Vini dell’Etna: 5 aziende da scoprire
Vi raccontiamo un breve viaggio attraverso le aziende vinicole dell’Etna, zona di vini affascinanti e magici in continua trasformazione.
Se dici maschile/femminile in Sicilia molti pensano alla diatriba tra arancino/arancina. Che poi altro non è che la classica sfida campanilista tra ovest ed est. Invece io penso al vulcano: a Muntagna/Iddu. Che sesso ha l’Etna? i vini dell'etna sono affascinanti ma non confortanti, il risultato nel bicchiere non è mai lo stesso Già da un po’ salgo e scendo dal vulcano siculo, visitando cantine e vigneti e assaggiando rossi e bianchi. E vi assicuro che è sfuggente; se ti concentri, lo capisci a pezzi, ma mai nella sua interezza. Credo dipenda dal fatto che è vivo, che le colate, le ceneri che erutta, cambino la matrice pedologica. Le viti, così come tutta la vegetazione, devono adattarsi a qualcosa in continua trasformazione e il risultato nel bicchiere non potrà mai essere lo stesso. Insomma, i vini dell’Etna potranno essere affascinanti, ma non confortanti, nel senso che non sono da relegare in una comfort zone, ma where the magic happens. Ecco alcuni assaggi.
Masseria Setteporte, la provocazione
Siamo in prossimità dell’estremo lembo sud della Doc Etna in località Biancavilla. Dove i vini – si dice – dovrebbero venire meno bene rispetto al a quelli del più noto versante nord. Impianto a spalliera tra i 600 e i 700 metri di altezza, esposizione prevalentemente a sud. Piero Portale, il proprietario, si occupa – ma sta abbandonando – di atti di acquisto di terreni sul vulcano. L’Etna dei vigneti lo conosce quindi palmo a palmo e a lui piacciono i suoi, quelli a sud. Non fa nomi ma giura che in pre-vendemmia è un via vai di viticoltori del versante nord che vengono a comprare le uve più calde e ricche del versante sud.
La scorsa edizione della guida dei Vini dell’Espresso ha assegnato l’eccellenza al suo Etna Rosso senza solfiti 2013. Un piccolo terremoto per un’azienda che fa meno di ventimila bottiglie. Assaggiato oggi, il vino pare piuttosto svanito, difetta in acidità e il frutto ha ceduto a una certa evoluzione. Molto meglio il 2012 con solfiti, che rivela più nerbo e croccantezza. Quello buono buono è il Nerello Mascalese, una sorta di cru aziendale, che ha l’acidità giusta bilanciata dal calore del versante più caldo.
Ciro Biondi, l’artigiano elegante
L’azienda Vino Biondi, come spesso accade da queste parti, è il racconto di un recupero. Bisnonni, nonni, padri che hanno vissuto alterne fortune. La parte di storia che sta costruendo Ciro sembra molto intimista, piccola e attenta al lavoro in vigna. La zona è Trecastagni, sud est dell’Etna, con vigneti dislocati in più zone che arrivano fino a 900 metri di altezza. Il capolavoro del lavoro natura-uomo è la vigna di Cisterna Fuori, un anfiteatro di alberelli terrazzati con una piccola casa in cima, dove si accolgono gli ospiti per le degustazioni. Da qui viene fuori il Cisterna Fuori, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio che nella versione 2011 è un incanto: fruttato, speziato, sapido, lunghissimo, dai tannini morbidi.
Incompiuto perché scalpitante e giovane è l’Outis 2013, con tutte le caratteristiche però del vino che andrà oltre. Succede quando hai nel bicchiere sia cioccolato che pietra focaia. Affascinante il Chianta 2013, il bianco importante di Biondi, uva Carricante – ma anche Minnella e Malvasia – che fa macerazione e barrique. Accenno di burro al naso, entrata in bocca floreale e poi giù affilatissimo, come un shottino di sale limone e tequila. Su queste terre ci si cammina senza mai infangarsi, anche dopo la pioggia: la sabbia vulcanica non sporca.
