Come scegliere e usare il cioccolato: la parola ad Andrea De Bellis
Il cioccolato, fondente, al latte, bianco, è una passione forte, ma bisogna saperlo impiegare: abbiamo chiesto aiuto al pasticciere Andrea De Bellis.
Entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo del mondo occidentale in seguito alla scoperta dell’America, il cioccolato, come pochi altri ingredienti, si carica di volta in volta dei significati più disparati: consolatorio, afrodisiaco, curativo (chi non ricorda le stregonerie di Juliette Binoche nel film Chocolat?). bisogna conoscere le tipologie di cioccolato per sapere come utilizzarle al meglio Ma in fin dei conti tutto si riduce al piacere, un vizio di gola che a lungo ha sconfinato nella lussuria nella percezione dell’Europa ecclesiastica di XVII e XVIII secolo, tanto da vietarne il consumo ai monaci. Sensuale, avvolgente, confortante, derivato dai semi dell’albero di cacao, oggi è il principe della pasticceria, dove viene declinato in infinite preparazioni, tradizionali o moderne. Ma quante tipologie di cioccolato esistono e come è preferibile usarlo? Siamo andati a parlarne con il pasticciere romano Andrea De Bellis nel suo scrigno di dolcezza di piazza del Paradiso (mai indirizzo fu più indovinato).
Quanto conta il cioccolato nella tua pasticceria?
“Il 40% sul totale delle preparazioni. Il cioccolato conta, ma è un ingrediente come gli altri, quindi ha un suo spazio significativo, ma non è il fulcro. Eppure entra in molte preparazioni perché si presta a svariate tecniche di lavorazione e quindi è anche semplice da utilizzare; inoltre si adatta a moltissimi abbinamenti. Potremmo definirlo un jolly, soprattutto da quando è disponibile sul mercato una gamma estremamente vasta di cioccolati: bianco, al latte, fondenti dal 50% al 90%, blend, monorigine“.
Quindi come ti orienti nella scelta?
“In base a come lo lavori, quale scegli, con cosa l’abbini il risultato cambia completamente. Esistono in commercio cioccolati d’eccellenza che possono essere utilizzati in purezza e miscele che mantengono un livello qualitativo più o meno elevato. Se parto da un monorigine di grande qualità, che starebbe bene anche da solo come tavoletta, lo utilizzo in purezza o comunque lo esalto con il minimo apporto di altri ingredienti selezionati; nei miei biscotti al fior di sale, per esempio, utilizzo un 70% molto buono, aggiungendo un pizzico di sale che consente alla lingua di percepire meglio il cioccolato. Il sale funziona come esaltatore, apre i recettori alcalici della lingua e il gusto del cioccolato arriva immediatamente sul palato; in aggiunta gli conferisce un tocco di sapidità che sta molto bene. Ma non ho inventato nulla, si tratta di una ricetta consolidata del grande pasticciere francese Pierre Hermé. Più in generale, ma questo vale anche per il cioccolato, la mia pasticceria è ispirata nelle forme a quella francese, ma ho dovuto adattarla al gusto romano pur senza stravolgerla. E la tecnica è funzionale all’esaltazione del prodotto: si tratta di un bagaglio di competenze che ogni pasticciere che aspiri a perfezionare il risultato deve utilizzare, mai avulse da un’ottimizzazione del processo creativo“.
Ma tu che tipo di cioccolato preferisci utilizzare?
“Non ho preferenze in ambito lavorativo, ma a livello di gusto personale. A me piace il cioccolato al latte. Siamo tutti abituati a quello dell’uovo di pasqua che abbiamo mangiato fin da piccoli, ma oggi esistono diverse aziende che producono cioccolato al latte sublime: penso a Valrhona, Cabot, Beryl’s, Chocolaterie de l’Opéra, Felchlin, Weiss, o Corallo (una delle mie preferite) che realizza un 70% che sembra un cioccolato al latte grazie a un processo di concaggio prolungato. Pur facendo i conti con l’imbastardimento del latte, questo tipo di cioccolato può sposare molte preparazioni, ad esempio è fantastico con la scorza di limone. Ma pensiamo anche al gianduia, nient’altro che nocciola e cioccolato al latte. Se un cioccolato al latte è di qualità non va snobbato. È chiaro che anche il fondente mi offrirà un’ampia gamma di possibilità: più fruttato, più acido, tostato, con sentori di caramello o frutta secca. Posso abbinarlo in purezza ad altri elementi. Un classico come rum e cioccolato, o insieme al peperoncino“.
Credi ci sia una preferenza verso il fondente?
