Sergio Russo, il pizzaiolo siciliano che ha portato i tre spicchi del GR in un centro commerciale
Il suo primato è aver portato una pizzeria Tre Spicchi del Gambero Rosso in un centro commerciale in Sicilia: ecco chi è Sergio Russo.
Chi ci vive avrà molto probabilmente pensato, almeno una volta nella vita, che in Sicilia tutto sembri difficile: difficile viaggiare, trovare lavoro oppure aprire e avviare un’attività. Di certo c’è che, sia in Sicilia o chissà dove, non deve essere semplicissimo portare al successo una pizzeria in cima a una collina, in un borgo medievale lontano dai grandi centri abitati e osteggiato da una lunga (seppur con un panorama mozzafiato) strada in salita e piena di tornanti.
E, forse, deve essere ancora più difficile – in Sicilia così come in qualsiasi altra parte quantomeno d’Italia – portare sull’olimpo nazionale delle migliori pizzerie, quelle a tre spicchi Gambero Rosso, un locale in un centro commerciale, per di più in solo due anni di attività, uno dei quali passato nel bel mezzo della pandemia da Covid-19. No, non sembrerebbero imprese facilissime, anche se, a guardare con quanta naturalezza Sergio Russo c’è riuscito, verrebbe da pensare esattamente tutto il contrario.
Chi è Sergio Russo
Sergio – messinese del 1989 e secondo figlio di una famiglia di panettieri – è patron (insieme al fratello Toni) e mastro pizzaiolo di Verace Elettrica, all’interno del centro commerciale Parco Corolla di Milazzo, a Messina, e anche mastro pizzaiolo della pizzeria-trattoria Da Clara a Venetico Superiore, sempre a Messina, di proprietà del fratello Toni e della cognata Clara. Sergio è, ora, un uomo a sei spicchi, un vero maestro che è riuscito, appunto, a ottenere il massimo riconoscimento della Guida Pizzerie d’Italia 2022 del Gambero Rosso con entrambi i locali: con Da Clara per il secondo anno di fila e con Verace Elettrica, già due spicchi nel 2021, prima e unica pizzeria d’Italia all’interno di un centro commerciale ad riceverne tre.
Ciao, Sergio. Esiste un ostacolo più grande di noi stessi verso la nostra realizzazione?
Diciamo di no. Io credo che possiamo arrivare a qualsiasi livello vogliamo, in qualsiasi cosa. Ma l’obiettivo non deve essere solo un progetto, un programma ma un’ossessione. Se vuoi ottenere quello che ti prefissi, devi essere ossessionato, non devi dormirci la notte. Come una malattia. Mi succedeva davvero che non prendessi sonno, perché avevo il cervello sempre in moto. Così come spesso capita anche che devi trascurare la famiglia.
Come ti è venuto in mente di aprire una pizzeria così verace in un centro commerciale?
È stata una scommessa. Da Clara eravamo già stati premiati come pizzeria napoletana migliore in Sicilia – e ora siamo nella top 10 per Gambero Rosso. Inizialmente mi sembrava che fosse quasi facile. Nel senso, è più semplice quando fai un grandissimo prodotto in un luogo (Venetico Superiore NDR) con un castello dell’800 e una fontana del ‘700. Invece, in un posto del genere era una missione. Lo abbiamo visto come quasi un progetto di divulgazione. Oggi, siamo divorati dal progresso, dal consumismo e dal comodismo. Allora mi sono detto Perché non mettermi insieme alla gente, anche quando fa shopping?. Devi stare attento però, perché in un centro commerciale non ti approcci sempre a un pubblico disposto a spendere di più. Ma se vuoi fare un prodotto che punti all’eccellenza, devi alzare l’asticella. La scommessa era questa ma sono stato ben capito. E ce l’abbiamo fatta anche con un anno e mezzo di pandemia.
Quindi è stato difficile affermarti con Verace Elettrica, ottenere il tuo sesto spicchio? E cosa hai imparato e stai imparando da questa esperienza?
Siamo la prima pizzeria ad aver ottenuto tre spicchi nella guida Gambero Rosso a trovarsi in un centro commerciale. Diciamo, però, che non è stato così difficile, perché sapevo come fare. Infatti, nel primo anno abbiamo avuto due spicchi. E ora tre. Ho imparato a non dare mai nulla per scontato: un giorno sei sulla cresta dell’onda, quello dopo ti puoi ritrovare a non essere più nessuno. Bisogna dare sempre il massimo e cercare di non deludere mai il cliente.
Vieni da una famiglia di panettieri, nel tuo percorso sei passato anche da Cambridge, dove – oltre che pizza chef – sei stato anche restaurant manager; hai fatto di Da Clara, insieme a tuo fratello Toni, a sua moglie e a tutto il vostro personale, una pizzeria che fa un prodotto eccellente. Questa e Verace Elettrica sono il tuo presente, ma ora dove stai andando?
