BECO: il fascino del cabaret burlesque… per gourmet
Il nostro Alex Giuliani ha provato per la rubrica Rece Rock il ristorante cabaret Beco, a Lisbona. Ecco come è andata.
La prima volta che sono venuto a Lisbona rimasi un po’ deluso dalla cucina locale (qui il mio resoconto di allora) e, al mio rientro, dovetti passare tre mesi in clinica per disintossicarmi dall’abuso di coriandolo, ovvero quella diabolica spezia che ricorda l’aroma del bagnoschiuma Pino Silvestre e che qui viene usata in maniera smodata. Per questo mio secondo soggiorno nella capitale portoghese, Agrodolce mi ha invece affidato una missione che fin dalle premesse mi intriga e mi fa ben sperare. Beco Cabaret Gourmet (Nova da Trindade 18, 1200-303 Lisboa) è infatti una creazione di José Avillez, chef portoghese tra i più famosi al mondo, nonché due stelle Michelin per il suo Belcanto e proprietario di oltre 20 locali tra Lisbona e Porto.
La particolarità di questo posto è che si tratta di un teatro di cabaret burlesque ambientato negli anni ’20, dove viene servito del ricercatissimo e temutissimo finger food. Ricordo con terrore l’ultima volta che fui invitato ad una cena di finger food e tornai a casa con una fame tipo grizzly americano dopo il risveglio dal letargo. Quindi, per precauzione, prima di andare al locale mi sono segnato gli indirizzi di un paio di kebabbari di zona aperti anche di notte.
Come per ogni altro luogo d’interesse a Lisbona, per arrivare da Beco devo affrontare una salita letale con pendenza del 20% su sampietrini bianchi resi anche scivolosi dalla pioggia. Arrivo a destinazione talmente sfiancato e sudato che se fossi stato al Giro d’Italia mi avrebbero dato la maglia verde come leader della classifica di montagna. Essendo un posto segreto, per raggiungere la sala bisogna attraversare altri due ristoranti (tra cui Barrio do Avillez) e fermarsi di fronte ad una finta parete che in realtà cela la porta d’ingresso: praticamente sembra di entrare in un covo della S.P.E.C.T.R.E.
Qui mi accoglie il simpatico ed istrionico Francisco che, scoprirò poco dopo, sarà il vero mattatore della serata. L’ambiente è molto buio e per raggiungere il tavolo chiedo l’ausilio di un visore notturno ad infrarossi. Essendo terminati, vengo accompagnato sotto braccio da un simpatico cameriere con lunghissimi dreadlock che poi, gentilmente, mi chiede se sono allergico a qualcosa. Io rispondo immediatamente, quasi urlando: “Al maledetto coriandolo!”. Per quel che posso vedere nella penombra, l’ambiente è molto bello ed elegante, con la sala ad alte volte e pareti di pietre e mattoni a vista. Dietro al banco del bar c’è uno splendido murales che rappresenta Dita Von Teese.
– Osservo curioso un oggetto sul tavolo che somiglia ad una pinzetta per sfinarsi le sopracciglia. Le mie, in effetti, ricordano quelle di Fabio Cannavaro ma non mi sembra carino usarle ora. Solo un quarto d’ora più tardi capirò che si tratta di una posata per mangiare la prima pietanza
– Insieme al cocktail mi viene portata una rosa rossa che, per l’appunto, è la prima pietanza. Ma solo dopo un quarto d’ora ho capito che è commestibile e che va mangiata utilizzando le pinzette da sopracciglia. Sono così imbarazzato che alla fine oltre al cuore della rosa, fatto di mela imbevuta di lychees margarita, mangio pure una mezza dozzina di petali veri
– Il successivo mini taco ripieno di tonno piccante e avocado è talmente buono che mi mangerei anche la molletta che lo chiude
– Purtroppo non trovo altrettanto gustoso il foie gras con zucchero filato che, nonostante la spolverata di lampone, sembra ovatta. Mentre mastico mi sento come Marlon Brando che, per impersonare Don Vito Corleone ne ‘Il Padrino’, si metteva del cotone idrofilo in bocca
– Il successivo shot di Guacamole è gradevole e, se non altro, mi aiuta a mandare giù il cotone idrofilo
– Nel frattempo inizia lo spettacolo, in cui Francisco e le ragazze si alternano cantando, ballando e scambiando battute tra loro e con gli astanti. Tutto molto di classe, nessuno spogliarello, nessuna volgarità, solo tanta simpatia. Per farla breve, le ragazze qui sono più vestite delle Meteorine che leggono le previsioni del tempo su Mediaset
