Amandula: cuore dolce italiano a Città del Messico
Un romano, una messicana e il loro grande sogno: preparare maritozzi e gli altri dolci italiani a Città del Messico.
Il verde della granella di pistacchio, il bianco candido della panna, il rosso dei lamponi disidratati: il tricolore che sventola (figuratamente) in questi giorni a Città del Messico è più dolce che mai, e segue le nuance naturali dei prodotti usati per farcire dentro e fuori i maritozzi di Amandula. Ebbene sì, il dolce romano per eccellenza, a lungo rimasto entro i confini del GRA e da qualche mese al centro dell’attenzione gastronomica di tutto il mondo – da Cagliari a Tokyo, per dire – è arrivato anche nella capitale messicana. A importarlo in America Latina sono stati Luigi Brienza e Giovanna Abaunza Cervantes, la coppia italo-messicana dietro ad Amandula, piccolo laboratorio artigianale nato con l’obiettivo di proporre una pasticceria italiana contemporanea in una città dove le alternative ai dolci di stampo tradizionale messicano sono rappresentate quasi esclusivamente dalla patisserie francese. “L’idea del maritozzo è nata in occasione della nostra ultima visita a Roma, la scorsa estate, – raccontano i due – Qui nessuno li aveva mai proposti. Ma l’intero progetto si basa sull’idea di differenziarci riprendendo la tradizione della pasticceria italiana interpretata in chiave moderna”.
Il legame con Roma, in particolare, è molto forte per i due e dà lo spunto per raccontarne la storia: Luigi è nato e cresciuto nella Capitale, dove lavorava nel settore informatico, ed è a Roma che si sono conosciuti. Giovanna, nata a Guanajuato ma cresciuta a Città del Messico, aveva fin da piccola il sogno di venire in Italia, oltre a quello di lavorare come pasticciera. Ma, visto che la pasticceria è soprattutto francese, alla fine aveva puntato sulla Francia, per frequentare l’École Nationale Supérieure de Pâtisserie di Ducasse a Yssingeaux, vicino Lione. Tornata in Messico con il suo bagaglio di conoscenze, ha deciso però di seguire anche l’altra sua passione – quella per l’Italia e in particolare per la Capitale – e nel 2011 è andata a Roma per seguire un corso di Food Design allo IED, per esplorare gli aspetti più creativi del cibo. Senza per questo dimenticare il suo obiettivo: così, tra una lezione e l’altra e grazie agli incontri con persone del settore, è finita a lavorare alla manifestazione Taste come supporto di cucina, trovandosi al fianco di Andrea De Bellis. “Mi ricordo che l’aiutò a preparare un bignè al tè verde” specifica Luigi, che nel frattempo era entrato nella vita di Giovanna chiudendo il cerchio della sua storia d’amore con Roma.
Così lei ha iniziato uno stage con il pasticcere romano e, dopo una parentesi in Messico, nel 2014 è tornata a Roma per sposare Luigi iniziando a seguirlo in giro per l’Italia come richiedeva il suo lavoro. Tra le tappe fondamentali, quella a Torino, dove è rimasta affascinata dalla tradizione dolciaria e cioccolatiera sabauda, complice anche un workshop con Guido Gobino. “In quegli anni il nord era parecchio più avanti, rispetto a Roma, sulla pasticceria, e ci ha aiutato a capire meglio cosa volessimo fare. – prosegue Luigi – Mentre Giovanna approfondiva la conoscenza su tecniche e prodotti, io ho iniziato a seguire la mia passione per la fotografia, anche grazie alla conoscenza con Paolo Grinza, food photographer di Plastikwombat”. Nasce, così, l’idea di unire le rispettive competenze in un proprio progetto dolce, inizialmente a Roma.
