I 12 step del risotto perfetto di Christian Costardi
Come preparare il risotto perfetto ce lo spiega Christian Costardi, ci sono 12 prove da superare, venite a scoprire quali.
“Il risotto ci lascia liberi di fare quello che vogliamo a livello gustativo: è una tela bianca”. C’è tutta la passione e il temperamento di Christian Costardi in questo incipit perfetto. Perfetto per un pezzo che nasce con l’intenzione di svelare in poche mosse i trucchi per cucinare un risotto comme il faut e si risolve in una mini-trattazione sull’argomento. Del resto è facile lasciarsi trascinare dall’entusiasmo di Christian, che col fratello Manuel gestisce l’ex Risotteria dell’Hotel Cinzia di Vercelli – oggi Da Christian e Manuel – tempio laico del risotto, premiato con una stella Michelin. In menù circa venticinque proposte, tutte preparate col Carnaroli prodotto ad hoc da Gli Aironi di Lignana – “da quattro anni scegliamo i lotti e puntiamo su un riso meno lavorato, che mantiene la gemma”. In dodici mosse, ecco dunque come realizzare un risotto sublime.
- Qualità, imperativo assoluto. Vialone nano, Baldo, Carnaroli, Roma. Tutte le varietà di riso vanno bene purché sia un prodotto italiano e di qualità. Da evitare assolutamente il Parboiled. Il migliore in assoluto è il Carnaroli: ma dev’essere italiano e non Karnak o Carnise, che sono simil-Carnaroli ma hanno rese diverse in cottura.
- La personalità del riso. Il riso è uno degli ingredienti più difficili da trattare, va instaurato un rapporto quasi simbiotico. Cambia perché è un alimento vivo, influenzabile da clima, umidità, dalla campagna di coltivazione, da quando è stato aperto il sacchetto. Come si capisce se è un buon riso? Assaggiandolo senza sale, solo bollito. Così si percepisce la personalità del riso. Il chicco deve essere abbastanza grande e avere un buon rilascio di amido (ma non esagerato). È importante che chicco resti sgranato e bianco: se diventa giallo, è vecchio.
- Il mistero del soffritto. Non uso mai il burro perché è un azzardo inutile: tende a bruciare velocemente e c’è il rischio che il sentore resti nel piatto. È preferibile utilizzare l’olio. E non per tutti i risotti serve una base di soffritto. Se parliamo di una ricetta classica, allora ci vuole la cipolla bionda, ma non tritata al coltello: meglio tagliarla in quattro, frullarla con un filo di olio di semi o di acqua e ottenere una purè di cipolla. È comoda perché si scioglie e non rimangono quei pezzetti di cipolla sgradevoli sotto i denti. Mai rosolarla troppo, basta farla colorire un po’.
- 40 secondi di tostatura. La tostatura è un passaggio breve ma fondamentale. Serve a scaldare il riso e a dilatarne i pori. Si fa a fuoco vivace, tra i 40 secondi e il minuto. Lì aggiungiamo sale e pepe, perché è l’unico momento in cui abbiamo il potere di dare gusto: prendendoci la mano, non sarà più necessario salare dopo. Poi sfumiamo con vino bianco, secco e non troppo aromatico: serve per aumentare l’acidità e originariamente veniva utilizzato come simbolo di ricchezza. Una volta si diceva: “Il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Ma dipende dal risotto che stiamo preparando: nel riso al pomodoro non lo utilizziamo, io non lo amo nemmeno in quello ai funghi. Poiché cresce anche il numero d’intolleranti o allergici al vino, possiamo sfumare direttamente col brodo.
- Il brodo delle meraviglie. Per irrorare il riso basta un brodo vegetale classico, con sedano carota e cipolla. Oppure di carne, con un misto di pollo, vitello e manzo. Il brodo deve restare sempre in ebollizione, molto caldo e neutro, cioè mai salato. Quanto va aggiunto? Quanto riso lo chiede, quando si asciuga e non è più fluido.
- La pentola giusta. La cosa migliore sarebbe usare una pentola in rame ma non tutti ce l’hanno in casa. A me piace usare una pentola bassa e larga, un rondò dove il riso sta comodo. Meglio con un solo manico, perché mi permette una migliore mantecatura all’onda. Ma ho visto fare veramente di tutto. Da evitare l’antiaderente, perché il risotto un po’ deve fare un po’ di resistenza nella pentola sennò muta il rilascio di amido. Attenzione poi se utilizzate la piastra a induzione: cambia la tostatura, bisogna fare attenzione alla temperatura altrimenti si rischia di ottenere un chicco slegato. Il risultato finale è diverso, non peggiore ma diverso.
- Mescolare è come corteggiare. Il risotto va sempre girato, dall’inizio alla fine, perché rilascia meglio l’amido. Ce lo insegna la storia del riso. Ma non stiamo girando la polenta, dunque non strapazziamolo: basta un movimento gentile, che permetta il rilascio dell’amido. Un accompagnamento nella cottura, quasi un corteggiamento lento fino alla fine.
- La variabile cottura. Spesso mi chiedono: “Christian, ma quanto deve cuocere un risotto?”. Sarebbe bello codificarlo, ma non c’è uniformità. 16 - 18 minuti è il tempo ideale ma dipende da come lo vogliamo sentire al palato: nel vercellese si lascia più al dente, in Lombardia più cotto. Io preferisco masticarlo un po’: solo così si sente la personalità del riso.
- Come evitare di scuocere il riso. Se il riso scuoce, è perché è di pessima qualità. Molti italiani stanno attenti a comprare la pasta buona, poi scelgono il riso che costa meno. Purtroppo c’è ancora poca conoscenza del prodotto, anche se c’è un cambiamento: per anni è stata una commodity, ora c’è più attenzione. Per me è il vero prodotto italiano, antico ma al tempo stesso giovane: il risotto lo mangiamo solo in Italia, è un vanto da sfruttare anche in vista di Expo 2015.
- L'aggiunta degli ingredienti. Aggiungiamo gli ingredienti che vogliamo da metà cottura in avanti, dopo cinque o sei minuti. La parte acida rallenta la cottura, creme e passate di verdure la accelerano perché s’inseriscono nel chicco. Il modo migliore per capire se il risotto è pronto, è assaggiare. Non c’è altro metodo.
- Mantecare con cura. È forse il passaggio più importante. Una volta cotto si lascia riposare per trenta secondi fuori dal fuoco, per far rilassare gli amidi. Poi si manteca con burro - freddo da frigo, così sfruttiamo la parte grassa e non quella liquida - e formaggio. La mantecatura all’onda riesce quando l’apporto di parte liquida e solida hanno il giusto equilibrio: se c’è troppo brodo o poco brodo non riesce. Dev’essere morbido e cremoso. Così si riesce ad ottenere anche il famoso movimento dell’onda: non esiste un’app sul telefono che ce la insegni, è tutta questione di esperienza.
- 3 consigli per il risotto allo zafferano. Primo. Smettere di usare bustina di zafferano: meglio utilizzare il pistillo che la polvere, in cui di zafferano ce n’è davvero poco. Secondo. Aggiungere lo zafferano sempre a fine cottura, gli ultimi due minuti, stemperandolo nel brodo: in questo modo non cuociamo il pistillo che rischia di diventare amaro. Terzo. Mantecare con generosità: il risotto giallo è un simbolo di ricchezza, dev’essere grasso e opulento. Niente soffritto con la cipolla però: meglio aggiungere alla fine un burro lavorato con cipolla tostata e sale.
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