8 modi per rovinare irrimediabilmente la cotoletta alla milanese
La cotoletta, dorata e croccante, piace a tutti, ma per prepararla in maniera corretta bisogna stare attenti ad alcuni errori: ecco 8 cose da non fare.
A dispetto degli hamburger e delle catene di fast food, il secondo piatto più diffuso nei menu per bambini della penisola italiana è senza dubbio la cotoletta. Il perché è presto detto: la cotoletta, croccante e incredibilmente saporita, dorata come un giorno di festa, piace praticamente a tutti. Se però si decide di chiamarla alla milanese, bisognerebbe essere consapevoli di una tradizione dalle origini discusse ma dalle norme ben precise: in questo campo le variazioni sul tema, persino quelle dei grandi chef, non mai viste di buon occhio. Esistono almeno 8 modi di rovinare una cotoletta alla milanese; e se per qualcuno non si tratta di errori, ma di preferenze secondo gusti, salute o economicità, basterà rinunciare alla denominazione tradizionale.
- Usare la carne sbagliata. La costoletta, possibilmente con l’osso, deve essere di vitello; si può usare il manzo, se abbastanza tenero, ma mai il pollo o il maiale, che in cottura si seccano e rendono l’intero piatto troppo stopposo. Certo, si può rimediare con ampie dosi di maionese o altre salse, ma allora varcate le Alpi e chiamatela Schnitzel.
- Friggere nell’olio, di semi o di oliva. La cotoletta alla milanese va cotta nel burro chiarificato: prima dell’Unità d’Italia, ma anche nei decenni successivi, l’olio d’oliva era un lusso nella Pianura Padana, e non era contemplato in nessuna ricetta. Il burro inoltre impregna a fondo la panatura e le dona, per l’appunto, il tipico gusto milanese.
- Non impanare con cura. Cosa c’è di peggio di una cotoletta la cui panatura viene via a pezzi, costringendo a bocconi di solo pane e uovo o sola carne, o a rimettere insieme le parti con la forchetta? L’unico modo per evitarlo è quello di impanare con estrema cura la cotoletta, accertandosi che ogni parte sia ben cosparsa prima d’uovo e poi di pangrattato.
- Usare la farina. Perché mai desiderate annacquare il gusto della carne, del pane e dell’uovo con dell’insipida farina? La sua unica utilità potrebbe essere quella di far asciugare la carne dai liquidi in eccesso: ma per questo bastano un foglio di carta da cucina e una decina di minuti di attesa fra il momento in cui si tira fuori la costoletta dal frigo e quello in cui la si impana.
- Cuocere in burro troppo freddo o troppo caldo. Il punto di fumo del burro chiarificato è a circa 250 °C: la frittura dovrebbe però cominciare già intorno ai 160 °C. Iniziare a cuocere prima vorrebbe dire bollire la carne (e quasi sicuramente far distaccare la panatura), iniziare dopo non porterebbe ad altro che a bruciacchiare l’esterno e lasciare crudo l’interno.
- Non fare asciugare la frittura. Nessuno vuole trovarsi nel piatto un laghetto di grasso di cottura. Se avete usato il burro e non l’olio, il rischio di perdite inopportune è ridotto; tuttavia, subito dopo la cottura è sempre indicato il passaggio fra due fogli di carta da cucina ben assorbente.
- Utilizzare carne troppo sottile. Per quanto esistano gli estimatori della cosiddetta cotoletta a orecchia d’elefante, la cotoletta alla milanese deve essere alta quanto l’osso che accompagna il taglio (anche se avete deciso di non servirlo in tavola): quindi, almeno un dito. Insieme a quello della panatura, si deve sentire il gusto della carne; altrimenti, tanto vale mangiare solo le patatine fritte d’accompagnamento.
- Ricoprire la cotoletta con pomodori e rucola. La cotoletta deve essere croccante. L’acqua di pomodori e insalata, ma anche di altre verdure, rende invece tutto molle e spugnoso. I contorni, a meno che non siano a loro volta asciutti, dovrebbero quindi essere tenuti a distanza di sicurezza da qualunque cotoletta alla milanese ben preparata.