8 modi per rovinare un’amatriciana
L’amatriciana è un primo piatto molto amato e molto discusso: vi raccontiamo 8 modi in cui solitamente si rovina questa specialità della cucina romanesca.
È uno di quei piatti che da sempre fa discutere, per un motivo o per l’altro. Qualche mese fa lo chef più telegenico che ci sia, Carlo Cracco, aveva fatto inorridire i tradizionalisti dell’amatriciana dichiarando di utilizzare per la sua versione del celeberrimo piatto uno spicchio d’aglio, salvo poi correggere la sua affermazione dicendo che si era trattato di un lapsus. Amatrice e Roma del resto, da anni combattono una guerra (senza spargimento di sangue, per fortuna, semmai di sugo) per accaparrarsi la paternità di quello che resta uno dei primi piatti più amati del mondo. Lungi da me addentrarmi in questioni così spinose, anche se per quel poco che ne so ritengo che la bilancia penda dalla parte degli Amatriciani, proviamo a capire cosa sia meglio non fare quando si prepara un piatto così buono e semplice da realizzare. Ecco dunque i modi più comuni per rovinare un’amatriciana.
- Usare una pasta di bassa qualità. Personalmente non sono contrario all’esistenza degli hard discount in linea generale: in momenti di crisi come quelli che abbiamo vissuto negli ultimi anni rappresentano un’alternativa economica per chi non può permettersi di acquistare prodotti di gran marca. Ma quando si tratta di cibo ritengo sia meglio andare sul sicuro e comprare prodotti di qualità: nel costo di un primo piatto, la spesa relativa a un etto di pasta buona, supera di pochi centesimi quello di chi usa una pasta di dubbia provenienza e qualità. Per quanto riguarda il formato ci si può sbizzarrire un po’: dai classici spaghetti ai bucatini, che l’arrotolamento con annessa macchia di sugo sulla camicia è un must, dai rigatoni agli gnocchi di patate. Da evitare comunque i formati troppo piccoli.
- Non usare il guanciale. Qui non si transige: nell’amatriciana ci vuole il guanciale! Spesso invece capita di trovare amatriciane preparate con altro, come la pancetta, lo speck, il prosciutto, il lardo di Colonnata, la mortadella, la ventricina, il ciauscolo. Tutti ingredienti rispettabilissimi, che uso, stimo, amo, ma che non possono essere usati in questo piatto.
- Non usare il pecorino. Anche in questo caso bisogna essere talebani: il parmigiano è un prodotto di tale qualità che mi commuovo alle lacrime quando penso a quelle forme di 35 chili e più di bontà, ma per l’amatriciana ci vuole il pecorino romano stagionato al punto giusto, grattugiato al momento. E non voglio neanche prendere in considerazione chi giura di prepararne un’ottima versione con il Bagoss o il Puzzone di Moena.
- Scegliere un pomodoro scadente. Finalmente possiamo essere un po’ più elastici, in quanto si possono utilizzare filetti di pomodoro fresco, in stagione, pelati in scatola o anche una buona salsa in bottiglia, o anche un mix di questi ingredienti. L’unica cosa che vi chiedo è di usare prodotti di qualità.
- Sbagliare la cottura della pasta. D’accordo, la pasta al dente o addirittura al chiodo non vi fa impazzire e avete comunque paura di far saltare il ponte appena finito di pagare al vostro esoso dentista. Ma il bucatino che si incolla e forma un unico blocco che viene su tutto insieme al momento della prima forchettata non si può vedere e soprattutto mangiare.
- Carbonizzare o lessare il guanciale. Il guanciale ridotto a listarelle di circa 3 centimetri per uno va fatto rosolare insieme a poco d’olio extravergine d’oliva: rosolare, non carbonizzare, altrimenti può raggiungere una durezza pari a quella di un tondino di ferro, risultando solo un po’ più saporito. È altrettanto sbagliato mettere a cuocere il guanciale direttamente nel pomodoro: in questo modo si lessa, assumendo la consistenza gommosa di un marshmallow e attaccandosi al lavoro dell’esoso dentista di cui sopra.
- Aggiungere ingredienti. Apportare delle varianti personali a una ricetta classica può essere certamente indice di grande personalità. Per rimanere in tema con l’argomento, usare aglio o cipolla nella preparazione del sugo all’amatriciana può rientrare nelle varianti accettabili, anche se non previste nella ricetta gelosamente tramandata dai guardiani della tradizione di Amatrice. Non si rientra invece nella categoria dei talebani se invece si è fermamente contrari all’utilizzo di capperi, anche se rigorosamente di Pantelleria, o di olive più o meno greche, di pistacchi di Bronte da 7 generazioni o di alici, per quanto avessero sguazzato allegramente nelle acque del Cantabrico fino a qualche giorno prima.
- Cambiare le consistenze. Ora, è vero che gustiamo con piacere un supplì o una pizza preparati con un sugo all’amatriciana, ma siamo dell’idea che le concessioni debbano finire qui: un’amatriciana destrutturata, servita in bicchierini, e da trangugiare con la cannuccia ci fa davvero tanta tristezza. Daje con la forchetta, sempre.
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