Come si riconosce un buon supplì?
Un supplì fatto come si deve non è semplice da trovare, quindi è bene saperlo riconoscere: ecco le 5 caratteristiche fondamentali.
Il supplì a Roma è un’istituzione e come tale presenta una diffusione capillare in tutta l’area metropolitana, dalle pizzerie fino alle trattorie per raggiungere la ristorazione di fascia medio-alta con diversi esempi ben riusciti. un'istituzione culinaria che spesso è dileggiata con interpretazioni al limite della mediocrità Un’istituzione quindi che è rispettata ma anche spesso dileggiata con interpretazioni al limite della mediocrità. Non è così facile mangiare un buon supplì a Roma, anche se esistono per fortuna alcuni indirizzi che rappresentano una garanzia, sia che si tratti di locali dedicati allo street food da asporto, sia che si tratti di posti dove mettere comodamente le gambe sotto al tavolo. Il termine supplì deriva dal francese surprise, una sorpresa qui rappresentata dalla mozzarella filante all’interno dell’involucro di riso. Ada Boni codificò per prima la ricetta del supplì classico raccontando la preparazione di questo prodotto già diffuso a Roma ancor prima del 1900. Il supplì classico con base al pomodoro, detto anche supplì al telefono per il caratteristico filare della mozzarella calda una volta aperto il guscio di riso, è l’esempio ancora oggi più diffuso del cibo da strada romano.
L’evoluzione della cucina, grazie all’estro di tanti chef e pizzaioli, ha sospinto la nascita di una gran varietà di supplì che grazie alle combinazioni di gusto nei vari risotti utilizzati possono soddisfare e stupire ogni tipo di palato. Noi in questa sede ci occuperemo della versione classica cercando di capire quali debbano essere i criteri di giudizio per riconoscere un ottimo supplì.
- La cottura. Da qui non si scappa, ecco la vera discriminante che può esaltare o rovinare irrimediabilmente un buon supplì. Ci riferiamo alla frittura con un fattore rischio legato all’untuosità sempre dietro l’angolo, la giusta temperatura dell’olio intorno ai 180 °C aiuterà la panatura a sigillare il riso senza impregnarlo di olio. Il riso può così riscaldarsi al suo interno permettendo alla mozzarella di sciogliersi bene. Un supplì cotto correttamente risulta asciutto e non lascia una chiazza di olio sul tovagliolo di carta. Viceversa una panatura unta è il segno di una frittura effettuata senza attenzione con la temperatura dell’olio troppo bassa, cosa che accade quando si mettono a cuocere troppi supplì insieme, con raffreddamento immediato dell’olio. L’olio utilizzato è quello di semi, misto o di oliva in determinati casi: l’importante è che sia cambiato di frequente e che abbia un punto di fumo alto.
- La consistenza del riso. Il risotto che sta alla base di un buon supplì deve essere portato avanti con cura e attenzione. La scelta del riso da utilizzare è fondamentale e si prediligono varietà pregiate come Arborio o Carnaroli che possano tenere la cottura senza far sfaldare i chicchi. Il risotto deve trovare un giusto equilibrio in cottura per non presentare chicchi di riso incollati l’uno all’altro. Per questo motivo si è soliti tirare nel tegame il risotto per dargli una giusta struttura che non sia troppo cremosa. Un supplì fatto bene ha dei chicchi di riso leggermente sgranati e mai troppo cotti. In alcune ricette sono presenti le uova messe all’interno del risotto raffreddato per apportare struttura durante la cottura, ma quando si utilizza un riso di qualità che sappia rilasciare il giusto amido le uova non saranno necessarie.
- La panatura. La scuola classica prevede un passaggio in uovo sbattuto, farina e infine nel pangrattato per avere una panatura standard bella croccante. Esistono varianti senza uovo che prevedono l’immersione del supplì appena formato in una pastella liquida di acqua e farina per poi terminare nel pangrattato. La funzione è la stessa, sigillare il riso per proteggerlo dall’olio bollente grazie a una crosta croccante che preservi l’interno del supplì. Personalmente apprezzo entrambi i tipi di panatura, anche se la seconda risulta leggermente più delicata e meno consistente al morso. Un ottimo pangrattato è una scelta obbligata: la tipologia di pane di partenza stabilisce ulteriori criteri di gusto e croccantezza nella panatura.
- La mozzarella. La caratteristica filante della mozzarella che si trova nei supplì fatti a mestiere è dovuta esclusivamente all’utilizzo di un buon fiordilatte che andrà fatto scolare leggermente per non annacquare il riso in cottura. La sostituzione, per questione di costi, del fiordilatte con dozzinali filoni di pasta filata non garantisce lo stesso risultato post cottura. Il supplì non fila più e spesso la mozzarella non sarà sciolta a dovere, risultando gommosa.
- Ragù o sugo di pomodoro. Il supplì classico nasce storicamente sulla base di un sugo con macinato misto e rigaglie o interiora di pollo; spesso si potevano trovare in aggiunta anche funghi secchi per insaporire ulteriormente il riso in cottura. Ancora oggi alcuni locali presentano questa ricetta variando la tipologia di carni utilizzate, in contrapposizione a un'altra corrente che prevede invece un semplice risotto al pomodoro come base che possa accontentare anche un pubblico vegetariano.