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Ristorazione: come evitare la piaga del NO SHOW

di Marta Manzo • Pubblicato 14 Maggio 2023 Aggiornato 25 Maggio 2023 10:23

Il cliente che prenota e non si presenta è una piaga che affligge tutto il settore, in ogni tipo di locale. Contro il no show ogni ristoratore si è organizzato a modo suo, perché non esiste una regolamentazione in merito. È un problema che si può risolvere? Secondo noi sì. Ecco la nostra riflessione.

No show. Tradotto in italiano, il cliente che prenota e poi non si presenta. Succede dappertutto, in pizzeria, nel fine dining, in trattoria, all’all you can eat. Un click sul gestionale e la pratica è archiviata, ma mica tanto. Perché quella del no show è una vera e propria piaga per il settore. E non affligge soltanto i ristoratori, ma anche gli stessi commensali. Seguite il ragionamento.

Non raggiungere il Break Even Point

A chef is cooking in his restaurant's kitchen. Shot through the glass. High-end gourmet restaurant.

Lato azienda, con l’occhio del marketing, il no show impatta sul cosiddetto break even point, il punto di pareggio. Significa che il locale, che è a tutti gli effetti un’azienda, deve vendere un dato numero di prodotto per coprire quelli che sono i suoi costi: materie prime impiegate e trasformate, dipendenti, fornitori e così via. Nell’ormai lontano 2018, la piattaforma The Fork aveva stimato il calo di fatturato dovuto al no show in una forbice compresa tra il 5 e il 20% di mancato guadagno.

Ripercussioni sui clienti

Two empty wine glasses sitting in a restaurant on a warm sunny afternoon.

E ora veniamo al lato cliente: dimenticare, spesso anche intenzionalmente, di disdire una prenotazione affetta anche gli stessi commensali. Quelli già seduti in sala, che in futuro si troveranno a “scontare” le colpe dei loro omologhi. Quelli potenziali, che avrebbero voluto occupare le stesse sedie, poi rimaste miseramente vuote. Come si esce da questo loop?

Come sopravvivere al no show

friendly waitress taking order on phone at restaurant and writing on notepad during the day

Nel tempo ristoratori, piattaforme, gli stessi clienti hanno deciso di adottare soluzioni disparate. Non c’è ancora, in effetti, una direttrice che indichi la strada migliore. Tra i locali c’è chi ha scelto (si legga si è trovato obbligato) di procedere al recall quotidiano delle persone che hanno prenotato per quella data. C’è chi ha optato per una serie di reminder automatici, che arrivano già a partire dai giorni precedenti, grazie ai contatti richiesti in prima battuta. Chi ha inserito la tanto vituperata prenotazione rafforzata: una clausola, cioè, d’obbligo di registrazione della carta di credito in fase di prenotazione, con il pagamento di una penale in caso di no show. Prenotando, in pratica, si firma un contratto. E poi c’è chi, ed è spesso il caso delle piattaforme, ha inserito un programma di premialità: se non fai no show ti diamo punti fedeltà. Funziona molto bene all’estero.

Comunicazione come risoluzione

Elegant people are arriving at the restaurant's table. A waiter is welcoming them.

Se ci avete fatto caso, in questo discorso sta mancando un elemento a nostro avviso fondamentale: le persone. Ogni volta che clicchiamo il tasto prenota, che alziamo il telefono per bloccare un tavolo, stiamo certamente bloccando un servizio, esattamente come faremmo per qualsiasi altra attività.

Non entreremo nel merito di un fatto puramente educativo di rispetto dell’altro in quanto tale, quello cui si dovrebbe puntare in primis in qualsiasi relazione. L’immagine mentale che però non dovremmo mai dimenticare, anche nell’atto meccanico di un click, è che dall’altra parte dello schermo ci sono persone. Persone che lavorano. Banale, vero? Eppure.

.cameriere prende l'ordine al bar

Non fraintendete, non è un’elegia nei confronti dei ristoratori. Una volta si diceva che il cliente ha sempre ragione e in parte è ancora così. E proprio perché siamo clienti anche noi, in primis, il messaggio che vogliamo passare è che la pratica del no show, ancor più quando dolosa, incrina un canale di comunicazione. Tra, lo ripetiamo, persone. Non ci serve neanche scomodare la biblica regola d’oro del fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te, ma l’idea generale è più o meno quella. E vale per tutti i protagonisti.

Per tornare, dunque, alla domanda centrale su come evitare la piaga del no show, la risposta, secondo noi, è comunicare. Dal lato dei ristoratori, magari con una formazione apposita, per l’apertura e la creazione un rapporto di fiducia con il cliente, anche quando soltanto di passaggio. Che quindi si sentirà (si spera) considerato, e dunque scoraggiato dal comportarsi male. Al contrario, mai canzonarlo, in pubblica piazza sui social, né esclusivamente lamentarne il comportamento scorretto minacciando penali e coercizione: il rischio di prenotazioni finalizzate al no show si impenna ulteriormente. E quello di perdere clienti altrettanto.

Sala di un ristorante

Allo stesso modo, anche dal lato di questi ultimi – cioè il nostro, il vostro – serve una concreta educazione all’empatia. Con tutta la squadra, ben oliata e armonica, che compone il locale: la cucina, la sala. E con voi (noi) stessi, gli altri, in quanto clienti. Se può aiutare, proiettatevi su quale sarebbe la reazione se qualcuno si comportasse così con voi mentre state lavorando. Per cui, anche quando avete prenotato e potete disdire online, cercate anche di telefonare. Vi aiuterà, fisicamente, l’atto di sentire, di ascoltare, di registrare mentalmente che c’è una voce dall’altra parte. A riconoscere, perciò, che state – stiamo – parlando con una persona. Perché è questo stiamo facendo: ancor prima che di cibo, stiamo parlando di persone.