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I migliori forni delle Lombardia secondo il Gambero Rosso

di Silvia Fratini • Pubblicato 23 Settembre 2021 Aggiornato 14 Ottobre 2021 12:43

Quali sono i forni gli 8 forni della Lombardia che hanno ottenuto i Tre Pani del Gambero Rosso? Scopriamolo insieme!

Il pane racconta storie e accompagna persone. Con la pandemia e gli spostamenti ridotti, le panetterie di quartiere, sempre aperte e odorose di cose buone, hanno avuto un nuovo ruolo nella routine di molti, unguento per il palato e per il cuore. Ma basta poco – una crosta dura o una mollica appiccicosa – perché qualsiasi companatico soffra assieme al commensale. Qualche consiglio giusto spunta dalla Guida Pane & Panettieri d’Italia 2022 del Gambero Rosso, che incorona 50 attività lungo tutto lo stivale con i Tre Pani, il massimo riconoscimento: la più alta concentrazione è in Lombardia, dove sono otto i forni premiati sparsi tra il capoluogo e dintorni. I dettagli li trovate nella Guida, qui vi diamo qualche spunto per una visita.

  1. Voglia di pane – Brescia. Armando Guerini vive la panificazione come un’arte. Ormai stabile nella classifica del Gambero, dalle sue mani escono prodotti dolci e salati fatti con farine di farro, di segale, di amaranto, con caffè, coi ciccioli o con la zucca, chiacchiere di carnevale e croccherine. Oltre al pane, pasta fresca e schiacciata con le patate o con pancetta e cipolle.
  2. Grazioli – Legnano. Per il quarto anno consecutivo sul podio, lo storico panificio di Legnano vive della passione di Nicolò Grazioli, terza generazione alla guida e una grande passione per le lavorazioni con grani duri antichi, che impiega con esito assai felice per la produzione di una gamma amplissima di pani per i negozi di Legnano e Milano. Alla base, un panificio in crescita attento sia alle tematiche ambientali – leggi elettricità e ingredienti – sia a quelle sociali – tra rifugiati politici, tirocinanti e collaborazioni.
  3. Panetteria Rio Dal 1929 – Mantova. Tre ragazzi e un forno con vista sul Mincio: questa sarebbe la sintesi della Panetteria Rio, che nel giro di pochi anni ha portato a Mantova il pane in pagnotta. Elisabetta Szabo, suo fratello Michel, e il compagno, Michele Sganzerla rilevano nel 2018 il forno di via Corrado, e iniziano subito a cambiare il modo in cui le cose vengono fatte: farine macinate a pietra di produttori locali rispettosi dell’ambiente e del produttore, assieme al lievito madre, sono la base di partenza dei lievitati. La lavorazione a mano e prodotti come achillea, caffè e sambuca, completano l’impresa.
  4. Crosta – Milano. Anche qui l’anno domini è il 2018: Simone Lombardi, pizzaiolo, e Giovanni Mineo, panificatore, immaginano e aprono un locale dove mangiare carboidrati a tutte le ore del giorno, prodotti con ingredienti di alto livello e accompagnati da caffetteria e luci soffuse. Il pane conquista uno spazio tutto suo: eretico, di segnale, di grano duro, semi-integrale, coi semi o col cioccolato, con segale e cioccolato. La pizza, alla pala per il pranzo e al piatto per la cena, gioca con hummus, burro, spezie ed erbe fresche, ma questo è un altro campionato.
  5. Davide Longoni – Milano. La panetteria di Davide Longoni è ormai una istituzione a Milano, e non solo in città. Perché oltre ai pilastri della lievitazione naturale e delle farine fatte a regola, l’obiettivo del sistema Longoni è quello di riconnettere il pane alla sua dimensione agricola, accorciando la filiera e controllando il prodotto. Da tre anni infatti il grano utilizzato nei prodotti Longoni proviene dai terreni acquistati e riportati in produzione nella zona sud di Milano, accanto all’abbazia di Chiaravalle, e dai terreni di Loreto Aprutino. Nello stesso progetto rientrano anche l’Integrale, una rivista tutta dedicata alla cultura del pane, e il Madre Project, una scuola di panificazione volta a formare panettieri, recuperare strutture di Chiaravalle e sostenere il quartiere nata da un crowd-funding cofinanziato dal Comune di Milano.
  6. Le polveri – Milano. Cinquanta metri quadri per laboratorio e negozio da condividere in quattro donne. Aurora Zancanaro, che apre LePolveri nel 2017, ha le idee chiare su come gestire il suo panificio: solo lavorazione manuale degli impasti, solo lavoro diurno, solo farine macinate a pietra, solo lievito madre. Con la pandemia e il dehors, sono aumentati i dolci presenti sul bancone, in particolare lievitati da farcire al momento con creme varie. Ma è il pane – ogni giorno diverso secondo una precisa tabella di marcia – il vero protagonista, e se si arriva tardi bisogna aspettare l’infornata del giorno successivo.
  7. Forno Del Mastro – Monza. Adriano e Manuela aprono a Monza il loro forno nel 2017. Dopo le esperienze del primo da Bonci e Romito, apre il panificio imperniando il proprio lavoro sul concetto della condivisione: per questo non propongono le tradizionali michette, ma le pagnotte in formato grande. Da qui nascono poi pani alla segale, alla radice di topinambur, al cavolo nero e al cavolo rosso, fino ad ottenere la certificazione di pane biologico per l’intera filiera di produzione e alla pianificazione di una bottega e un magazzino dedicati ai prodotti biologici.
  8. Forno artigiano Tilde – Treviglio. La tilde è un grafema di accentazione castigliano, un segno di diversità come quello che vogliono portare nella panificazione Simone, panificatore, e Marisol, artista. Dal loro incontro londinese nasce questa bottega immersa nel verde a nord di Treviglio e dedicata sì alla panificazione, ma anche alla riflessione sull’alimentazione. Anche qui, alla base ci sono capisaldi come lievito madre, farine con germe di grano e parte della fibra, una lunga maturazione dell’impasto e una produzione manuale limitata. A questo si aggiunge lo #spaziotilde, dedicato all’ampliamento del discorso su pane e gastronomia, un luogo di scambio culturale attraverso eventi annuali, residenze d’artista, collaborazioni con altre istituzioni e realtà non necessariamente legate al mondo della gastronomia.