Chalet Euthalia: scoprire il lato gentile della cucina di montagna vicino Cuneo
Chalet Euthalia, situato nelle Alpi Occidentali, svela passioni, trasmette calore e racconta storie. In particolare, quelle di Giuseppe e Gian Michele Galliano che dal loro interesse per la ristorazione d’alto livello hanno saputo sviluppare il loro personale progetto.
A San Giacomo di Roburent, un minuscolo paesino di montagna situato nelle Alpi Occidentali, c’è Chalet Euthalia: il progetto della famiglia Galliano che svela passioni, trasmette calore e racconta storie. Tra tutte, la più emozionante è sicuramente quella che descrive il modo in cui l’interesse per la ristorazione d’alto livello si sia insinuato tanto nella vita di Giuseppe, il papà, quanto in quella di Gian Michele, il figlio.
Una volta ottenuta la laurea in Belle Arti, Gian Michele comincia infatti a lavorare nel ramo immobiliare insieme al padre. Tuttavia, in seguito ad un viaggio a Parigi e a qualche altra esperienza gastronomica ispirata dalla lettura della nota guida Michelin, si rende conto di avere un’infatuazione per la cucina talmente tanto potente da non poter rischiare di lasciarla svanire nel nulla. Così, Gian Michele Galliano decide di chiudere un capitolo della sua vita e aprirne subito un altro.
Autodidatta, lo chef osserva, studia, sperimenta, si confronta e piano piano individua la sua filosofia. Una filosofia che parla di tradizione, di ricordi e di un amore autentico per i luoghi d’infanzia. Nel 2022, completata la sua formazione, torna a casa, a Roburent, nel luogo dov’è nato e cresciuto. Lì, il padre decide di sostenerlo e lo fa nel modo a lui più spontaneo: gli costruisce Euthalia, uno chalet di montagna contaminato dallo stile napoleonico, la realtà ideale dove scoprire una cucina di montagna alleggerita, elegante e raffinata e, volendo, anche dormire.
Infatti, oltre alla sala ristorante, la struttura dispone anche di cinque confortevoli stanze e una sala per la colazione, tutte curate in ogni minimo dettaglio. D’altra parte, da Euthalia, a farsi notare sono proprio i dettagli. In cucina come in sala.
La cucina
In cucina, ogni decisione presa dallo chef dipende dalla stagionalità, dal ritmo della natura, dal rispetto del territorio e della qualità dei prodotti. I piatti, che partono sempre dalla memoria, incontrano spesso novità provenienti dal resto del mondo e accolgono, seppur superficialmente, delle contaminazioni. L’importante, come è evidente dal menu, è evitare sempre gli sprechi, utilizzare ogni parte di un ingrediente, valorizzare il sapore e il profumo del cibo e, infine, ricorrere all’essenzialità.
Il Vitello tonnato, ad esempio, è riconoscibile nel gusto ma non nella presentazione: ricercata, precisa e pulita, più vicina alle usanze orientali che a quelle occidentali. Del Risotto burro e salvia invece non si può che apprezzare l’equilibrio, tanto nella consistenza quanto nel sapore. Quella sensazione di cremosità, intimità e memoria data dal burro, reperito negli alpeggi delle montagne vicine, sa lasciare il giusto spazio alla prepotenza aromatica della salvia, coltivata invece personalmente nell’orto dello chalet insieme ad altre numerose varietà di piante aromatiche e officinali, e all’acidità, alla freschezza della zucca in versione sia affumicata che agrodolce.
Con l’Agnello e il topinambur, poi, si ha la sensazione di un sapiente e misurato utilizzo dell’ingrediente principale: tenero, gustoso, appetitoso. Grazie alle mani dello chef, certo, ma anche grazie alla qualità della materia prima acquistata in uno dei piccoli allevamenti locali. Ma la vera genialità nella composizione di questo secondo piatto sta tutta nell’abbinamento con il limone, e che limone. Quello proveniente dal terreno che la famiglia Galliano possiede a Sanremo e che, preparato alla marocchina, è in grado di spingere la carne fino a farne esplodere il sapore sul palato. Solo il topinambur, a fianco della carne, sa riportare alla realtà, alla fatica di chi lavora ogni giorno la terra, con le mani ma anche con la testa. Per concludere, il dolce. Goloso, efficace. Una coccola che scalda e permette, per un istante, di sentirsi di nuovo bambini.
La sala
In sala, la presenza di papà Giuseppe, sempre impeccabile nei modi come nell’abbigliamento un po’ retrò, è attenta ma discreta. Se il mestiere per cui ha studiato è quello del costruttore, bisogna ammettere che anche il ruolo del maître gli riesce benissimo. È evidente, mentre descrive i piatti o versa il vino (anche naturale), che il suo interesse per il mondo della ristorazione è reale e che lo chalet, per lui, è la sua casa. D’altronde, come già detto, l’ha costruito e arredato lui.
Ma che cosa si trova, quindi, una volta varcata la soglia di Chalet Euthalia? E che cosa rimane, soprattutto, dopo aver incontrato la famiglia Galliano? Di certo consapevolezza, tanto nella selezione dei prodotti offerti dal territorio quanto nelle competenze e nelle intuizioni necessarie per non snaturarli. Sostenibilità, ma sia ambientale sia economica sia sociale. Sincerità. Personalità. E, infine, precarietà.
Sì, perché questa è un’esperienza gastronomica nata da una materia prima rintracciata in un preciso momento, magari dall’incontro con un margaro, con un allevatore o un pescatore, che non si ripeterà mai uguale. Tuttavia, la sua precarietà non si rivelerà mai un difetto, tutt’al più un valore aggiunto che sottolinea – ancora una volta – tutte le opportunità che la natura ci offre e che noi dovremmo imparare a sfruttare in modo corretto.