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Come si mangia da Ginger Pantheon a Roma | Rece Rock

di Alex Giuliani 6 Marzo 2023 15:30

Come si mangia da Ginger Pantheon, il locale della chef Sharon Landersz, in centro a Roma? Siamo stati a provare il nuovo menu di primavera in collaborazione con Fabio Gizzi dell’Emporio delle Spezie di Testaccio.

Ginger Pantheon si trova a Piazza Sant’Eustachio 54, a pochi passi dalla famosa ed omonima caffetteria e a meno di 200 metri dal Senato, ed è aperto dal 2016. Da allora sono passato davanti al locale decine di volte pensando di volerci assolutamente venire a mangiare. Ma avendo gli stessi tempi di reazione di una tartaruga caretta caretta di Borgo Bonsignore, sono venuto da Ginger Pantheon con sette anni di ritardo e solo dopo una pandemia superata, una collisione della Terra con l’asteroide 2022-RM4 sfiorata e un’invasione di cavallette paventata e prontamente sostituita da quella delle farine di grillo.

L’occasione è arrivata per la presentazione del menu di primavera pensato dalla talentuosa e simpaticissima chef Sharon Landersz. Una delle caratteristiche essenziali di questo nuovo menu sono gli originali abbinamenti di spezie scaturiti dalla collaborazione della chef con Fabio Gizzi, il preparatissimo pusher e proprietario dell’Emporio delle Spezie a Testaccio dove troverete qualsiasi tipo di erba aromatica. Ad eccezione della marijuana. Gliel’ho chiesto.

Il locale

Il locale, che dispone anche di una grande sala al piano superiore, è arredato in stile moderno, accogliente e, nonostante sia prevalentemente bianco, non risulta asettico come il poliambulatorio Asl di via Bresadola. Di contro io, totalmente vestito di nero, stasera sembro un impresario delle pompe funebri a caccia di affari fuori da una sala mortuaria.

Il menu

Si parte con un signature cocktail, il Ginger Fizz, a base di gin, succo di limone, estratto di zenzero, cardamomo tostato e tonica. Delicato e rinfrescante, adatto al clima caldo e perfetto da sorseggiare su un lettino in riva al mare più vicino (andrà benissimo anche sulla spiaggia Coccia di Morto). Inizio ad avere la fame di un licaone etiope quando arriva la prima portata, il fior di gamberi, cioè un fiore di zucca ripieno di ricotta, gamberi e basilico, crema di zucca e fiori eduli. Un antipasto molto buono in cui persino io, che ho le papille gustative bruciate come se avessi leccato il radiatore di un’auto in avaria, sono riuscito a distinguere ogni singolo ingrediente.

A seguire, come primo piatto, ho provato gli spaghetti con aglio orsino, peperoncino turco Isot Biber, mollica con pomodorino paglione. Sono al dente come piacciono a me, ovvero duri come le stringhe di un paio di scarpe Derby da cerimonia. Anche qui riesco a distinguere ed apprezzare perfettamente le spezie, in particolare l’aglio orsino, una variante selvatica dell’aglio comune. Pare si chiami così perchè gli orsi, appena si risvegliano dal letargo, ne consumano in gran quantità compromettendo per sempre il loro alito. Forse per questo, nonostante io abbia il fisico di un Trudi e il pelo rigoglioso, al risveglio preferisco ancora cappuccino e cornetto.

Il secondo è un buonissimo e tenerissimo dado di agnello fritto con uva passa, pistacchio, crema di fave, sfoglie di carciofi e uno spicchio di mandarino cotto nel vino rosso. Ne avrei mangiati una decina. Se al Casinò di Saint Vincent usassero questi dadi d’agnello anziché quelli di plastica, sarei un accanito giocatore e assiduo frequentatore come Pupo ed Emilio Fede prima degli arresti domiciliari.

Il compito più ingrato arriva col piatto successivo: lo spezzatino di soia al curry verde thailandese su riso basmati, anacardi, lime, sfere di menta e cruditè di asparagi. Lo ammetto, quando si tratta di pietanze vegane parto prevenuto come quando ascolto per la prima volta una nuova canzone di Fedez. Stavolta mi devo ricredere perché il piatto è gradevole, nonostante la soia continui ad avere per me una consistenza più simile ad un paraspigoli di lattice che alla carne.

Come dessert viene proposta la girella in Polinesia al cioccolato con crema di ricotta, fragole, pistacchio e miscela di spezie polinesiane che mi fa tornare indietro negli anni a quando ero un bimbo felice e già sovrappeso che mangiava tonnellate di girelle Motta (in inverno) e Fior di Fragola (in estate). Questo dolce ne rappresenta un giusto e gustoso mix, sebbene sia più salutare e privo di quei coloranti tossici che hanno reso i miei polmoni come quelli di Renato Pozzetto quando interpreta il Gandhi ne La Patata Bollente.

Esco da Ginger Pantheon soddisfatto e con l’intenzione di tornarci presto, o comunque prima che un meteorite in stile Tunguska minacci di abbattersi sulla Terra. Un applauso alla chef Sharon Landersz, davvero brava nel saper miscelare nei suoi piatti tante spezie in maniera sapiente ed equilibrata, senza mai farne prevalere una in particolare. I piatti del menu primavera sono da provare, a meno che non soffriate di allergia cronica ai pollini che vi impedirebbe di distinguere l’odore delicato di un’erba aromatica dal fetore proveniente dalla sabbietta dei vostri gatti.