Funghi velenosi: forse esiste un antidoto. Alcuni medici dicono di aver trovato la soluzione
Ogni anno, l’amanita falloide e i suoi vari cugini mietono vittime ignare. La tossina contenuta nei funghi, infatti, non ha ancora un antidoto. Tutto potrebbe cambiare con un nuovo studio dell’Università Nazionale Sun Yat-sen, in cui è stato identificato un possibile trattamento per ostacolare l’effetto dell’alfa amanitina.
Raccogliere funghi può essere un hobby molto gratificante, specialmente quando i risultati arricchiscono la propria tavola. La soddisfazione di trovare, cucinare e mangiare funghi selvatici non ha paragone con quella di comprarli già pronti al supermercato. Tuttavia, dietro a una semplice scampagnata nei boschi può nascondersi una grande pericolosità: i funghi velenosi.
Il rischio amanite
La maggior parte delle morti da ingestione di funghi velenosi provengono dalla tignosa verdognola, conosciuta anche come amanita falloide. In generale, il gruppo delle amanite è quello più pericoloso, in quanto contiene questa specie di funghi è ricca di una tossina: l’alfa amanitina.
Terence Delaney, un biologo e micologo dell’Università del Vermont, sostiene che al giorno d’oggi non ci sia un antidoto capace di eliminare in fretta questa tossina. In verità la situazione è molto migliorata rispetto al passato, l’indice di mortalità di chi ingerisce questa tossina è passato da più del 50% al 10-15%, ma i rischi seri persistono. L’alfa amanitina infatti, dopo l’ingestione, viene trattata dal personale medico con l’idratazione, in modo che sia possibile espellerla attraverso le urine. La maggior parte dei pazienti però non migliora neanche quando è ormai fuori pericolo, dovendo ricorrere a trapianti del fegato.
Delaney si dice poco convinto di tutti i possibili antidoti sperimentati fino ad oggi, ma un nuovo studio appena pubblicato potrebbe fare la differenza.
Un approccio genetico
L’alfa amanitina funziona così: la tossina ostacola la produzione di mRNA, di cui il corpo umano si serve per produrre proteine. Senza la produzione di proteine, i danni diventano presto catastrofici, specialmente al fegato.
Il modo esatto in cui l’alfa amanitina riesca a fare ciò è tuttavia ancora avvolto nel mistero, dice Qiaoping Wang. Wang è un farmacologo e tossicologo presso l’Università Nazionale Sun Yat-sen, dove studia gli effetti delle tossine con un’attenzione verso i genomi. In un recente studio suo e dei suoi colleghi pubblicato in Nature Communication afferma di aver trovato una possibile molecola per contrastare gli effetti dell’alfa amanitina.
I ricercatori hanno preso in analisi migliaia di diverse cellule umane private di specifici geni. Le hanno poi esposte all’amanita per vedere quali riuscivano a sopravvivere meglio. Il risultato ha isolato il gene STT3B come quello la cui assenza aiutava di più le cellule a riprendersi. Questo, secondo il team di Wang, significherebbe che il gene STT3B aiuta in qualche modo l’alfa amanitina a entrare nelle cellule. Per questo motivo, se soppresso, rallenterebbe gli effetti dell’avvelenamento.
Il passo successivo è stato quello di trovare una sostanza per sopprimere il gene. I ricercatori hanno scelto il verde indocianina (ICG), una tinta già usata in medicina e approvata dalla U.S. Food and Drug Administration. Hanno poi iniettato sia il verde indocianina e la tossina in esemplari di topi e riscontrato che la somministrazione di ICG mitigava effettivamente i danni al fegato.
Funghi velenosi e tempistiche
Si tratta di uno studio molto importante, già lodato e chiacchierato in ambito scientifico. Tuttavia, il verde indocianina sarebbe efficace solamente se somministrato entro le prime quattro ore dall’ingestione del fungo. Purtroppo, i pazienti solitamente si accorgono di avere qualcosa che non va solo dopo circa otto ore.
Anche per questo motivo Delaney si occupa, insieme a molti altri professionisti del settore, di un gruppo Facebook chiamato Poison Help; Emergency Identification for Mushrooms & Plants. Il loro scopo è quello di aiutare le persone a identificare possibili funghi velenosi il più in fretta possibile tramite foto e descrizioni. Le loro risposte arrivano di solito entro 15 minuti, tempistiche che potrebbero salvare la vita e il fegato di qualcuno.