Home Guide di cucina Tang zohng e Yudane, le tecniche giapponesi che devi imparare per ottenere impasti soffici e setosi

Tang zohng e Yudane, le tecniche giapponesi che devi imparare per ottenere impasti soffici e setosi

di Daniela Anguilano 30 Maggio 2024 14:15

La globalizzazione culinaria ha portato, nei paesi asiatici e soprattutto in Korea del Sud, alla nascita di scuole di panificazione che ogni giorno sfornano baguette, pan brioche, ecc., che non hanno nulla da invidiare ai prodotti d’Oltralpe… anzi. Qui parliamo di due tecniche di panificazione, il Tang zohng e lo Yudane, con cui realizzare lievitati esteticamente perfetti e super instagrammabili.

Nell’articolo sul perfetto panino da hamburger abbiamo visto che esistono delle tecniche di panificazione basate sulla gelatinizzazione degli amidi, il Tang zohng e lo Yudane, che permettono di ottenere impasti – sia dolci che salati – morbidi e setosi anche nel caso in cui si vuole ridurre la quantità di grassi o utilizzare farine poco glutiniche.

Oggi vogliamo entrare più nel dettaglio, facendo anche qualche cenno storico sull’origine di queste tecniche, accessibili anche al panificatore casalingo medio, e darvi come bonus due ricette da realizzare con uno e con l’altro metodo.

Tang zohng

Utilizzata per la preparazione di molti pani asiatici tra cui l’hokkaido, questa è una tecnica a cottura diretta – resa nota dalla pastry chef Yvonne Chen – che prevede per l’appunto la cottura a 65°C di una parte della farina e del latte/acqua (in rapporto 1:5, una parte di farina e 5 di liquido) previsti dalla ricetta, fino a ottenere un roux da aggiungere – una volta raffreddato – al resto degli ingredienti.

Il Thang zohng (湯種), dunque, non è altro che uno starter per delle fermentazioni che, gelatinizzando una parte dell’impasto, aiuta quest ultimo a trattenere l’umidità anche dopo la cottura, permettendovi così di ottenere un prodotto finale estremamente “fluffy” e che manterrà questa sua morbidezza per giorni.

Non ci credete? Eccovi una ricetta da realizzare con questo metodo.

Tangzohng Milk Bread

Dosi per il gel: 40 g di farina – 200g di acqua

  • 580g di farina tipo 2
  • 60g di zucchero
  • 12g di sale
  • 10g di lievito di birra
  • 260g di latte
  • gel
  • 50g di burro

Yudane

A parità di quantità di farina e latte (circa 1/7 della dose dalla ricetta), questa tecnica – diversamente dal tang zohng – prevede invece una cottura indiretta: si scalda il latte portandolo a una temperatura di circa 65° e poi lo si versa sulla farina (in rapporto 1:1), mescolando fino a ottenere un polentino da aggiungere al resto degli ingredienti una volta raffreddato.

In questo caso, il risultato della cottura è un preimpasto dalla consistenza gelatinosa (una sorta di soaker) che renderà ancora una volta i vostri lievitati più soffici, prolungandone anche la shelf-life.

Qui una ricetta per cimentarvi con questa tecnica.

Shokupan

Dosi per lo yudane: 80g di farina 320W – 64g di acqua bollente

  • 320g di farina 240W
  • 240g di latte
  • gel
  • 24g di zucchero
  • 16g di burro o 12g di olio
  • 14g di lievito di birra
  • 8g di sale

Cottura a 180°C per 30 minuti.

Cenni storici e altre info

Benché queste siano tecniche molto simili a quelle utilizzate per generazioni in tutta l’Asia orientale per la produzione di pane, in realtà sono delle tecniche relativamente moderne e che vengono utilizzate indistintamente dato che, come potrete intuire, di fatto non differiscono in termini di resa del prodotto finale.
È però evidente che la popolarità del tang zohng e dello yudane è sicuramente legata alla larga diffusione che le tecniche di panificazione occidentale (in particolare quelle della scuola francese) hanno avuto nei paesi del sol levante, dove si è cercato di riprodurre fedelmente baguette, pan brioche, ecc., partendo dalle tecniche ancestralmente utilizzate per la panificazione.

Un aspetto su cui occorre soffermarsi tuttavia è che, sebbene – come abbiamo detto all’inizio – queste tecniche consentano di ottenere impasti soffici anche riducendo le quantità di grassi (animali o vegetali che siano), ciò non significa ottenere un prodotto più salubre, ma sicuramente più adatto a intolleranti o vegani. Per gli intolleranti, l’utilizzo di queste tecniche consente infatti di inserire negli impasti sfarinati non glutinici (ad esempio farina di riso, soia, farro e di alcuni tipi di segale) in quantità superiori rispetto al solito 10%, e ottenere così un prodotto più leggero e digeribile.

Naturalmente, come abbiamo fatto nella seconda ricetta, tang zhong e yudane si possono utilizzare anche nel caso in cui – invece che farine a elevata debolezza glutinica – se ne usano di forti/medio forti e, siccome “cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia”, anche in questo caso otterrete dei lievitati estremamente morbidi.

Altro fattore di cui tener conto è che il polentino ottenuto sia dalla cottura diretta che indiretta, è – come abbiamo già detto – uno starter che può essere utilizzato come elemento fermentativo senza necessariamente integrare all’impasto del lievito di birra o del lievito madre. Come accade per l’idrolisi, infatti, basterebbe aggiungere al gel della farina burattata da lasciare fermentare per 24ore a una temperatura di 24-26°, per ottenere un impasto totalmente privo di lieviti aggiunti.

Infine, altro motivo per cui potreste scegliere di utilizzate queste tecniche per realizzare in casa pane, maritozzi, brioche veneziane, ecc., è che potete preparare con anticipo il vostro roux e conservarlo in frigorifero anche per qualche giorno prima di mettere le mani in pasta.