Birra calda? Non è un problema, se è Glühbier
Solitamente la birra calda non è molto apprezzata, ma la Glühbier, speziata come un vin brulè, è un discorso diverso: ecco cos’è e dove trovarla.
Tra le cose che non sopporto del mondo della birra artigianale c’è la birra calda. Eppure, ne esiste un tipo decisamente apprezzabile. I polacchi la chiamano grzane piwo, una birra decisamente apprezzabile, detta Glühbier in germania e glühkriek in belgio i tedeschi Glühbier mentre in Belgio, dove lo stile prediletto per questo tipo di birra prevede l’aggiunta di ciliegie (ma a volte anche il lambic), glühkriek. A qualcuno non sembrerà troppo strano, d’altronde la birra refrigerata è un’invenzione del XIX secolo. Fino alla diffusione del primo frigorifero, la birra più fredda infatti era quella che veniva dalla cantina e non è difficile immaginare che alcuni, nel frattempo, abbiano voluto sperimentare anche temperature più alte, magari per combattere il freddo. E anche agli italiani in generale, perfino tra quelli abituati a tracannare birre ghiacciate, una birra riscaldata non suonerà come stravagante.
La ragione sta nella sua speziatura, che ricorda quella del vin brulé. Tra le caratteristiche di questa birra brulé, infatti, troviamo un forte uso di spezie, per esempio cannella, chiodi di garofano e zenzero, ma anche di miele e di arancia. la speziatura caratterizza la birra, ricordando quasi un vin brulè Questi ingredienti possono fare parte della ricetta originale della birra, oppure essere aggiunti successivamente. Un altro aspetto tipico è il grado alcolico, che deve essere sostenuto, per riscaldare appunto. La pecca è la sua diffusione. In Italia, si trovano difficilmente tracce di birre pensate appositamente per essere riscaldate: attualmente in commercio c’è la A Renna Glü di Loverbeer, un birrificio piemontese nato tra le vigne, che ha scelto proprio l’uva come suo punto di forza. La A Renna Glü è brassata con mosto di uva Fresia e vede l’aggiunta di spezie quali cannella, chiodi di garofano, scorze di arancia dolce e anice stellato. La base è la D’uva Beer, un grande successo del birrificio, a cui sono state aggiunte le spezie. Si può bere sia a temperatura normale, cioè 8-12 gradi, sia dopo averla riscaldata a bagnomaria o direttamente in un pentolino. Non ci vorrà un diploma da degustatore per capire che la stessa birra in queste due versioni dia dei risultati sorprendentemente diversi.
Un altro esempio di birrà brulé ben riuscito è la Liefmans Glühkriek. È una birra a fermentazione spontanea che ha come base la classica kriek della Liefmans, ma che esalta le note speziate. Anche qui, potete sperimentare. La versione calda, se in una lunga e fredda giornata d’inverno volete provare a riscaldarvi un po’, la versione fredda, invece, se volete farvi un’idea più chiara di questa birra.
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- Annie Bananie