Mostarda di Mantova: cos’è e come si prepara?
Cos’è la mostarda di Mantova e cosa ha di diverso rispetto alla mostarda classica? Scopriamo la storia e la ricetta di questa specialità.
Nel vostro lento incedere, passeggiando su piazza delle Erbe, o riparati sotto i portici, in direzione piazza Broletto, non potete non aver voltato la testa anche solo per un attimo. Rimanendo incantati, e copiosamente salivando per un normale riflesso pavloviano, di fronte al tripudio di colori della frutta candita esposta in vetrina. Benvenuti, signori, a Mantova, patria della mostarda.
Le origini della Mostarda di Mantova
Prodotto simbolo, tradizionale e artigianale, la mostarda mantovana trova le sue radici già ai tempi degli antichi romani. Allora si era usi produrre il mustum ardens, il mosto piccante, un condimento a base di mosto di vino, miele e farina di semi di senape, che serviva a conservare a lungo frutta e verdura. Se le prime tracce della ricetta sembrano risalire al 1300, nel Rinascimento la ricetta ottiene lustro. Il mosto viene sostituito con lo zucchero, per confettare la frutta e si ottiene un prodotto “ottimo e ricostituente”, come scrive nei suoi testi la marchesa di Mantova Isabella d’Este.
È in quel periodo, infatti, che la mostarda si trova nelle cucine di corte, a casa dei Gonzaga, signori del Ducato di Mantova. Ed erano gli speziali, farmacisti del tempo, a prepararla insieme a marmellate e confetture, per conservarla poi negli albarelli, i vasi in vetro o ceramica. Bisognerà attendere altri trecento anni affinché la mostarda mantovana diventi un piatto popolare, grazie alla sempre maggiore disponibilità di zucchero e senape. Da lì in poi arriva sulle tavole delle famiglie contadine, preparato soprattutto nel periodo delle festività natalizie, e finisce addirittura nel ripieno dei tortelli.
La ricetta tradizionale della Mostarda di Mantova
Tipica di tutto il territorio mantovano, la mostarda è realizzata seguendo l’antica ricetta tradizionale, con lievi variazioni locali e familiari, a seconda del frutto impiegato. Di solito, per la sua realizzazione, si utilizza frutta leggermente acerba, costituita perlopiù da mele campanine o renette, mele cotogne o pere, ma anche altra frutta o verdura. Tipiche di Mantova sono la mostarda di zucca, di mele cotogne, di pere, di anguria bianca, di fichi, di mandarini, di castagne, di solito abbinate ad insaccati e formaggi più o meno stagionati. A differenza, per esempio, di quella cremonese, la mostarda mantovana ha la caratteristica di non mischiare mai tipi di prodotto differenti. Gli ingredienti, inoltre, come da disciplinare della Comunità della Mostarda Mantovana, che fa capo a Slow Food, sono esclusivamente quattro: frutta, zucchero, succo o buccia di limone non trattato, senape. Più il tempo, necessario per dare il giusto respiro al processo di canditura.
La mela campanina
Com’è antica la mostarda, così è antica la mela che tradizionalmente la compone. La campanina, diffusa tra Mantova e Modena, è una piccola mela dalla buccia sottile e verde, con sfumature rossastre. Non teme il freddo, si conserva a lungo ed è dolce e profumata. Nella zona, dove è coltivata da un esiguo numero di produttori che l’hanno salvata dal dimenticatoio, si utilizza molto nei dolci. Ha ottime caratteristiche antiossidanti, superiori a quelle delle specie omologhe più diffuse.
Come si fa la mostarda mantovana
Come spiega esaustivamente il disciplinare della Comunità, si prevede una canditura naturale della frutta senza passaggio in autoclave. Si tratta, quindi, di mescolare la frutta sbucciata a fette con lo zucchero e limone e lasciarla riposare per 24 ore. Trascorso il tempo, si scola il succo, si fa addensare sul fuoco per una decina di minuti, lo si versa bollente sulla frutta. Dopo altre 24 ore si ripete l’operazione una seconda volta. Quindi, dopo altre 24 ore si esegue una bollitura finale di circa 10-15 minuti della frutta unita allo sciroppo.
Il disciplinare ammette anche la spadellatura, che consiste nel ripassare la frutta nella padella aggiungendo lo sciroppo a piccole dosi, operazione che consente alla frutta di assumere un colore ambrato. La si lascia quindi raffreddare e si aggiungono le gocce di senape. La quantità di senape – da 10 a 15 gocce – varia in base all’azienda produttrice ed all’effetto piccante che si vuole ottenere. Costante della mostarda è il riposo. La frutta viene lasciata riposare tra un passaggio e l’altro della produzione. Prima di essere consumata, avrà bisogno di un altro periodo di riposo in vaso durante il quale l’intensità aromatica della senape potrà moderarsi.
Come si abbina la mostarda
Le mostarda è molto versatile e consente di sperimentare anche abbinamenti insoliti. Gli accostamenti più consolidati sono invece con formaggi stagionati (Parmigiano Reggiano, Grana Padano) o erborinati (Gorgonzola). Un matrimonio consolidato è quello con il bollito misto e regge bene il confronto anche salumi particolarmente grassi o specialità come il cotechino, lo zampone.
I tortelli di zucca
Lo avevamo accennato ed eccoci. La mostarda mantovana è uno degli ingredienti fondamentali dei tortelli di zucca, simbolo della città. Nella farcitura, va da sé, la zucca è proprio quella mantovana, bella arancione, cui vengono aggiunti gli amaretti sbriciolati, il Grana grattugiato e la mostarda, appunto.
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