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La leggenda della pizza, da Dumas a De Bouchard

di Daniele De Sanctis • Pubblicato 30 Luglio 2015 Aggiornato 19 Aprile 2019 12:36

Dalla mastunicola all’usanza del mangiarla a libretto, la pizza è uno dei pilastri delle leggende di Napoli: ecco le testimonianze di Dumas e De Bouchard.

A Napoli la pizza ha valore legale di moneta di scambio, di termometro del pescato o di valore dei prezzi di mercato. La pizza è stata per anni il valore della vita e della sopravvivenza dei Lazzari. Nasce come companatico popolare, con la forma di una focaccia, di pane schiacciato. uno dei modi tradizionali di consumare la pizza è a libretto o a portafoglio, piegata su sé stessa Uno dei modi tradizionali di consumarla è in strada, piegata su sé stessa a libretto o, se preferite, a portafoglio. La prima attestazione scritta della parola pizza risale a un contratto di locazione siglato in volgare nel 997 a Gaeta. Il termine sembra derivi da pita o pitta, il pane arabo, lievitato piatto e rotondo, a base di farina di grano. Un piatto per i poveri, una focaccia schiacciata e coperta con olio, strutto e foglie di basilico, chiamata pitta alla Mastunicola. Poi nel XVI secolo si aggiungono, nobilitandola, olio di oliva, formaggio, mozzarella, acciughe e pescetti. Infine nel XVIII secolo anche i pomodori.

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Nel 1843 Alexandre Dumas (padre), ne Le Corricolo, una serie di racconti su Napoli dove visse nel 1835, e attribuito in parte a Pier Angelo Fiorentino (dal Croce), si trova descritta la pizza: “La pizza è una specie di schiacciata come se ne fanno a Saint Denis: è di forma rotonda e si lavora come la pasta del pane. Varia nel diametro secondo il prezzo. Una pizza da due centesimi basta a un uomo, una pizza da due soldi deve satollare un’intera famiglia. A prima vista la pizza sembra un cibo semplice: sottoposta ad esame, apparirà un cibo complicato. La pizza è: All’olio; Al lardo; Alla sugna; Al formaggio; Al pomodoro; Ai pesciolini. È il termometro gastronomico del mercato: aumenta o diminuisce il prezzo secondo il corso degli ingredienti suddetti, secondo l’abbondanza o la carestia dell’annata. Quando la pizza ai pesciolini costa mezzo grano, vuol dire che la pesca è stata buona; quando la pizza all’olio costa un grano significa che il raccolto è stato cattivo (…) Altra cosa influisce sul costo della pizza: la sua maggiore o minore freschezza. Si capisce che non si può vendere la pizza del giorno prima allo stesso prezzo di quella della giornata, vi sono per le piccole borse pizze di una settimana, le quali possono sostituire, vantaggiosamente se non gradevolmente, la galletta di bordo”.

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Una leggenda poi vuole che nel giugno 1889, per onorare la Regina d’Italia Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito creò la pizza Margherita, una pizza condita con pomodori, mozzarella e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana. con l'invenzione della margherita, la pizza passò da cibo di strada ad alimento aristocratico La pizza passò cosi da cibo di strada a cibo borghese e aristocratico, ufficialmente ammesso alla tavola dei regnanti. In realtà, di una pizza con i medesimi ingredienti, parlava già Francesco De Bouchard nel 1866 in Usi e costumi di Napoli edito da Alberto Marotta:“Le pizze più ordinarie, dette coll’aglio e l’oglio, han per condimento l’olio, e sopra vi si sparge, sale, l’origano e spicchi d’aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di mozzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomodoro, di arselle, ecc. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone”.

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