Presto però si scontrano con le difficoltà imprenditoriali e professionali tutte italiane e iniziano a pensare di cambiare prospettiva: perché non stabilirsi in Messico, portando lì il loro cuore italiano? Così, nel 2017, si imbarcano su un volo di sola andata per Città del Messico: “Io avevo 36 anni ed ero un po’ stufo del mio lavoro, Giovanna ne aveva 35. Abbiamo deciso di provare, io ero già stato qualche volta a trovare la sua famiglia ma mi ci è voluto un po’ per ambientarmi: dalla lingua – non basta capire a spanne lo spagnolo e aggiungere la esse finale alle parole – alle abitudini, come ad esempio il lungo cerimoniale di convenevoli che qui deve necessariamente precedere ogni tipo di domanda”. Nasce così, inizialmente, il progetto di My Pastry Lab che concretizzava l’idea dell’omonimo blog di pasticceria già aperto dai due sfornando tarte, éclair e macaron da vendere nei popolari bazar del fine settimana, dove giovani designer, artigiani e cuochi propongono i loro prodotti. “Ma non è una formula adatta alla pasticceria, Giovanna lavorava tutta la settimana per preparare ed era difficile prevedere le quantità rischiando di buttare ingredienti e prodotti”.
Così decidono di concentrarsi sui social, creando attraverso un attento lavoro di immagine e contenuti una base affezionata di clientela soprattutto tra i nostalgici expat europei. I messicani, raccontano, sono molto conservatori sui dolci, sono legati ai postres della tradizione che sono principalmente pani dolci: dalle soffici conchas che sembrano conchiglie ai churros fritti, per non parlare del pan de muertos preparato per il dia de los muertos, sorta di brioche decorata da ossa di impasto. L’obiettivo è aprire un negozio, ma due eventi rallentano il processo: prima la nascita di Luce, la loro bimba di due anni, e poi la pandemia. “Ci ha fermati ma è stata anche l’occasione per ripensare a quello che stavamo facendo, spostando l’attenzione sulla pasticceria italiana che ci rappresentava di più. Oltre a provare tanti dolci nuovi, abbiamo ideato il nuovo nome e il logo disegnato dal cugino di Giovanna, architetto, che riprende il fiore di mandorlo in maniera stilizzata. Amandula infatti rimanda a “mandorla”, uno degli ingredienti protagonisti della pasticceria di Giovanna, e almendrita è anche il soprannome con cui chiamiamo la nostra bimba; ma nasce anche dalla lettura di un libro sul significato degli alberi, secondo cui il mandorlo rappresenta l’essenziale racchiuso dentro al superfluo”.
In attesa di riuscire ad aprire una caffetteria italiana in cui servire i dolci accanto a caffè e cappuccini, prosegue quindi la vendita (tramite prenotazioni online e consegne nel weekend) di dolci che uniscono tecniche contemporanee e tradizioni italiane, realizzati spesso con ingredienti locali come il maracuja protagonista di torte ed éclair, la vaniglia locale – quella pregiata che cresce a Papantla, nello stato federale di Veracruz -, i lime che spesso sostituiscono il limone e la panna, dal tartamisù (monoporzione di crostata al tiramisù, con base di frolla al cacao, crema al mascarpone e savoiardi al caffè) alla torta mimosa farcita con cioccolato bianco, fragola, limone e mandorle, decorata da piccole meringhe gialle anziché dal classico pan di Spagna. Ma pure l’originale e bellissima tarta di barbabietola e fichi, nata dalla passione di Giovanna per l’ortaggio e dalla stagionalità. È una novità la Torta della nonna, ispirata da quella di Gianluca Fusto, insieme appunto ai maritozzi che strizzano l’occhio ai pan dulces messicani, ma con piglio tutto italiano. Anzi romano, a cominciare dalla carta stampata con il logo di Amandula e un’ape – che rimanda a un sonetto di Trilussa sulla felicità – con cui incartare il classico vassoio domenicale, nella Colonia Roma di Città del Messico resa famosa dal film di Cuarón come a San Giovanni.