momenti di palese genuinità dello scambio. Un po’ meno, forse, non guasterebbe.
Per ciò che riguarda le ricette, invece, sufficiente tempo viene dedicato alla spiegazione di quelle portate da casa, dalla genesi a come e quanto vengano apprezzate, mentre pochissimo a quelle scelte dai due cuochi, lasciando allo spettatore il compito di andarsi a cercare le regole di cottura cui fanno spesso riferimento. Ancor meno tempo è lasciato al giudizio, al perché un piatto sia il peggiore, ma soprattutto al come rimediare, eventualmente, per migliorarlo.
Menzione finale, dolente, meritano quindi i concorrenti, al centro del tutto. Difficilmente dimostrano l’umiltà di autoeliminarsi. Il che toglie al gioco, forse, quella dimensione di fair play di cui vorrebbe farsi portatore. In fondo sbagliare è umano. E ammetterlo, per quanto difficile, farebbe decisamente bene.