Cima alla genovese: cucina di recupero
La cima genovese è una specialità tradizionale della Superba, preparata con le interiora di vitello e spesso consumata durante il periodo natalizio.
La cima alla genovese è uno dei piatti tradizionali più importanti e significativi della cucina ligure. La si prepara in tutta la regione, ma la sua patria di nascita è il genovesato. Vero emblema della gastronomia della Superba e preparata soprattutto con le conserve, la cima è un piatto della cucina di recupero: è un piatto che richiede cura, lentezza e accortezza, elementi un po' persi nella frettolosa era moderna tra i suoi ingredienti infatti sono presenti in maniera rilevante le frattaglie dell’animale. La cima è una sacca di carne di manzo ripiena, cucita e cotta mediante bollitura, e va servita tagliata a fette abbastanza sottili a temperatura ambiente; la si può conservare qualche giorno. La cima è un piatto cittadino, nato appunto a Genova, ma la sua preparazione è lunga e richiede diversi accorgimenti. Il metodo e la grande cura nella preparazione di questa specialità sono ben espressi e raccontati nella canzone in dialetto genovese di Fabrizio De Andrè, A Cimma, dedicata proprio alla ricetta tipica. Accortezza e lentezza mal si conciliano con i ritmi della vita contemporanea: per questo motivo la cima alla genovese è ormai diventata uno dei piatti più gettonati dai genovesi per il pranzo di Natale, ma la si può cucinare in qualsiasi periodo dell’anno.
Cima alla genovese: consigli e ingredienti
Come potrete immaginare, le ricette variano da famiglia a famiglia: noi cercheremo di fornirvi la versione più tradizionale possibile. Per quanto riguarda le verdure da utilizzare, è bene che vi regoliate anche in base ai prodotti di stagione disponibili. la cima va servita a fette di 1 cm a temperatura ambiente e va preparata il giorno prima Preparate la cima il giorno prima rispetto a quando dovrete mangiarla e tagliatela a fette di 1 cm di spessore; se ne avanza, provate a friggerla. La ricetta della cima genovese prevede una tasca di vitello di circa 2 kg: potete chiedere al vostro macellaio di prepararvela già cucita su 3 lati. Per il ripieno servono 150 g di polpa magra di vitello, 100 g di poppa (tettina di vitella), 100 g di strigolo (un taglio della trippa, la retina che avvolge l’intestino dell’animale), 100 g di piselli, 100 g di parmigiano reggiano grattugiato, 1 animella di vitello, mezzo cervello e mezzo testicolo di vitello, 6 uova, la mollica di un panino secco all’acqua (imbevuta nel brodo o in un po’ di latte), 1 spicchio di aglio, maggiorana, sale, pepe e olio di oliva. Per l’acqua di cottura della cima vi serviranno gli odori classici, ossia sedano, carota e cipolla. Procuratevi uno strofinaccio bianco pulito in cui avvolgere la cima durante la cottura.
Procedimento
Tagliate la carne di vitello a tocchetti, fatela rosolare in padella con dell’olio di oliva e lo spicchio d’aglio. Quando la carne è ben dorata, aggiungete i piselli precedentemente sbollentati; infine unite in padella tutte le frattaglie e la mollica ammollata, strizzata e tritata; salate e lasciate cuocere a fuoco medio per qualche minuto. Una volta spento il fuoco, lasciate intiepidire il composto, mettetelo in un recipiente e aggiungete le uova, il parmigiano, la maggiorana, il pepe; se necessario aggiungete un pizzico di sale e amalgamate il tutto. Riempite la sacca con il composto ottenuto. Fate attenzione che il ripieno arrivi a poco più della metà: durante la cottura infatti esso acquista volume e, se ne viene messo troppo, si rischia la rottura della sacca. A questo punto cucite il lato aperto della tasca di vitello; avvolgete la cima nel canovaccio e legatelo con lo spago in modo che non si apra durante la cottura.
Immergete la cima in acqua tiepida con la carota, la cipolla e il sedano e, una volta raggiunto il bollore, fatela cuocere per circa un’ora. Durante la cottura ricordatevi di bucherellarla con un punteruolo, onde evitare che scoppi facendo uscire il ripieno. Una volta cotta, la cima va adagiata su un piano e messa sotto un grosso peso: questa operazione serve a fare uscire l’acqua in eccesso. Dopo qualche ora, quando la cima ha raggiunto la temperatura ambiente, si toglie il peso, si asporta il panno e la si affetta. Ricordate: fette di circa 1 cm. Buon appetito!
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- Cima genovese via Shutterstock
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