Mazzafegato, l’ultimo salume che si produce
Una salsiccia povera, tipica della zona dell’alta Valle del Tevere: ecco la storia e le caratteristiche del Mazzafegato.
Fino a pochi anni fa era considerato un parente povero della salsiccia. Ultimo insaccato a essere prodotto alla fine della lavorazione del maiale, il mazzafegato è tipico del centro Italia, massima espressione della zona dell’Alta Valle del Tevere, al confine tra Umbria, Marche e Toscana. Prende, a seconda della provenienza, un nome diverso: lo conoscono come salsiccia matta i marchigiani, lo chiamano sanbudello i toscani, è quindi il mazzafegato, appunto, per gli umbri. Un nome, quest’ultimo, che potrebbe derivare sia dalla presenza del fegato nell’impasto, sia dal fatto che, trattandosi di un prodotto non proprio delicato, ammazzerebbe decisamente quest’organo. Deputato, tra le altre cose, alla sintesi del colesterolo.
Quando si produce il mazzafegato
Ogni famiglia che possedeva suini, nella stagione della macellazione produceva mazzafegato. Tradizionalmente nella stagione invernale, cioè nel periodo compreso da novembre a marzo. Preparare e consumare insieme queste salsicce stava all’esperienza di ogni famiglia. Ma mentre gli ingredienti di base erano e sono sempre gli stessi, cioè le carni altrimenti non utilizzate come fegato, cuore, polmone, milza, lingua insieme agli scarti di altre lavorazioni – la cosiddetta ripulitura da banco -, il tipo di speziatura variava e varia a seconda del produttore. Ognuno, infatti, custodisce i propri segreti, che di solito vengono tramandati oralmente in famiglia.
Come si prepara
In generale il mazzafegato si prepara tritando grossolanamente le carni, cui si aggiunge un 15% di fegato e una parte di cotenna. Poi all’impasto si mescolano sale, pepe, un po’ d’aglio, scorza di limone e/o di arancia e soprattutto fiori di finocchio, caratteristici di questo salume. Una volta terminato si fa quindi riposare l’impasto e si insacca poi nel budello naturale di suino, detto torto. Con la legatura manuale – si usa lo spago – si formano salsicce da circa 10cm di lunghezza per 3cm di diametro, che vengono fatte asciugare per una decina di giorni. Il risultato è di colore piuttosto scuro.
Il Presidio Slow Food
Soprattutto in Umbria, tra Città di Castello e Umbertide, alcuni macellai continuano a produrre il mazzafegato per la comunità locale. Non hanno mai abbandonato il consumo di questo salume, che oggi è protetto da presidio Slow Food. L’intento, ovviamente, è quello di valorizzare il prodotto, riunendo il 7 produttori che ne portano avanti la tradizione utilizzando carni di provenienza locale.
Come si mangia il mazzafegato
Sempre tradizione umbra suggerisce, per questo insaccato, una perfetta cottura alla brace, accompagnando il mazzafegato con erbe di campo, cotte o ripassate e pane casereccio. Poiché, però, la ricetta varia a seconda dei produttori – e dunque a seconda delle loro storie familiari – soprattutto per ciò che riguarda le spezie, è possibile trovare mazzafegato di sapori diversi, più o meno forte, più o meno dolciastro. C’è anche chi, infatti, ne suggerisce una versione più dolce, aggiungendo pinoli, cannella, vino, uvetta sultanina, zucchero all’impasto.