Perché è ingiusto demonizzare la pizza di Carlo Cracco
Siamo stati da Carlo Cracco nel bistrot in Galleria a Milano: ecco com’è la pizza tanto criticata sui social network e perché ci è piaciuta.
Se avete dato un’occhiata alla vostra timeline di Facebook negli ultimi giorni, vi sarete accorti che la foto di una pizza monopolizza il social. Non è una bella e maculata pizza napoletana; non è una romana scrocchiarella e fantasiosamente condita. È la pizza di Carlo Cracco, servita nel bistrot del nuovo locale in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. L’onda mediatica causata dalla suddetta pizza si fonda su due accuse principali: è bruttina ed è cara. Ma è buona? C’è un solo modo per andare a fondo sul motivo di tanto clamore (e astio): andare ad assaggiarla.
A orario di cena con le galline (erano le 18.55) mi sono presentata al bistrot e ho chiesto se fosse ancora disponibile la pizza, dato che nei giorni precedenti la richiesta è stata talmente alta che l’impasto è terminato prima della fine del servizio. La ragazza all’ingresso mi ha risposto sorridendo di non preoccuparmi e mi ha fatto accomodare. A quasi ogni tavolo del bistrot qualcuno aveva ordinato la pizza. Operazione di marketing perfettamente riuscita? Può darsi. Arriva il maître: vista la pizza sul mio tavolo, ha voglia di chiacchierare degli avvenimenti degli ultimi giorni. Scopro così che ci sono stati clienti arrabbiati perché la pizza, viste le numerosissime richieste, era finita: “Ci hanno detto di aumentare le quantità di impasto, ma noi non siamo una pizzeria: non abbiamo intenzione di produrre più pizza“.
In menu ci sono due tipi di pizza: margherita e con verdure di stagione. Entrambe costano 16 euro. L’impasto è preparato con lievito naturale e farine bio macinate a pietra. Il cameriere mi chiede se non preferisco ordinare altro, se voglio capire questa pizza, devo necessariamente assaggiarla dato che il menu è ampio e interessante, ma sarà per un’altra volta. Voglio capire, per capire devo assaggiare. E questo è uno dei problemi con la polemica sui social: tanti – diciamo il 90%, per tenerci bassi – che criticano questa pizza non l’hanno nemmeno annusata, probabilmente nemmeno vorrebbero. Non sono interessati poiché non si presenta attraente come una pizza classica, ma del resto non lo è. È la pizza di Cracco. E poi: 16 euro per una pizza è un affronto! Eppure tante (ottime) pizzerie annoverate alla voce gourmet non propongono pizze molto più economiche, anzi. Inoltre qui siamo nel cuore di Milano, in un posto piacevole ed elegante, a due passi dal Duomo: i prezzi sono legati alla zona (e al nome dello chef), c’è poco da fare.
Intanto al tavolo è arrivata la pizza, già tagliata in quattro fette. Profuma, ha una crosta brunita, il pomodoro è generoso, guarnito di foglioline di basilico. Ricorda vagamente la pizza al trancio tanto diffusa (e criticata?) a Milano, con un impasto steso più spesso rispetto a quello di una classica pizza tonda. Il cornicione è molto croccante, godibile. La salsa di pomodoro è intensa, la mozzarella di bufala è ottima. Un boccone, un altro boccone: non riesco a odiarla, non la voglio criticare. Riesco solo a pensare: è buona, mi piace. La finisco con soddisfazione. La digerirò anche meglio, senza alcun problema.
Chiedo il conto: 16 euro la pizza, 7 euro l’acqua in bottiglia di vetro da 75 cl. Esagerato? Sono d’accordo, com’ero d’accordo sull’esagerazione di 5 euro per una bottiglia da 50 cl della medesima acqua all’Osteria Francescana. Pago, ringrazio ed esco. La mangerei ancora? Sì.