Abbamele: ecco come si mangia in un ristorante che ha vinto 4 ristoranti
Siamo stati in Barbagia, zona della Sardegna, per provare il ristorante Abbamele, vincitore di una puntata di Quattro Ristoranti.
Nel cuore della Barbagia di Ollolai, nei dintorni di Nuoro, si trova un paese dalle forti tradizioni: Mamoiada. Qui, tra i riti e le danze di Mamuthones e degli Issohadores durante il carnevale, il Museo delle Maschere Mediterranee, i pastori intenti a preparare il Fiore Sardo, il Sa frue e il Casu marzu, i luoghi isolati in cui i caprari custodivano i propri animali e dove ogni famiglia ha ancora oggi l’usanza nel fare il Pane carasau, siamo stati a provare un posto speciale: Abbamele. Il ristorante ha vinto anche Quattro Ristoranti Barbagia, la trasmissione televisiva di Alessandro Borghese che quando ha proclamato vincitore Mauro Ladu ha detto “Hai preso la vecchia via dei pastori e hai saputo crearne una nuova”.
Il locale è nel centro del paese ed è composto da una sala ben illuminata e arredata con gusto semplice: pietra a vista, maschere e foto della tradizione alle pareti, arredi dai colori tenui. Essenzialità e rispetto del passato sono tra i punti cardini di Abbamele, che porta questo modo di essere anche nella sua cucina, grazie alla mano di Mauro Ladu, chef e patron del ristorante. L’Abbamele o Sapa di Miele, un derivato del miele, è uno dei prodotti più antichi della Sardegna e il nome del ristorante non è stato scelto a caso. Mamoiada ha una storia antichissima ma prima di aprire qui, nel suo paese natio, Ladu ha girato le cucine più rinomate della Costa Smeralda e della Regione, concedendosi un periodo anche a Mosca, poi sul Lago Maggiore e sul Garda. Abbamele è il progetto dello chef dove la cultura della cucina sarda tradizionale è accostata a forme più contemporanee. Del resto, una persona che è Mamuthone fin da quando era un bambino di due anni sa qual è il valore della tradizione e della storia. Il menu cambia tutte le settimane e si può scegliere se assaggiare tutte sei le portate proposte dalla cucina oppure se prenderne solo quattro. Noi abbiamo optato per la prima soluzione perché era talmente invitante che ci dispiaceva lasciare qualcosa da parte. Abbiamo detto che saremmo stati leggeri la sera a cena. Non potevamo rinunciare a niente dopo aver letto il menu.
Ad arrivare per primo l’Uovo 65 con pomodoro, freguledda, zafferano e vrue: un vortice di emozioni da assaporare con cura e centellinare con il cucchiaio piano piano. A seguire, la Sfogliatina con pecorino, pancetta e abbamele: un equilibrio di sapori ben dosato che ti fa venire voglia di mangiarne una dietro l’altra. All’arrivo del Tortello di ricotta, ragù di maiale e finocchietto le aspettative erano alte e, anche in questo caso, non sono state deluse: pasta del giusto spessore, profumo e tradizione percepiti boccone dopo boccone. Poi la Costina di maiale alla brace, zucchine e senape da mangiare rigorosamente con le mani, per assaporare tutto il gusto della semplicità, e il Diaframma di manzo alla brace, melanzane e peperoni. Taglio povero in macelleria? Mai niente di più sbagliato da pensare, dato che questa parte di carne è un’ottima fonte di vitamina b12. Lo chef ne ha esaltato il suo sapore e le sue proprietà senza snaturarlo seguendo il motto “La tradizione è la conservazione del fuoco e non l’adorazione delle ceneri”. Dulcis in fundo con Pesche, mandorle e thè matcha a rinfrescare il palato e a ricordare quanto è bella l’estate in Sardegna.
A portare in tavola e a spiegare i piatti abbiamo trovato Sara Tavolacci, compagna di vita di Ladu, grande appassionata di vini e del territorio. Le si sono illuminati gli occhi quando ha raccontato come è composta ogni portata e non ha fatto fatica ad andare su e giù per le scale che portano alla cucina. Vivo anche il modo di descrivere ciò che avevamo nel piatto e tanta la competenza sulla scelta di quale vino abbinare. Sì, perché questa è terra di grandi vini, dove si ottengono rinomati Cannonau e Granazza, che Sara ci ha saputo raccontare con passione.