Colva: il dolce pugliese per il giorno dei morti
In Italia non v’è regione che non abbia nella propria tradizione gastronomica un piatto di rito dedicato al giorno dei morti: scopriamo la colva pugliese.
Se siete stati in Puglia tra la fine di Ottobre e l’inizio di Novembre dovete aver assaggiato la colva, dolce pugliese di antiche tradizioni.
Cibo dei defunti
Il cibo, si sa, è spesso la soluzione più immediata a molteplici turbamenti emotivi. Ciò che non sempre ricordiamo è l’esistenza di vere e proprie cerimonie antropologiche legate alla cultura del nostro territorio, non ultime quelle pratiche che vedono il cibo protagonista del conforto per la perdita o il ricordo di una persona cara. In Italia non v’è regione che non abbia nella propria tradizione gastronomica un piatto di rito dedicato al giorno dei morti. Pan dei morti, grandoti, smegiaza, pupi di zucchero, ossa di morto, torrone dei morti sono offerti in dono ai defunti per nutrirli e salvarne le anime.
Cosa è la colva
In Puglia, in una zona che abbraccia il nord barese e il foggiano, per il 2 novembre molte famiglie preparano ancora la Colva o grano dei morti. È una sorta di macedonia autunnale dalla preparazione laboriosa e dal forte carico simbolico.
Storia della colva
Il nome colva pare derivi dal greco kòllyva o kòllyba, che significa grano cotto, e racconta di un’antica origine contesa tra i tempi della Magna Grecia e la dominazione bizantina del sud Italia. Secondo alcuni rappresenta la memoria di un avvelenamento inflitto ai cristiani da Giuliano l’Apostata: i superstiti si salvarono mangiando grano bollito per 40 giorni. Secondo altri raffigura la bontà e la benevolenza dei defunti e delle loro divinità.
In Grecia indica una vivanda che viene offerta dopo la messa da requiem a glorificazione del defunto e pare si consumi sulla tomba fino a 40 giorni dopo la morte del caro; lì, il piatto è a base di grano cotto, spesso unito al melograno, all’uva passa, alla farina e allo zucchero. La ricetta pugliese è simile. La preparazione inizia il 1 novembre con l’ammollo del grano per terminare il 2 con l’aggiunta di tutti gli altri ingredienti.
Come è fatta la colva
Ogni elemento coinvolto nell’intruglio goloso fa parte del corredo simbolico che lega la morte alla vita e ciascuno è messo nella ciotola non a caso: il grano cotto rappresenta i defunti, i canditi o l’uva bianca sono la loro anima, i chicchi di melograno ricordano i loro occhi, le noci le loro ossa – o il loro cervello-, il vincotto (di una o fichi, a seconda della zona) è il loro sangue, il cioccolato è la fertilità della loro esperienza terrena. I vivi lo mangiano per allontanare la morte attraverso il piacere del gusto della vita che nel cibo e i suoi profumi trova un valido motivo per non mollare.
Vista la notevole componente calorica e le tempistiche di preparazione (occorrono circa 24 h), la colva rappresentava – ora è servito come dessert o merenda- il piatto unico ideale per le famiglie perché permetteva loro di dedicare tutto il tempo necessario alle visite ai defunti senza porre il problema di dover cucinare al rientro. Una volta assaggiata la colva è facile poter comprendere come il 2 novembre sia il più conflittuale dei giorni: tristezza e gioia giocano alla pari.
Significato e simbolismo degli ingredienti
Gli ingredienti della colva non sono scelti a caso: ognuno ha un significato simbolico che collega il mondo dei vivi a quello dei defunti. Ad esempio, il grano cotto rappresenta la continuità della vita, poiché, come un seme, simboleggia la rinascita. Il melograno e l’uva simboleggiano l’abbondanza e la fertilità, mentre il vincotto di uva o fichi aggiunge dolcezza e rappresenta il sangue, legando spiritualmente la vita terrena a quella ultraterrena. Questo simbolismo trasforma la colva in un vero rito collettivo di memoria e rispetto.
La colva nella cultura popolare
Oggi, la preparazione della colva è un momento di ritrovo per le famiglie, che tramandano il rituale di generazione in generazione. Le nonne spesso insegnano ai nipoti l’arte di preparare questo dolce tradizionale, rafforzando i legami familiari e diffondendo la storia culturale pugliese. Questo legame affettivo rende la colva non solo un alimento, ma una tradizione viva che permette alle nuove generazioni di riscoprire le proprie radici, rendendo omaggio agli antenati.
La colva e altre tradizioni europee
La colva ha un’affinità con tradizioni simili in Grecia e nei Balcani, dove pietanze a base di grano vengono consumate in riti funebri per commemorare i defunti. Anche in altre regioni italiane, dolci come il “Pan dei Morti” in Lombardia o le “Ossa di Morto” in Sicilia testimoniano quanto la cucina sia storicamente legata alle cerimonie per ricordare chi non c’è più. Questi piatti riflettono un comune senso di rispetto per la vita e di comunione con coloro che ci hanno preceduto.
Conclusione
Sebbene la colva rimanga radicata nella tradizione, alcune famiglie oggi la personalizzano aggiungendo ingredienti come scorza d’arancia o anice per un tocco di innovazione. Inoltre, questo dolce viene sempre più proposto in ristoranti e pasticcerie locali, dove chef e pasticceri lo reinterpretano con presentazioni moderne, mantenendo intatto il significato originale. La colva diventa così un modo per diffondere la cultura pugliese oltre i confini regionali, facendo conoscere le sue tradizioni più intime a un pubblico più ampio.
Grazie al blog Ammodomio per la foto di copertina.
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