Gli under 35 preferiscono il cibo a base vegetale
Spopola la dieta plant based tra le nuove generazioni, ma non si tratta solo di una moda passeggera. Gli under 35 infatti sono informati e attenti all’ambiente, determinati a consumare cibi con un impatto ecologico più basso. E con queste abitudini alimentari, si potrebbe anche salvare il Pianeta.
Emissioni di gas serra, siccità, alluvioni. Ormai il cambiamento climatico è sulla bocca di tutti, ma c’è un’area demografica particolarmente attenta al futuro del nostro pianeta. Si tratta degli under 35. Un nuovo studio ha rivelato che questa generazione consuma i prodotti plant-based abitualmente, ritenendo di rendere la propria dieta più sostenibile.
Il plant-based nelle abitudini alimentari
Per gli under 35, si parlerebbe in media di consumare prodotti di origine vegetale oltre 2-3 volte a settimana. Questi i dati emersi da uno studio del Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food in occasione del 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente.
Un’altra ricerca, condotta da UIF e AstraRicerche, mostra come il 75% degli under 35 considera alimenti plant-based più sostenibili dell’alternativa animale e li sceglie come parte della propria dieta regolarmente. Per il 65% degli intervistati, si tratta di un’abitudine ormai cementata e non una semplice moda da seguire.
Salvatore Castiglione, Presidente Gruppo Prodotti a base vegetale di Unione Italiana Food, spiega come il 47% degli italiani siano a conoscenza che i prodotti di origine vegetale hanno un’impronta ecologica tra le più basse del mondo alimentare. Aggiunge poi che il 46% sa anche di come questi prodotti consumino meno risorse naturali (suolo, acqua, energia).
Dunque circa un italiano su due è consapevole dell’impatto ridotto dei plant-based. Se si guarda agli under 35, questi numeri salgono ancora di più. Il 73% dei giovani dichiarano di conoscere la composizione esatta dei prodotti green, il 40,4% li sceglie come parte abituale della propria dieta e il 66,5% li considera un “aiuto per il Pianeta”.
Under 35 attenti all’ambiente
Il 66% degli under 35, secondo dati UIF e Gruppo Prodotti a base vegetale, dichiara di aver cambiato abitudini alimentari negli ultimi 5 anni, anche a causa dell’impatto del cibo sull’ambiente. Si tratta di un’attenzione all’ecologia fortemente radicata in queste generazioni più giovani, documentata anche da esperti.
Il sociologo Mauro Ferraresi cita una vasta letteratura già esistente che dimostra come gli under 35 siano molto più attenti a concetti come sostenibilità ed economia circolare. Ferraresi attribuisce questo interesse a diversi fattori. “In primo luogo, le nuove generazioni sono cresciute in un’epoca in cui le questioni ambientali e il cambiamento climatico hanno assunto una grande rilevanza, essendo oggetto di ampi dibattiti pubblici”. I più giovani quindi hanno recepito informazioni sul cibo e il suo impatto sin dalla tenera età, cosa che li ha resi più recettivi a cambiamento e nuove strategie agroalimentari.
Per questo motivo il 43,4% degli under 35 ritiene il plant-based più sostenibile e il 36,3% apprezza l’utilizzo di ingredienti a basso impatto ambientale.
Cos’ha da dire la scienza
Ma sarà vero? I prodotti plant-based sono effettivamente più amici dell’ambiente rispetto alle alternative animali?
Così dicono gli esperti. Sostituire una porzione di tofu alla carne 1-2 volte a settimana contribuisce a emettere nell’atmosfera solo 12kg di CO₂ l’anno. Le bevande a base di mandorla avrebbero un impatto di 10kg, mentre quelle a base di riso di 18kg. Si tratta di quantitativi ben inferiori ai risultati prodotti dai loro competitors animali.
Ludovica Principato, Professoressa Aggregata in Gestione Sostenibile di impresa presso l’Università di Roma Tre, si fa promotrice di una dieta “flexitariana”. Secondo Principato, includere maggiori quantità di verdure, legumi, frutta e cereali integrali nella propria alimentazione consentirebbe di dimezzare le emissioni di gas serra in Italia. Si arriverebbe infatti a 98Mt CO₂, invece di 187, scendendo addirittura a 77 con una dieta vegetariana. L’acqua risparmiata ammonterebbe a 3,6 milioni di piscine olimpiche (4,4 con la dieta vegetariana) e si ridurrebbe la perdita di biodiversità del 40%.
Il tutto, ovviamente, senza dover rinunciare completamente a carne e altri sfizi.