Valeria Piccini: pasta tutti i giorni!
La pasta è buona sempre, in tutti i modi: parola di Valeria Piccini, chef del ristorante Da Caino a Montemerano. Abbiamo parlato con lei dei suoi ricordi.
Valeria Piccini è una delle poche grandi cuoche italiane a essere riuscita a conquistarsi un posto di rilievo nel panorama gastronomico nazionale, oltre alle due stelle Michelin ben salde per il ristorante Da Caino a Montemerano, di cui è patronne insieme al marito Maurizio Menichetti. Caino era il soprannome di Carisio, il padre di Maurizio; la sostanza prevale sull'apparenza, lo dimostra l'uso generoso di ingredienti semplici, quotidiani dalla suocera Angela, negli anni ’70, Valeria ha imparato le basi della sua cucina, profondamente legata al territorio maremmano e alle sue tradizioni contadine anche adesso che il locale è tra i più raffinati della regione, meta di gourmet e amanti del buon vino. Osannata da critici e colleghi di tutto il mondo (in molti si riconoscono suoi allievi) e sempre aperta alle nuove sfide – dal 2013 cura anche il menu del Winter Garden by Caino dell’Hotel St. Regis di Firenze – Valeria mantiene tuttavia i modi spontanei e calorosi di una cuoca di casa, poco incline a stupire quanto prodiga di attenzione e sostanza. Non che i suoi piatti siano poco eleganti e pecchino di tecnica, anzi. Ma la sostanza, appunto, prevale sull’apparenza e lo dimostra anche l’uso generoso e senza falsi pudori di ingredienti semplici, quotidiani: l’olio buono, il pecorino, le animelle… E naturalmente la pasta, che sulla sua tavola – quella privata, come quella del ristorante – non manca mai.
Per te cosa rappresenta la pasta?
È una delle basi della nostra alimentazione. Chiariamolo, la pasta è italiana anche se è presente anche in altre culture gastronomiche sotto diverse forme. Ma per me, è quella che si fa da noi.
Nei tuoi ricordi, che posto ha?
Quando ero piccola io, a casa mia la pasta – quella fresca, all’uovo – si faceva quasi tutti i giorni. Da noi, in casa, c’erano polli, farina, uova… Si cucinava con quello che c’era. La pasta secca invece era la pasta della domenica, della festa, quando la mamma e la nonna si riposavano. Oggi la cosa si è capovolta, le donne sono sempre in giro a correre per lavoro ed è diventato impossibile fare la pasta fresca tutti i giorni. Così, la pasta secca è diventato uno dei nostri alimenti quotidiani, ne mangiamo tanta… O almeno, io ne mangio tanta!
E nel menu di Caino?
Al ristorante facciamo quasi solo pasta fresca, spesso ripiena. La pasta secca è alla portata di tutti, e si può condire praticamente con qualsiasi cosa, mentre chi viene da noi cerca qualcos’altro. Ma soprattutto, la verità è che mi vengono spontanee le ricette con la pasta fresca, quasi sempre all’uovo.
Come mai questa predilezione?
Sarà una questione di abitudine: qui in Maremma la tradizione vuole soprattutto tagliatelle condite con il ragù, i pici acqua e farina, i tortelli maremmani con ricotta e spinaci. Ecco, un bel piatto di tortelli ricotta e spinaci conditi con olio buono, pecorino e pepe che esaltano il ripieno… è tanta roba! La mia cucina affonda le radici nella tradizione, dai prodotti ai sapori. Mi viene spontaneo partire da lì, ma poi mi diverto a giocare con i prodotti del territorio, a usarli in modi originali.
In questo momento, quali sono i piatti di pasta in menu da Caino?
Affianchiamo la pasta lunga a quella ripiena, ma parliamo sempre pasta fresca: abbiamo i tagliolini all’uovo fatti in casa con rapetti (cime di rapa, ndr), pomodori secchi, pinoli tostati e le buonissime alici fresche dell’Argentario e le pappardelle sulla lepre, come si chiamano da noi, vale a dire con un sugo di lepre tradizionale. Poi ci sono i tortelli di cacio e pere con salsa di rape rosse, i ravioli di cinta senese in brodetto di castagne e gallina e i bottoni di porcini con salsa di sambuco e animelle. Però ogni tanto metto in menu anche la pasta secca, e a breve tornerà in carta un piatto che avevo già proposto con grande successo: gli spaghetti con latte di mandorle, crema di broccoli, capperi, polvere di aringa e lampone.
In una ricetta, quanto conta il formato o la sfoglia e quanto il condimento?
Beh, il formato della pasta deve aiutare a esaltare il sugo, in generale, in base alle varie preparazioni. Per uno spaghetto, per esempio, il condimento dovrebbe essere quanto più possibile fluido in modo da aderire bene alla pasta e valorizzarla. Per le paste ripiene, dipende; solitamente con ripieni più consistenti è bene non esagerare con un sugo troppo intenso. Ma oggi si tende a fare anche ripieni molto liquidi, per esempio io faccio un raviolo con l’olio, quindi possono cambiare le cose. In quel caso, conta tanto anche lo spessore della sfoglia: deve essere direttamente proporzionale all’intensità del ripieno. Quindi, nel raviolo con l’olio lo spessore deve essere sottilissimo per cuocere velocemente, in modo che l’olio non sia alterato dalla temperatura. Nel raviolo di cinta, invece, la sfoglia non è più solo un contenitore ma parte integrante del piatto, si deve sentire di più.
Qualche trucco per la cottura?
Per una buona cottura di una pasta secca si deve mettere una quantità di acqua adeguata, salata al punto giusto. Non ci vuole altro, se non l’attenzione a tenere la cottura al dente. Poi naturalmente dipende se la pasta è servita così com’è o mantecata, quindi sottoposta a un ulteriore tempo di cottura, anche in base al sugo e dalla quantità di amido che sviluppa la pasta stessa.
Un tema delicato: la pasta all’estero. È possibile fare un buon piatto di pasta lontano dall’Italia?
È difficile, soprattutto perché mancano le materie prime, i prodotti che abbiamo noi. Per esempio, uno spaghetto al pomodoro fatto bene, con i nostri pomodori che crescono al Sud, non sarà mai uguale a una pasta al pomodoro fatta in Colorado, tanto per citare il luogo dove si trova mio figlio adesso.
Da mangiatrice e non da chef, suo primo piatto preferito qual è?
Adoro la pasta al pomodoro fatta bene, appunto. Ma anche quella con la ricotta, l’aglio, olio e peperoncino, o quella condita con olio, cacio e pepe, ora che c’è l’olio nuovo. Se si hanno a disposizione degli ingredienti buoni, la semplicità è il massimo. La verità è che la pasta, come la fai la fai, è sempre buona, sempre una gran goduria. Solo a parlarne mi viene l’acquolina in bocca!
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