Pietradolce, un pezzo di Borgogna nera
Di Michele Faro abbiamo già raccontato su Agrodolce. Quest’anno la sua azienda di Solicchiata, frazione di Castiglione di Sicilia, versante nord del vulcano, compie 10 anni. E sta per regalarsi una cantina nuova di zecca. Lo spettacolo della natura però è il vigneto Barbagalli in contrada Rampante, un anfiteatro di piante ad alberello pre-phyllosera che hanno dagli 80 ai 100 anni. Tutt’intorno alberi di ulivo – nocellara dell’Etna – e licheni. Ogni vite ha una forma, una tridimensionalità potente. Il Vigna Barbagalli Etna rosso è esattamente così: potente ed elegante; ricorda un po’ la sottigliezza di certi Borgogna, ma anche la spinta speziata degli Hermitage. Austero senza essere cupo. In commercio c’è la 2011, ma sono solo duemila bottiglie.
Qui abbiamo giocato anche con gli abbinamenti in tavola. L’avamposto culinario di Pietradolce è il resort Donna Carmela a Riposto, in provincia di Catania. Lo chef Andrea Macca è stato un allievo di Ciccio Sultano e ha ereditato un certo ardire dal maestro. Valga per tutti il piatto Minne di Sant’Agata che, da dolce dedicato alla patrona catanese, diventa una ricetta salata, con la seppia che si trasforma in un seno ripieno di un soffritto di cipolla, acciughe, capperi, pomodori secchi e erbe aromatiche. La parte nera invece viene sbollentata con del concentrato di pomodoro per creare un ragù.
Cottanera, la famiglia alla riscossa
Anche quest’azienda è già nota ai lettori di Agrodolce. Propaggine nord del vulcano, Castiglione di Sicilia. Un corpo unico di vigneti che consente un lavoro di zonazione iniziato alla francese dall’enologo Lorenzo Landi. Prima dei vini diciamo che Cottanera ha la più spettacolare finestra su Iddu che abbia finora mai visto: te ne stai comodo in salotto a goderti neve o fuoco. Chi conosce l’azienda e i suoi vini, percepisce, da qualche tempo, un cambio di approccio: più rigore e più attenzione che nel passato, ma soprattutto un rispetto maggiore nei confronti degli autoctoni del territorio. Così dall’annata 2014 nel Barbazzale bianco, vino base della gamma che va fortissimo nei matrimoni a Taormina, sparisce il viognier per fare posto al catarratto.
L’Etna bianco 2013 è invece una piacevole conferma: naso affumicato, leggera crosta di pane, sapido, tra un Riesling base e un Fiano. Il corrispettivo rosso, ma annata 2011 – sta crescendo in performance, sempre meno chiuso e più elegante che corposo, man mano che procede abbandona le spigolosità. Ha le carte giuste per diventare un vino da invecchiamento. Altra cosa poco consueta nelle grandi aziende (50 ettari sono tanti sull’Etna), sono gli assaggi en primeur delle annate in legno. Bene, da Cottanera abbiamo assaggiato dei 2014 divisi per parcelle di vigneti (dopo la giusta maturazione si procederà ai blend): segnatevi il Diciassette Salme 2014, perché diventerà un’etichetta a sé: profumatissimo, croccante, speziatura leggera, tannino già morbido.
Barone di Villagrande, la Storia sulle spalle dei ragazzi
Marco e Barbara avranno in due meno di 70 anni e portano avanti un’azienda che di anni ne ha 288. Il comune è quello di Milo, versante sud-est, il posto dei bianchi sull’Etna, i terreni del Carricante. Altezza tra i 600 e i 700 metri, ma qui a cambiare è il panorama: aperto, lucente, pieno di mare oltre che di vigne e lava. La brezza marina serve ad asciugare i grappoli nella zona più piovosa del vulcano e i terreni sono un mix di eruzioni e sostanze organiche scaturite dal collasso della Valle del Bove. I vigneti sono a terrazzamenti e circondati da un bosco di proprietà della famiglia: da qui viene anche il legno per le botti di castagno.
L’Etna bianco superiore 2012 risente di un’annata un po’ calda; dal naso più ricco che citrico; in bocca invece risulta affilato e persistente, come ti aspetti dal Carricante, con note di roccia e miele di zagara. In terra di bianchi, anche il rosso però fa la sua figura: l’Etna Rosso Lenza di Mannera 2008 – in commercio adesso – è didatticamente tradizionale, con la sua materia terragna e i sentori di humus, tartufo e gas.
- IMMAGINE
- Vigne dell'Etna via Shutterstock
- Francesca Ciancio