– Ogni pietanza mi viene minuziosamente presentata e descritta in perfetto inglese, come se potesse tornare utile a uno come me che non riconosce gli ingredienti neanche se dichiarati in italiano. Faccio comunque finta di capire tutto, tanto mi hanno garantito che mi verrà dato il menu completo a fine cena
– Arriva il primo dei piatti principali: si tratta di una ceviche di gamberi costieri e fiori con miele yuzu, latte di tigre e mais dolce. Nonostante l’aspetto mi ricordi un’aiuola viennese e io abbia già mangiato più petali di un curculionide, mi piace davvero molto
– Con la portata successiva a base di tuorlo, carciofi, parmigiano e tartufo si inizia a fare sul serio e il mio umore sale vertiginosamente, tanto che ho quasi voglia di salire sul palco a fare un duetto con Francisco. Ma ho dimenticato le calze a rete a Roma, quindi rinuncio
– Le tagliatelle con gambero rosso gigante, finocchio e caviale è, secondo me, il piatto migliore della serata ed è quello che mi fa fare una scarpetta che neanche il Maestro Kesuke Miyagi mentre mette la cera e toglie la cera
– I diversi vini locali che mi vengono portati ad accompagnare le varie portate sono molto buoni. In particolare il vino Procura, un rosso forte e corposo, così chiamato perché dopo tre bicchieri è probabile che avrai a che fare con la legge
– Anche la coda di bue con purea di fave e mini cubetti di pancetta è talmente saporita che non ci rinuncerei neanche se fosse Dita Von Teese in persona a chiedermelo. Forse
– Inizio a sentirmi sazio quando scatta l’ora dei numerosi dessert. Lo intuisco dalla vigorosa spazzolata che viene data dal cameriere per togliere la montagna di molliche che ho lasciato sul tavolo
– Il ghiacciolo al fiore di sambuco è servito come fosse un diamante in un piccolo forziere luminoso. Coreografico, bellissimo, buonissimo! E probabilmente anche costoso come un diamante vero
– Altrettanto coreografica è la presentazione delle squisite castagne arrostite, prese con le mani da un braciere rovente ma che in realtà è riempito di ghiaccio. Perdonate la supercazzola, ma pure io non ci ho capito niente e mi sono avvicinato con la cautela di un artificiere che deve disinnescare una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale
– Ho voglia di fumare e, come se mi avessero letto nel pensiero, arriva a tavola un magnifico sigaro cubano. Ma, mentre sto per accenderlo, mi informano che è di cioccolato
– È il momento del ghiacciolo alla fragola e barbabietola, a forma di rossetto e servito su uno specchio. Ho visto alcune ragazze lasciarlo scogliere passandolo sulle labbra, allora ci ho provato anch’io, impiastrandomi i baffi e la barba tanto da farmi somigliare a Gimli, il nano del Signore degli Anelli. Magnifica la presentazione, ma praticamente si tratta solo di un mini Calippo
– L’ultimo dessert è una perla di cioccolato servita in un’ostrica insieme ad altre 7 perle di plastica. Intuendo la mia profonda e coerente stupidità, il cameriere mi ha prontamente indicato l’unica perla commestibile. Ancora lo ringrazio per avermi evitato una lavanda gastrica e l’ennesimo ricovero in territorio straniero
– A fine pasto, insieme ad una scarpa da donna tacco 12, arriva come promesso l’elenco delle cose che ho mangiato. Scopro di aver indovinato solo 5 dei 759 ingredienti presenti nel pasto ma resta una certezza: il maledetto coriandolo c’è anche stavolta, seppur ben celato all’interno del mini taco.
Saluto e ringrazio tutto il gentilissimo personale del Beco che, prima di accompagnarmi all’uscio, mi elargisce un pò di grappa per poter affrontare al meglio la strada in questo inverno rigido. Che poi a Lisbona ora facciano 22 gradi, è un’informazione trascurabile. Torno al mio hotel soddisfatto dello splendido pasto e sazio, percorrendo le ripide discese di Lisbona con la stessa difficoltà di Fantozzi quando passeggia per le vie di Capri indossando gli zoccoli del pescatore caprese e rischiando a più riprese di fare una sforbiciata che neanche Cristiano Ronaldo.