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Al ristorante i bambini sono i benvenuti: ne siete sicuri?

di Stefania Leo • Pubblicato 5 Febbraio 2020 Aggiornato 18 Ottobre 2021 11:41

Al ristorante non tutti gradiscono il caos che bambini maleducati posso provocare. Ecco come la pensano i ristoratori.

Cenare con un sottofondo di urla belluine, circondati da un mare di bambini sgambettanti non è proprio lo scenario idilliaco che siamo abituati a immaginare per una serata rilassante. Il livello di sopportazione si è abbassato sempre di più e i ristoratori stanno prendendo provvedimenti per salvare i propri locali da famiglie con passeggini. L’ultimo in ordine di tempo a prendere misure restrittive nei confronti di bambini urlanti e maleducati, trascinati a cena dai genitori, è stato Gabriele Berbenni. Ma il mondo dei ristoranti childfree è sempre più popoloso, anche se qualcuno sta cercando di smuovere un po’ il pantano di odio e fastidio creatosi attorno al fenomeno con soluzioni innovative.

Ristoranti no kids

Ma partiamo da chi nel proprio locale, di bambini, non vuole vederne. Il titolare della pizzeria Bagà di Villa di Tirano, in provincia di Sondrio, ha affisso un curioso cartello su cui gli avventori hanno potuto leggere le seguenti parole. «I bambini lasciati incustoditi a correre in giro per il locale che urlano, o in piedi su panche e sedie, disturbano gli altri clienti. Pertanto ci riserviamo il diritto di prenderli in cucina a lavare i piatti con tanto di nastro adesivo sulla bocca». L’avviso è firmato l‘uomo Nero ma non è un’esclusione tout court. Infatti, il messaggio si conclude così: «Potete venire a Bagà senza bambini, educare i vostri figli, cambiare pizzeria o starvene a casa vostra».

no passeggini

Berbenni è solo l’ultimo ad essere entrato nel club dei ristoranti childfree, quelli che scelgono di non ammettere bambini per non turbare la propria clientela. Nel 2017 il locale Re di Puglia, in provincia di Pisa, esponeva il cartello: «Il cellulare nuoce alla salute dei vostri bambini. Lasciate a casa entrambi». All’hotel Das Badl di Caldaro al Lago, in provincia di Bolzano, si offrivano camere «studiate su misura per le coppie», in cui potevano accedere minori, ma solo dai 14 anni in su. Il ristorante La Fraschetta del Pesce a Casal Bertone, a Roma lo aveva fatto prima, già nel 2016. «Si avvisa la Gentile Clientela che per motivi di spazio non si accettano prenotazioni che comportino l’ingresso di passeggini o l’uso di seggiolini», si leggeva sulla porta del locale, con tanto di segnaletica di divieto. Il proprietario aveva dichiarato: «Io sono nonno, ho dei nipoti anche io. Non ce l’ho con i bambini, guai a chi li tocca. Ce l’ho con i genitori che non sanno educare i propri figli».

Cosa dice la legge

Secondo il Regolamento di attuazione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, datato 1940 e aggiornato nel tempo, all’articolo 187 si legge che salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del codice penale, gli esercenti non possono, senza un legittimo motivo, “rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo”. Quindi nessun ristoratore può rifiutarsi di accogliere e servire un cliente a meno di una legittima ragione. Ad esempio, si ammette la possibilità di non accettare chi in passato ha causato problemi pubblici o personaggi dediti a reati. Ma secondo gli esperti la legittima ragione lascia qualche spiraglio ai gestori intolleranti nei confronti di scalpiccii e strilli incontrollati.

Genitori maleducati?

Ma la questione sono i genitori che non sanno educare i propri figli o i bambini, che sono sempre più ingestibili? «In generale la prima persona che evita di uscire con un bambino non è il genitore che se ne frega, ma quello che ha paura di disturbare gli altri», spiega Marco Lampitelli, marketing manager e uno dei creatori di Benvenuto. la soluzione alle scorribande dei bambini al ristorante potrebbe essere secondo alcuni la creazione di un'area bimbiSi definisce un family restaurant e si propone come luogo di aggregazione sicura e positiva per bambini e adulti, aprendo il centro della città alle famiglie. Il locale si trova infatti in Piazza Vetra. Secondo Lampitelli il problema è «costringere un bambino per due ore a tavola, fermo. Il bambino è un bambino – continua Lampitelli – e dopo aver mangiato ha bisogno di fare qualcosa, non ha voglia di trattenersi con degli adulti. Un locale che non si adatta ai più piccoli li rende in qualche modo maleducati. È responsabilità del ristoratore riuscire a risolver e rendere confortevole e piacevole ogni tipo di cliente». Da Benvenuto si può andare a cena tutti insieme. Ci sono aree bimbi attrezzate, molto simili a quelle presenti in locali europei, dove l’attenzione ai piccoli clienti è molto alta. «Per capirci, in Italia il mio competitor è McDonald», aggiunge il creatore di Benvenuto, dove però le sale bimbi sono seguite da professionisti che giocano e intrattengono i piccoli. Si può dare un iPad per calmarli ma a quelli di Benvenuto l’idea non piaceva: «Preferiamo un intrattenimento attivo ed educativo». Sebbene in Italia ci siano 8 milioni di bambini dei quali ben 170.000 residenti a Milano, l’offerta di family restaurant è scarsa o pressoché assente. Più che un problema, sembra proprio un’opportunità.