“La moda tende a orientare verso il fondente, ora neanche un 70% è più sufficiente. Ma a me interessa l’aspetto gustativo: se un 68% mi dà più soddisfazione al palato di un 70%, i due punti percentuali non mi interessano. Questo è il bello di poter utilizzare così tante tipologie di cioccolato. Sia la lavorazione che il cioccolato che scelgo, mi indirizzano verso una specifica preparazione. Non è un dogma. Molti parlano di una pasticceria con regole precise, in realtà ci vuole una sensibilità, un certo tipo di palato. Io prima studio la scheda tecnica del cioccolato, lo assaggio, penso agli abbinamenti, sperimento, poi riassaggio e sento il risultato sul palato. Spesso lo faccio provare ai clienti per decidere se inserirlo in linea o provare nuove combinazioni. Gioca un ruolo importante anche il palato mentale che ti costruisci con l’esperienza, ma c’è una grande componente empirica: il benchmark dei clienti è fondamentale. A Roma l’Assoluta va forte perché piace il 70%, se ti sposti non è detto che sia così. Sono stato recentemente in Russia, lì l’Assoluta non è stata capita. Volevano il cioccolato al latte; il gusto è estremamente variabile di comunità in comunità, potremmo utilizzare il concetto di sociologia del gusto; noi nel nostro piccolo lo facciamo con i clienti abituali“.
Hai nominato l’Assoluta, un tuo cavallo di battaglia dedicato al cioccolato. Raccontaci: anche lei è work in progress?
“Tutto è in continua evoluzione. Rispetto all’inizio l’ho modificata, perché mi serviva una parte croccante e ho aggiunto le fave di cacao. Il bello di fare pasticceria è la possibilità di sperimentare. Torreblanca spesso rimetteva mano ai suoi cavalli di battaglia, lo stesso Ferran Adrià provava il menu tutte le settimane per aggiustarlo. Per l’Assoluta uso un blend 70% che però vaglio di volta in volta per scegliere la marca. Tecnicamente è composta da una dacquoise (una meringa) nocciola e cacao, una namelaka (una ganache morbida ricetta Valrhona), fave di cacao tostate e sbriciolate, una mousse al 70%, glassa lucida e per decorazione solo una fava di cacao dorata. Anche per la mousse si fanno continue prove di struttura adottando varie tecniche. Trovata la tecnica si cambia il cioccolato o si aggiunge della massa di cacao 100% per rafforzare il gusto. Anche qui gioco con gli ingredienti. La pasticceria deve essere un piacere viscerale, primordiale; è un lusso, un vizio che dovrebbe essere puntuale anche se noi spesso ne siamo assuefatti“.
E Il tuo primo ricordo del cioccolato?
“È l’uovo di pasqua, ovviamente al latte. Quello al fondente neanche lo guardavo“.
Tu tra l’altro sperimenti anche con le uova di pasqua.
“Sì, al latte, fondente o bianco. Sul bianco però sono molto selettivo, mi piace solo quello di un paio di case produttrici che riescono ad arginare quel dolce spiccato che siamo abituati a percepire nel cioccolato bianco. Deve essere bilanciato per poter esser utilizzato con gli altri ingredienti“.
Ci consigli una semplice ricetta con il cioccolato che tutti possono fare a casa?
“Ora comincia il periodo della cioccolata calda. Invece di farla con amido, cacao e zucchero da addensare sul fuoco (come nella classica bustina), si può lavorare così: si prende la panna (o il latte) e si scioglie la cioccolata all’interno. Nulla di più semplice. La base per un cioccolato fondente al 55-60% è più o meno pari peso di cioccolato e latte, ma nulla vieta di aumentare o diminuire la dose a seconda della densità desiderata. E anche qui tutto risponde al gusto, si può usare qualunque tipo di cioccolato, ovviamente per un cioccolata calda bianca ne servirà una maggiore quantità per addensare la preparazione, ma si può provare. E poi aromatizzare a piacere: cannella, zenzero, vaniglia, fava tonka, verbena: largo alla creatività“.
Qual è secondo te l’ingrediente che meglio esalta il cioccolato?
“L’acqua. Se dopo aver mangiato del cioccolato bevi un sorso d’acqua si decuplica il piacere gustativo. Come la saliva, veicola i sapori in bocca, perché scompone i componenti principali dell’alimento, l’acqua è il solvente universale. Se riesci a scomporre il cioccolato con l’acqua (ovviamente bevendone una piccola quantità) le cellule adibite alla percezione recepiranno il sapore con più intensità. Per questo le ganache all’acqua funzionano“.
Tavoletta di cioccolato alla mano, non resta che provare.
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