Faccio questo lavoro da 12 anni. L’anno a Cambridge mi è servito a formarmi a livello manageriale. Tornato qui, ho messo in pratica l’organizzazione e la gestione aziendale che ho trovato all’estero. Poi, studiando un prodotto di qualità, facendo 1+1, siamo riusciti a fare ciò che oggi facciamo. Il progetto per il futuro è rafforzare il brand, provare a replicare il progetto. Farlo al meglio e creare, direi, una struttura, puntare a essere nelle città più importanti con lo stesso prodotto, la stessa qualità.
Da messinese, hai mai pensato di confrontarti più direttamente con le due tradizioni della tua città così importanti, quindi con la focaccia e la pasticceria: magari con un prodotto in teglia e pizze dolci?
No. Perché credo che sia giusto valorizzare l’intera penisola. Prima di essere siciliani, siamo Italiani e vogliamo valorizzare tutto il nostro Paese, anche per avere una carta sempre attuale.
Da Verace Elettrica proponi un impasto classico, due alternativi (uno integrale, multicereale, prezioso con riso artemide; e uno con grano evolutivo, mais, semi di girasole, lino e chia) e uno gluten free. Ne stai pensando uno nuovo?
Siamo pronti per un menu importante per l’inverno. Puntiamo ad aumentare la proposta ma sempre gestendo al meglio quello che facciamo.
Senti di aver trovato l’impasto perfetto? Finirai mai di studiare e fare ricerca?
La perfezione secondo i nostri canoni. Magari non è il più buono del mondo ma per noi è l’impasto perfetto. Abbiamo puntato sempre su una gestione, un’attenzione maniacale. Io impasto una volta ogni tre mesi circa. A occuparsi di questo ci pensa soprattutto Vincenzo Tomasello. Certo, la ricerca sull’impasto non smette mai ma arriva un momento in cui lavori sugli ingredienti, sul sorprendere il cliente.
L’importanza per te di formati diversi come la pizza al padellino e la pizza pane (base infornata senza ingredienti e condita da cotta) di Non chiamatemi Margherita?
Queste le vedo come proposte alternative, come quasi un antipasto. Quando chiudi gli occhi e ti immagini una margherita, ti viene in mente una pizza napoletana; non, che so, un padellino con la bufala cotta a bassa temperatura, o una teglia di focaccia. L’immaginario collettivo della pizza deve essere questo. Al massimo tre o quattro ingredienti. Non mi piace esagerare, elaborare troppo una ricetta. La nostra pizza la vogliamo semplice, del popolo.
Quanto un pizzaiolo deve sapersi affidare all’impasto, ai batteri del lievito madre, al gesto? È forse anche questo il segreto della bontà della pizza, che ognuna, per quanto preparata sempre dalle stesse mani, risulta tutte le volte, magari impercettibilmente, diversa?
Sicuramente l’artigianalità fa tanto. Ma una formazione del personale fatta bene fa la differenza. La vera vittoria è non far trasparire chi ha stesa quella pizza in particolare. L’obiettivo è sembrare tutti una sola mano.
Per te qual è la pizza più importante? La migliore che hai servito o quella che stai per infornare?
Quella che ancora devo fare. Ancora è presto per fermarci. Siamo una realtà giovane e sono convinto che il futuro ci riserverà grandi cose. In cinque anni siamo partiti con quattro, cinque dipendenti ora siamo 42, nei in due locali.
Qualche parola sulla tua famiglia e su tuo fratello Toni, in particolare?
Inizialmente aprivamo Da Clara solo il week end. E può risultare un azzardo chiedere impastatrici, investimenti per un locale che lavora due giorni alla settimana. Ma mio fratello è stato lungimirante, ha visto cosa avremmo potuto fare insieme.
Al di là di tutto, dei sei spicchi, di lievitazioni e alveoli perfetti, chi è Sergio Russo?
Una persona molto lunatica; un giorno sta bene, un giorno sta male. L’idea del perfezionismo fa stare male. La perfezione forse non esiste ma tu vuoi comunque raggiungerla. La vivi male. Ci tengo però a dire che io sono uno, intendo che non faccio tutto io, che non posso fare tutto da solo ma che siamo una squadra. Il brand non è Sergio Russo da solo ma tutta la brigata, cucina e sala. Non bisogna dimenticarlo mai. Tutte le pizze, gli antipasti, le bibite servite sono opera di ognuno. Quindi anche i riconoscimenti sono di tutti. Io posso essere bravo a formarla, ma è sempre un lavoro di squadra. Inoltre, ripeto, stiamo improntando per espanderci, quindi serve ancora di più un gran lavoro di squadra e credere insieme nel progetto.