Broccoli e arzilla: l’espressione della cucina casalinga romana
La cucina romana casalinga si è sempre fondata su ingredienti poveri e piatti ingegnosi: vi raccontiamo la ricetta della minestra di broccoli e arzilla.
Il broccolo romanesco è un cavolo edibile, cresce da fine settembre sino alla fine di febbraio, ricorda il frattale matematico: pare sia la forma a cui si siano ispirati per definirlo. È un alimento tipico della cucina romana che in genere è fondata la cucina romana è fondata su ingredienti poveri e piatti ingegnosi preparati con gli scarti su ingredienti poveri e piatti ingegnosi preparati con gli scarti delle mense signorili e con parti grasse atte alla sopravvivenza, a saziare gonfiando lo stomaco. Tutte le ricette hanno un sapore che definire deciso è limitante. Sono poche le tracce storiche delle ricette di casa, salvo alcuni testi latini come il De agri cultura, che riportano per lo più sbobbe grasse e stufati. Una visione delle tradizioni romane moderne la si ha con Ada Boni nel 1959 e qualche traccia la si trova nel poeta Gioacchino Belli, ma c’è poco altro. La cucina di casa e dei ‘Matriciani (gli osti romani) del popolino in genere è tramandata principalmente in ambito familiare.
Roma è stata sempre un mercato di consumo, avendo però i confini dell’agro sino in città ed essendo divisa in due classi separate, i ricchi e il nulla. Terra occupata da una parte da principi, clero e soldati stranieri; dall’altro da romani doc, qualche artigiano, mercanti ebrei e pastori. La città ha creato la propria cucina casalinga dai pochi prodotti di avanzo delle produzioni regionali: olio e maiali dalla Sabina, verdure dal Pontino, vini e pastorizia dalla Ciociaria, poco pesce. Tra i legumi erano i ceci a farla da padrona, anche sulla tavola dei ricchi: bagnati di olio e presentati caldi in ciotoline di coccio aprivano il pasto della sera. Poi, con i secoli, la cucina del volgo prese l’abitudine di fare della zuppa di legumi il suo piatto della vigilia, come pasta ceci e baccalà, divisi in due categorie: quelli di Trevi senza pellicina e quelli ammollati. A questi aggiungete cicerchia, fagioli bianchi e borlotti, il farro sia cotto che in farina. Sulla scia del connubio legumi e pesce si inserisce broccoli e arzilla.
Si tratta di una zuppa di razza con broccoli romaneschi: la Razza chiodata detta arzilla o Rassa spinusa, Baraccola, Rascia, Petruzza o Raja clavata (per i non romani) è un pesce schiacciato con due membrane laterali come fossero delle ali. Lunga dai 30 agli 80 centimetri, ha un corpo romboidale, di colore grigiastro, con una robusta coda accompagnata da una serie di aculei uncinati, cui deve sia il nome italiano di Arzilla Chiodata. Le parti che si consumano sono le ali, ovvero le pinne laterali: sono cotte prevalentemente in brodo, perché le lische cartilaginee si dissolvono durante la bollitura, dando una ricca consistenza all’estratto.
A Roma, fin dall’antichità, l’interesse per l’arzilla è stato funzionale alla cucina di magro (i precetti cristiani apostolici prevedevano sino a 200 giorni di magro), tanto d’essere quasi di precetto almeno il Venerdì Santo, principalmente perché alla portata di tutte le tasche. il brodo di arzilla a roma è sempre stato funzionale alla cucina di magro La ricetta della minestra broccoli e arzilla si prepara scottando in olio caldo la polpa senza pelle della razza uncinata con cipolla, sedano e uno spicchio di aglio. Sfumate con un bicchiere di vino, coprite con acqua fredda in misura 1:3. Portate a bollore e fate lessare a fuoco lento per un’ora circa. Lasciate raffreddare il pesce nel suo brodo, destinandolo al consumo per il pranzo. A parte preparate un soffritto con olio, aglio, un’acciuga, peperoncino e concentrato di pomodoro; fate sfumare con un altro bicchiere di vino. Pulite il broccolo romanesco dividendolo in cimette e unitelo alla salsa: fate cuocere per circa 10 minuti con un poco di brodo di razza filtrato. Dopo 20 minuti aggiungete tutto il brodo con la razza avanzata dal pranzo e lasciate cuocere a fuoco basso per altri 10 minuti. A parte cuocete la pasta o preparate dei crostini di pane raffermo. Servite mettendo il carboidrato scelto nel piatto, coprite con il brodo caldo e con un filo d’olio e peperoncino, se lo gradite.
Il sapore spicca il volo come un ceffone in pieno viso, ricco com’è di punte tra l’amaro, il dolce, il sapido e il piccante. Personalmente non uso il sale, sperando ne sia provvisto il pesce e l’acciuga. Per evitare che l’odore del broccolo conquisti tutta la casa, potete usare un poco di aceto in cottura o lavarlo precedentemente con acqua e bicarbonato, ma si tratta di palliativi. Altro accorgimento: ricordatevi di togliere l’aglio dal soffritto appena imbiondisce. Il vino che vi consiglio di utilizzare è un bianco secco Passerina del Frusinate o Malvasia puntinata. A me piace anche grattugiare dei semi di coriandolo sopra al brodo: provate, non ve ne pentirete.
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